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Si possono unire sostenibilità e spettacolo? Risponde Carlo Capasa

Il Presidente di CNMI risponde alle nostre domande prima di una nuova edizione dei CNMI Sustainable Fashion Awards

Si possono unire sostenibilità e spettacolo? Risponde Carlo Capasa Il Presidente di CNMI risponde alle nostre domande prima di una nuova edizione dei CNMI Sustainable Fashion Awards

Questa sera il Teatro alla Scala di Milano si tingerà di blu per celebrare una nuova edizione dei CNMI Sustainable Fashion Awards, evento realizzato da Camera Nazionale della Moda Italiana per celebrare la sostenibilità e il Made in Italy. Sul rec carpet sfileranno celebrity e dirigenti appartenenti al mondo della moda di lusso, vestiti in pizzo e in smoking, adornati di perle e di diamanti. Nella speranza che anche quest'anno molti degli invitati sceglieranno di indossare capi vintage, lo sfarzo e la spettacolarità dell'evento torna a preoccupare gli appassionati di moda sostenibile, incerti sul tema della serata: l'ambiente o il glamour? In passato, i Sustainable Fashion Awards hanno premiato realtà affermate della fashion industry come Dolce&Gabbana, Gucci, OTB e personaggi pubblici altrettanto noti come Pierpaolo Piccioli e Donatella Versace. Come spiega Carlo Capasa, Presidente di Camera Moda e creatore dell'evento, uno degli obiettivi principali della serata è sì la spettacolarizzazione - l'iniziativa prende ispirazione dalla Vergine degli Stracci di Michelangelo Pistoletto, presente in giuria - ma anche la valorizzazione della moda italiana e delle giovani realtà che dovrebbe imparare ad accogliere.

«Ogni anno premiamo un designer sostenibile emergente», afferma il Presidente di CNMI. «Premiamo i brand di alta gamma perché, quando investono nella sostenibilità, sono in grado di fare grandi progetti, ma agli Awards abbiamo sempre avuto un mix tra personaggi pubblici, start up e brand di filiera». Con dieci premi suddivisi tra marchi di lusso e attività indipendenti, i CNMI Sustainable Fashion Awards si preparano a una serata scintillante nonostante, quest'anno più di prima, il Teatro dovrà dare il benvenuto anche a temi socio-ambientali ormai difficili da ignorare. Nel bel mezzo della Fashion Week, la moda italiana si ritrova a fare i conti con problemi tangibili come la gestione delle filiere del lusso e i nuovi regolamenti per la circolarità, con le leggi europee per la tracciabilità che si estenderanno su ogni articolo entro il 2030. Carlo Capasa ci spiega in che modo, tramite quello che lui definisce un evento «impattante», la CNMI affronterà il tema del greenwashing e della regolarizzazione delle supply chain a passi di waltzer. 

Nelle edizioni passate dei CNMI Sustainable Fashion Awards, i premi assegnati a brand erano riferiti a progetti unici invece che ai risultati complessivi dei marchi. Quest’anno cambierete criterio?

Premiare un singolo progetto consente di ponderare meglio i risultati di un brand piuttosto che premiarne il lavoro complessivo, perché ad oggi non esiste ancora una scala condivisa che definisca quanto un’azienda sia effettivamente sostenibile. Agli Awards abbiamo sempre utilizzato una metrica realizzata in collaborazione con l'iniziativa Ethical Fashion Initiative dell’ Agenzia delle  Nazioni Unite ITC, che contiene degli ESG (parametri di credito sociale da attribuire alle aziende che corrispondono a Environment, Social, Governance) specifici che determinano il valore di un’iniziativa. Premiare i singoli progetti è più autentico dal momento che, data la complessità della materia, il criterio di assegnazione di un premio generico sulla sostenibilità di un brand è difficilmente calcolabile. Ovviamente, quando premiamo i progetti teniamo presente anche aspetti generali di due diligence riguardo le aziende, premiate da una giuria indipendente di altissimo livello. Anche da un punto di vista scientifico i premi sono veramente accurati: vedo tanti premi in giro, molti assegnati senza criteri scientifici e senza giurie competenti.

Gli Awards in passato hanno invitato sotto i riflettori personaggi celebri come Donatella Versace ed Edward Enninful, oltre a grandi gruppi come Prada e OTB. Quest’anno darete più spazio ad aziende minori e a creativi emergenti che si stanno dedicando allo sviluppo di alternative sostenibili?

Come in passato, quest’anno avremo dieci premi totali: trededicati ai brand di alta gamma, tre a start up, iniziative e aziende innovative e tre alla filiera o a progetti umanitari. Alcune aziende sono diventate famose grazie agli Awards, come Orange Fiber che crea tessuti dagli scarti degli agrumi, e in passato abbiamo premiato singoli artigiani e personaggi impegnati sul sociale. C’è anche il Visionary Award, che è significativo perché non assegnato per un progetto specifico ma per l'approccio generale di un singolo individuo che ha dato un contributo importante al mondo della moda. La cosa bella di questo premio è che rappresenta il settore nel suo complesso, assegnato in passato a figure come Giorgio Armani, Edward Enninful e François Henri-Pinault. Quest’anno sarà consegnato a Brunello Cucinelli.

Cosa pensa delle leggi sulla tracciabilità e del Digital Product Passport (DPP) che entreranno in rigore in UE? In che maniera CNMI supporterà il loro ingresso? 

