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Lo stato dell’arte della

moda scandinava

Un dialogo con la nuova generazione di designer emergenti

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Per anni, la moda scandinava è stata associata al minimalismo, un'eleganza semplice che non ha bisogno di fronzoli per esprimersi appieno. Nei feed di Instagram, le immagini di marciapiedi immacolati e outfit dai toni neutri si alternavano a quelle di panificati e cestini di biciclette pieni di fiori. Ma ora Copenaghen si è affermata come una capitale della moda di primo piano, un centro e una vetrina per l'ampia gamma di marchi che popolano l'altra parte dell'Europa. Dopo che marchi come Our Legacy e Acne Studios hanno portato la loro visione a Milano, Parigi e poi nel mondo, e marchi come (di)vision, Han Kjøbenhavn, Henrik Vibskov e Vain hanno ridefinito uno stile che sarebbe difficile definire minimalista, ora è il momento di chiedersi cosa ne è stato dell'estetica scandinava. Per testimoniare questa straordinaria evoluzione, abbiamo dedicato una digital cover al vero tesoro di ogni città che aspira ad affermarsi come nuova capitale della moda: i designer emergenti. 5 nuovi brand della Copenaghen Fashion Week si raccontano: dal menswear quotidiano di Another Aspect alle influenze anni ‘80 di NICKLAS SKOVGAARD, la nuova scena tra sostenibilità, inclusività e il desiderio di superare i propri limiti.

Nicklas Skovgaard

NICKLAS SKOVGAARD

Gonne a palloncino, drappeggi e paillettes, silhouette oniriche e dettagli in vinile: la moda secondo Nicklas Skovgaard sa di contemporaneità e passato, in un ossimoro che sembrava irrealizzabile eppure vive nei capi del designer danese. La fascinazione per la moda che ha portato Skovgaard a fondare il suo omonimo brand è iniziata molto presto: «Mi sono innamorato della moda intorno ai 10 anni, ispirato dallo stile personale di mia madre. Quando ero bambino mi raccontava sempre della sua giovinezza, di quando viveva in città e faceva aerobica ogni settimana» ricorda il designer. Un’influenza, quella materna, che non solo ha deciso le sorti della carriera del designer ma che ritroviamo in ogni capo del marchio, nei caschetti voluminosi, negli abiti scenografici intervallati da dettagli in lycra, nella potenza espressiva degli anni ‘80.

«Il mio processo creativo si concentra molto sull'utilizzo di riferimenti di un determinato decennio, reinterpretandoli poi in una prospettiva nuova, attuale. Mi ispiro a molte silhouette, tessuti e atmosfere degli anni '80, ma vivo e vedo il mondo così com’è oggi, e credo che sia questo a rendere i miei pezzi contemporanei e rilevanti»

«Credo che oggi la sostenibilità sia fondamentale nella creazione di un brand in quanto designer emergente. Detto questo, devo anche ammettere che a volte può essere difficile orientarsi, capire cosa fare e cosa non»

Con sole due collezioni all'anno, il lavoro di Skovgaard si sviluppa progressivamente e ogni creazione costruisce un nuovo tassello della narrativa. Sin dall'inizio, il designer sapeva di non voler creare un grande marchio: preferisce gestire una produzione su scala ridotta, lavorare con pochi rivenditori. Quando realizza i campioni delle sue collezioni, utilizza tessuti provenienti da negozi dell'usato e mercatini locali e soprattutto, cerca di produrre solo ciò che verrà effettivamente venduto. L’immaginario di Nicklas fonde diverse influenze, dai ritratti aristocratici barocchi ai video musicali di Madonna, il tutto, naturalmente, in chiave sostenibile.

Kristoffer Kongshaug

FORZA COLLECTIVE

Interrogato su quali siano le sue più grandi influenze in fatto di stile, Kristoffer Kongshaug, founder e direttore creativo di Forza Collective, dà una risposta che, in fin dei conti, avremmo potuto prevedere: «Raf Simons, per l’uso dei colori e la composizione; Martin Margiela per la sua precisione chirurgica nei dettagli». Era deducibile dal suo approccio al design, dalla linearità delle campagne, dettagli che rompono con il minimalismo generale, catturano lo sguardo con ritagli, orli arricciati, tocchi di colore inaspettati.

