Ecco come gli algoritmi social influenzano le elezioni
Lo spiega uno studio co-firmato dal Politecnico di Milano
20 Luglio 2024
Un nuovo studio pubblicato sulla rivista PNAS Nexus rivela come gli algoritmi dei social media favoriscano i contenuti politici sponsorizzati da alcuni partiti, a parità di budget di investimento. Questa ricerca, nata da una collaborazione tra il Politecnico di Milano, la Ludwig Maximilians Universität di Monaco e l'istituto CENTAI di Torino, ha analizzato oltre 80.000 annunci politici su Facebook e Instagram prima delle elezioni federali tedesche del 2021. Gli annunci politici in questione sono stati pubblicati dai partiti su tutto lo spettro politico e hanno generato oltre 1,1 miliardi di impressions da più di 60 milioni di elettori aventi diritto. Lo studio ha esaminato l'efficacia e la portata di questi annunci, evidenziando disuguaglianze sostanziali nei risultati delle campagne online. Ma soprattutto, ciò che è emerso sono le significative discrepanze nell'efficacia della pubblicità e nell'intensità con cui gli annunci raggiungevano i loro obiettivi, favorendo maggiormente i gruppi estremisti.
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Una delle scoperte fondamentali è stata che oltre il 70% dei partiti politici ha utilizzato la profilazione degli utenti nei loro annunci, mirando a target demografici specifici. Praticamente quella pratica di microtargeting che divenne famosa ai tempi dello scandalo di Cambridge Analytica, in cui i dati di Facebook vennero usati per creare inserzioni politiche “su misura”. Un approccio che influenzò significativamente l'efficienza delle campagne politiche, ora diventate battaglie che si combattono online. Calcolando le variazioni nei costi pubblicitari, misurati in impressioni per euro speso, è emerso che non tutti i partiti ottenevano risultati uguali con lo stesso budget. L'Alternative für Deutschland (AfD) di estrema destra è risultata essere la più efficiente, con i loro annunci che erano quasi sei volte più efficaci rispetto a quelli degli altri partiti con lo stesso budget. Al contrario, il Partito dei Verdi è stato il meno efficiente in termini di costo. Francesco Pierri, un ricercatore del gruppo Data Science del Dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria del Politecnico di Milano, che ha co-guidato lo studio, suggerisce che il successo degli annunci dei partiti populisti come l'AfD possa essere attribuito alla natura polarizzante, spesso sensazionalistica dei loro contenuti politici incendiari, che gli algoritmi tendono a favorire. Questa preferenza algoritmica fa sì che gli annunci di certi partiti ricevano una portata e un coinvolgimento sproporzionati, rafforzando così i loro messaggi politici in modo più efficace rispetto agli altri.
Trump campaign using Facebook microtargeting to great effect. He’s an anti-immigration strongman for one audience and a benevolent protector of minorities for others. Optimized lies and deception. Millions in revenue. Our so-called free and fair elections. https://t.co/Bmlb4MGC4j pic.twitter.com/T7EoX6AyQx
— David Carroll (@profcarroll) July 19, 2019
Lo studio ha anche scoperto significative discrepanze tra i target demografici previsti e i target effettivamente raggiunti. La maggior parte dei partiti tendeva a raggiungere una fascia demografica più giovane rispetto a quella prevista, mentre i partiti di estrema destra raggiungevano un pubblico più anziano del previsto. Pierri e i suoi colleghi ipotizzano che il bias algoritmico nella distribuzione degli annunci si basi sui comportamenti noti degli elettori e sulle loro interazioni con i contenuti dei social media. Il bias sistematico nella distribuzione degli annunci non solo distorce il panorama politico, ma limita anche la partecipazione politica dei gruppi svantaggiati. Costi più alti per annunci simili imposti a certi partiti possono danneggiare la competizione politica equa. Pierri sottolinea la necessità di una maggiore trasparenza da parte delle piattaforme di social media riguardo alle loro pratiche pubblicitarie politiche per garantire elezioni eque.
Le implicazioni di questo studio sono di vasta portata, dato che non solo sollevano dubbi sulle pratiche di promozione politica ma evidenziano anche l’assenza di un monitoraggio e di una regolamentazione valida della pubblicità politica sui social media per salvaguardare l'integrità dei processi democratici. Il Digital Services Act dell'UE, ad esempio, mira a migliorare la trasparenza e la responsabilità nella pubblicità digitale e anche la pressione pubblica ha portato le piattaforme di social media a fornire un maggiore accesso agli annunci politici e sociali, consentendo studi su larga scala come questo. Questi sforzi sono cruciali per comprendere e mitigare i pregiudizi e le convinzioni disseminate in tutto il mondo attraverso la distribuzione algoritmica degli annunci. Lo studio sottolinea l'urgente necessità di trasparenza ed equità nella pubblicità politica sulle piattaforme di social media – lasciando anche intendere (e questa è un’aggiunta nostra) che al momento questa trasparenza e questa equità non abbondino. Il messaggio finale dello studio, insomma, è che bisogna riconoscere il marketing quando è marketing e non farsi influenzare, imparando a conoscere e affrontare i suoi effetti per processi elettorali più equi e democratici. La collaborazione tra istituzioni di ricerca di primo piano evidenzia l'importanza degli sforzi interdisciplinari nel affrontare queste complesse sfide e nell'avanzare la nostra comprensione dell'influenza digitale sulla politica.