CNMI è molto attiva in Europa riguardo le leggi europee sulla sostenibilità, anche se non sempre vanno nella direzione che noi ci auspichiamo. Il passaporto è un’ottima iniziativa ma andranno definiti bene gli applicativi, perché parlare di tracciabilità non è semplice. La trasparenza e alla base della sostenibilità: chi, più di tutti, si può avvantaggiare di una tracciabilità assoluta se non proprio i brand del lusso, che hanno la capacità di investire sui processi produttivi

Al momento siamo nel mezzo di una diatriba con l’UE per quanto riguarda la valutazione della durabilità dei capi, in quanto CNMI è nella commissione tecnica che valuta l'impatto delle materie prime sulla catena produttiva. Attualmente la durabilità di un indumento viene misurata prendendo e “stressando” un pezzo di stoffa a cui viene dato un punteggio a seconda della resistenza. In questa maniera, dato che viene presa in considerazione solo la robustezza del tessuto, una maglietta da calcio risulta più sostenibile di un abito di pizzo. Il vestito però, che sia di pizzo o di seta, tende a essere più sostenibile poiché è probabile che resti in armadio per più tempo rispetto a una maglietta da calcio:noi la chiamiamo sostenibilità emotiva. In più, secondo i parametri di durabilità dell'UE, i brand di fast fashion potrebbero risultare più sostenibili dei brand di alta gamma, dato che usano materiali sintetici e quindi più resistenti, ma non viene misurata la quantità di CO2 che viene prodotta durante il processo di creazione. Questo a dimostrazione di quanto sia complesso ed ampio il concetto di sostenibilità.   

L’Unione Europea sta anche promuovendo nuove linee guida contro il greenwashing, un fenomeno ormai molto diffuso che motiva i brand ad aumentare il numero di collezioni “sostenibili” invece di convincerli a produrre meno. Sarà un tema che affronterete agli Awards?

Agli Awards tocchiamo un po’ tutti i temi. Il problema però non è quante collezioni si producono: anche grazie ai primi utilizzi di intelligenza artificiale, creare capsule più piccole permette in verità di minimizzare l’invenduto e salvaguardare gli sprechi. Oggi il vero problema è quello della rimanenza, dell’over-production, e in questo ambito il fast fashion è la prima categoria a dover cambiare, perché quando parliamo di impatto della moda sul pianeta noi parliamo essenzialmente di quel sistema. Il numero di pezzi prodotti dalle aziende del lusso ha un peso fisico di gran lunga inferiore rispetto all'enorme quantità di capi prodotti dal fast fashion. Dobbiamo rivedere l'idea della moda accessibile: non può essere ancora lo stesso concetto di fast fashion nato agli inizi degli anni 2000 che pesa molto sull'ambiente.

Oltre alla sostenibilità emotiva, si potrebbe discutere anche dell’impatto sociale di un abito. Nell’ultimo anno la moda italiana è stata al centro di diversi scandali legati al settore produttivo. Quali sono state le reazioni iniziali della CNMI in merito, e quali i progetti che sono stati portati avanti per rispondere al problema?

Stiamo parlando con la Prefettura e con il Tribunale di Milano, mentre abbiamo sottoposto un nuovo protocollo per cercare di arginare un fenomeno che va a grande danno delle aziende e dei brand. A volte le sub forniture (quando un produttore che collabora con i brand assegna il lavoro a terzi) vengono coinvolte senza che il brand ne sia al corrente, perciò è complesso controllare migliaia di fornitori di cui spesso non si ha neanche contezza. Noi crediamo che il problema si possa risolvere in due maniere: con protocolli e criteri condivisi, più specifici - che sono la cosa più difficile da realizzare - e con la creazione di un bollino, controllato da un ente terzo, in grado di certificare le aziende di moda che rispettano il proprio impegno sociale. La regolarità e la valorizzazione della filiera sono il primo interesse dei brand. 

Anche controllare la filiera contribuisce alla protezione del Made in Italy, che in fondo rappresenta la reputazione della produzioni italiane. Qual è il compito di CNMI in questo? 

Va tutto a protezione del Made in Italy; preservarlo vuol dire anche lavorare al futuro del settore. I premi devono servire anche come un sostegno alla filiera e ai brand per immaginare un futuro sempre più moderno e sostenibile: da un lato dobbiamo favorire la digitalizzazione dell’artigianato, creare un ambiente forte per le piccole imprese e rafforzare i consorzi, dall’altro dobbiamo investire sulla formazione, altrimenti non avremo mai un ricambio generazionale. L’Italia è un Paese a bassa natalità, è importante aprire la formazione alle persone che arrivano nel nostro Paese per investire sul nostro futuro, su qualità e produzione, sul mix tra artigianato e industria che rende la moda italiana così creativa, flessibile, efficiente e unica. 

Per concludere, quali altre novità ci saranno nella prossima edizione dei CNMI Sustainable Fashion Awards? Quali saranno i temi guida della serata?

La novità sarà sicuramente la nuova casa di produzione, quest’anno affidata alla Balich Wonder Studio. In più abbiamo lavorato a qualcosa di impattante che sarà in grado di unire la spettacolarità al grande legame dell’evento con Michelangelo Pistoletto, che ha segnato la nascita del nostro concetto di sostenibilità quando nel 2012 realizzò Il Terzo Paradiso in Piazza della Scala. Il premio è una statuetta che riproduce la Venere degli Stracci in materiale ecosostenibile; siamo molto legati alla collaborazione con il Maestro Pistoletto e, anche in questa edizione, avremo una grande partecipazione dell’artista. Ciò che sarà sicuramente importante della serata sarà la valorizzazione delle sue opere, con al suo centro il concetto di persone. Il Terzo Paradiso racconta in fondo la fusione tra noi e quello che c’è fuori, perciò la nuova edizione sarà incentrata proprio su quello che l’uomo riesce a creare unendo natura e artefatto.