«Per un brand emergente la strada è sempre difficile, perché le fondamenta sono fragili e ogni centesimo conta. Ma amo la sfida, perché il successo è possibile se riesci a creare capi di cui la gente si innamora. Riesci nel tuo intento solo se hai qualcosa di autentico e nuovo da offrire»

«Fin dall'inizio, Copenaghen ha avuto condizioni ottimali per i creativi emergenti, grazie a CPHFW e alla loro capacità di promuovere i talenti. Inoltre, sta restituendo alla industry e ai visitatori una prospettiva diversa della moda danese»

Ogni capo di Kongshaug è realizzato tenendo costantemente a mente la destinazione d’uso e il cliente finale - «Dove e come sarà utilizzato? È per l'uso quotidiano, per servizi editoriali o per il red carpet? Dopo aver determinato questo, le regole del gioco sono già stabilite» spiega il designer - ma non è la funzionalità l’unico principio determinante. Anche secondo Kongshaug, «L'unico futuro possibile per la moda è attraverso il pensiero sostenibile»: la cura con cui Forza Collective si interfaccia con la filiera produttiva, determina la scelta dei partner locali, per ridurre l’impronta di carbonio di ciascun capo.

Anna & Yoko

BONNETJE

Un brand interamente dedicato alla moda circolare, BONNETJE riutilizza vecchi completi per costruire nuove silhouette. Camicie azzurre che rinascono sotto forma di tube top arricciati, avanzi di tessuto che si uniscono per formare bodysuit a fiori 3D, e ancora little black dress dal taglio futuristico, micro reggiseni e maxi gonne. Il brand di Anna & Yoko protesta contro la società contemporanea e la cultura dello spreco infondendo nuova vita a vestiti che, come direbbero i designer, altrimenti rimarrebbero «defunti». In BONNETJE, il maschile diventa femminile, i generi si fondono. «Ci è sembrato naturale tuffarci nella decostruzione, perché dividere le cose per vedere come sono fatte è l’unico modo per migliorare e avere nuove idee», commentano i designer in merito al loro processo creativo.

«Gli strati, i dettagli nascosti, tutto ci incuriosisce: uno dei primi abiti che abbiamo decostruito aveva un “bonnetje” nella tasca. Bonnetje in olandese significa ricevuta; ci è piaciuta l’idea di poter rintracciare un indizio geografico del precedente proprietario, dando all'abito una storia da raccontare»

«Quando abbiamo tra le mani un abito, le silhouette sembrano emergere organicamente. L'esperienza tattile di lavorare con il tessuto spesso porta al volume finale e spesso ci “drappeggiamo da soli”, con uno di noi che indossa il capo mentre l'altro lo appunta. Questo ci permette di discutere insieme i design mentre prendono vita e di scoprire la percezione dell'indumento sul corpo»

Con una formazione negli atelier di Margiela sotto la guida di John Galliano, Yoko ha imparato l’arte della decostruzione da uno dei migliori esponenti della fashion industry, un’esperienza che gli ha insegnato «la bellezza di scomporre le cose e di reimmaginarle in modi nuovi». Collaborano insieme ad ogni abito, affermano i designer, indossano e drappeggiano i tessuti recuperati l’uno sull'altro in modo da poter provare sulla loro pelle il proprio lavoro. Assieme al design sperimentale, la sostenibilità rimane uno degli elementi principali alla guida della direzione artistica di BONNETJE. «Dato che lavoriamo esclusivamente con abiti e deadstock, il tessuto stesso spesso ci impone alcune scelte di design. Questa limitazione è allo stesso tempo la sfida e la bellezza di lavorare con gli “scarti”.»

Marie-Louise Guldbæk Andersen

MLGA

Marie-Louise Guldbæk Andersen disegna per l’uomo del futuro. Con un approccio al design fortemente incentrato sulle necessità del cliente, MLGA produce abiti che rispondono esattamente ai loro bisogni, così che ogni indumento possa sopravvivere alle sfide del tempo. Nei design di Guldbæk Andersen la silhouette maschile viene reinterpretata attraverso estetiche, forme e materiali che si ritrovano in una terra di mezzo tra menswear e womenswear, con trench coat che diventano ampi abiti da sera, completi da uomo con profonde scollature che scoprono la schiena e finiture in vinile che lasciano emergere una forte sensualità.

«Trovo che le nuove generazioni di designer siano molto disponibili e rispettose l'una verso l’altra, quindi trovo che il settore sia aperto e inclusivo. Ma essere un nuovo brand diventa difficile quando ci si trova di fronte alle stesse aspettative dei nomi più grandi e affermati. E naturalmente ogni nuovo brand vorrebbe avere più fondi»

«Lavoro a stretto contatto con i clienti per realizzare capi che saranno amati e curati per molti anni. Inoltre, produco solo ciò che vendo. L'80-90% dei nostri tessuti sono materiali deadstock: la nostra pelletteria proviene da vecchi modelli o da articoli upcycled, disfiamo i nostri prototipi di maglieria per farne di nuovi»

Prima di lanciare il brand, Guldbæk Andersen è stata intern della stilista Cecile Bahnsen, un’esperienza formativa che le ha permesso di accedere al suo lato più romantico, nonostante «il brand di Cecile rappresenti un universo più leggero e giocoso», ci racconta. Effettivamente, la direzione artistica di MLGA attinge da un mondo fantastico, quasi fiabesco, ma la palette del brand risponde alle rigide regole cromatiche del brutalismo. Come in fatto di colori, l’approccio di Guldbæk Andersen alla sostenibilità è radicale: «viene prodotto solo ciò che è venduto», spiega la designer, e «l'80-90% dei nostri tessuti sono materiali di recupero, la pelle proviene da vecchi modelli, disfiamo i nostri prototipi di maglieria per farne di nuovi». Lavorare in una città come Copenaghen le ha permesso di accedere a una community ricca di creativi che hanno voglia di innovare la fashion industry e di aiutarsi a vicenda, ci dice, ma aggiunge che ogni volta che disegna un abito per i danesi deve fare attenzione a un solo, grande particolare, che in fondo trova divertente: «Qui tutti vanno in bici, quindi bisogna sempre assicurarsi che sia possibile farlo anche indossando i miei design.»

Daniel Brøndt and Anders Poulsen

Another Aspect

Ritrovarsi di fronte ai design di Another Aspect è quasi come aprire le ante del proprio armadio. Ci si imbatte in un senso rassicurante di intimità e di comfort, che è precisamente il fulcro attorno a cui ruota il brand di Daniel Brøndt. «Cerchiamo di creare capi che supportino e valorizzano il viaggio quotidiano, ovunque esso ci porti» - racconta il designer - «le nostre collezioni sono un tributo alle situazioni quotidiane che possono sorprenderci nel corso della giornata.»

«Iniziando come un piccolo brand con mezzi minimi, margini ristretti e pochi ordini, sapevamo che queste condizioni non ci avrebbero permesso di diventare il principale marchio di abbigliamento maschile responsabile. Tuttavia, crediamo fermamente che possiamo raggiungere l'obiettivo attraverso un continuo miglioramento, giorno per giorno, prodotto per prodotto, ordine per ordine, per prenderci cura del pianeta che abitiamo creando articoli che saranno interessanti oggi, domani e tra dieci anni»

«Ogni collezione estende il nostro apprezzamento per la routine quotidiana e ci ricorda di creare spazio per le avventure. Aggiungendo elementi e ridefinendo le silhouette archetipiche, cerchiamo di creare capi che supportino e valorizzino il viaggio quotidiano, ovunque esso ci porti»

Come i suoi design, anche le produzioni di Another Aspect trovano ispirazione nel calore umano, attraverso collaborazioni con imprese di famiglia fiorentine, per la maglieria, e un’attenzione peculiare per una ricerca dei materiali responsabile, sia in senso etico che ambientale. Quello che sanno fare meglio i danesi, per Brøndt, in fondo è proprio un approccio impudente al design, sapere «unire l’estetica alla funzione», togliere il superfluo, concentrarsi su ciò che è davvero importante. Nel caso di Another Aspect, ciò significa disegnare abiti che sposino al meglio quotidianità e qualità. «Crediamo nella creazione di progetti che durino nel tempo, aiutando i nostri clienti a comprare meglio e meno», aggiunge Brøndt. Da Another Aspect non si potranno mai trovare le ultime tendenze in fatto di moda, ma è proprio questo ciò che lo rende un brand speciale, destinato a diventare un caposaldo della moda danese.

CREDITS

Oltre a dedicare una digital cover alle voci più promettenti della moda scandinava, nss sbarca a Copenaghen con nssedicola dal 5 al 9 agosto 2024. Con NIKO JUNE, il brand che negli anni ha plasmato la nuova era del minimalismo scandinavo nell'ambito del design, nss presenta "I left my <3 in Copenaghen", un pop-up nel Creator Hub della Copenaghen Fashion Week. Troverete merchandising, una fanzine che immortala l'evoluzione dello streetstyle scandinavo, una nuova idea di edicola italiana. Passate a salutare, e non dimenticate di prendere un souvenir.