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Quando David Lynch girava pubblicità di sigarette

Ma anche Godard, i fratelli Coen e Giuseppe Tornatore

Quando David Lynch girava pubblicità di sigarette Ma anche Godard, i fratelli Coen e Giuseppe Tornatore

Qualche tempo fa, in occasione dell’uscita della nuova stagione di The Bear, divenne virale un filmato che mostrava i tre protagonisti principali della serie fumare una rapida sigaretta, nascosti dietro una sorta di staccionata. Una vista a cui i fan della serie sono abituati, essendo sia Jeremy Allen White che il personaggio da lui interpretato dei fumatori entusiasti. Non di meno, lo stigma che circonda le sigarette è più vivo che mai oggi – e lo stigma si è esteso anche ai loro surrogati come le sigarette elettroniche, i vape e via dicendo. Eppure un tempo la sigaretta era, sullo schermo, la letterale rappresentazione del cool: appannaggio di detective e femme fatales, amata dai cattivi e dagli antieroi, da adolescenti ribelli che la fumavano di nascosto e uomini tutti d’un pezzo che l'accendevano tra un'avventura e l'altra. Potremmo anche dire che, prima dell’ondata di puritanesimo salutista che investì prima l’America e poi il mondo, trasformando la sigaretta in un puzzolente bastoncino velenifero, la sigaretta era un simbolo, un’icona culturale, qualcosa di tanto leggendario e onnipresente quanto la Coca Cola e gli pneumatici Michelin. Fu quello il momento in cui, sul finire degli anni ’90, la compagnia svizzera di tabacco F. J. Burrus commissionò una serie di spot pubblicitari per il marchio di sigarette Parisienne ad alcuni dei registi più visionari del cinema, tra cui David Lynch, i fratelli Coen, Emir Kusturica, Roman Polanski, Wim Wenders, Giuseppe Tornatore e Jean-Luc Godard. Ogni regista ebbe completa libertà creativa, risultando in cortometraggi unici che univano il cinema d'autore alla pubblicità.

Oggi queste pubblicità di sigarette che farebbero venire un infarto a quella vasta gamma di benpensanti dalle pie illusioni che vanno dalla classica almond mom fino ai più luddisti tra gli ecologisti. Non di meno, ci ricordano sia di un’epoca in cui queste celebrity collaboration non esistevano soltanto nel rarefatto e ripetitivo mondo della moda (come gli spot di Bulgari girati da Paolo Sorrentino) sia in cui gli executive erano in grado di dare carta bianca ai creativi. Ad esempio, David Lynch creò uno spot che sembrava una versione condensata di uno dei suoi film. L'annuncio era infuso della sua qualità onirica, combinando immagini inquietanti e un'atmosfera misteriosa. Rappresentava una scena noir con figure ombrose e una narrazione enigmatica, in cui si trovava tutto l'interesse di Lynch per il subconscio e il bizzarro. Per il suo spot, Jean-Luc Godard, pioniere maoista della Nouvelle Vague francese, filmò uno skateboarder che navigava tra enormi pacchetti di sigarette, un uomo che camminava scalzo tra scatole di sigarette sparse e una donna sofisticata che leggeva un libro intitolato "Parisienne People". La colonna sonora includeva anche una lettura da Racine.

Nemmeno all’epoca mancò chi sorrise all’ironia di un regista anti-capitalista che girava una pubblicità. A un certo punto ci furono pure i fratelli Coen, che per il loro spot mistero in scena una performance di vaudeville a cui assisteva un dandy che, a fine show, sussurava semplicemente «Ancora». E poi ci furono gli acrobati balcanici di Emir Kusturica; il vagamente inquietante spot gotico con tanto di vampiri e castelli dello spot di Roman Polanski (che oggi ha assunto toni ancora più preoccupanti conoscendo le accuse che lo colpirono anni più avanti). Il bello, comunque, è che ciascuno spot mostra non soltanto lo stile, ma anche le ossessioni personali, le preferenze, il punto di vista dell'autore che lo ha realizzato. Quando la qualità è tale, basta anche meno di un minuto (tanto duravano gli spot) per inquadrare tutto in una narrazione icastica e fulminante.

Il coinvolgimento di registi di alto profilo nella pubblicità delle sigarette evidenzia un'epoca passata in cui fumare era intrecciato con l'espressione culturale e artistica. Negli anni '80, diversi brand di moda di lusso entrarono anche nel mercato delle sigarette. Givenchy, Versace, Pierre Cardin, Christian Lacroix e Cartier lanciarono le loro linee, rivolgendosi a un'élite attenta alla moda. Particolarmente degno di nota fu Yves Saint Laurent, che introdusse le sigarette "Ritz" nel 1985. Queste sigarette erano commercializzate come l'apice dell'eleganza, con il logo YSL iconico e in linea con l'immagine sofisticata e opulenta del marchio. Le campagne pubblicitarie, fotografate da Helmut Newton, ritraevano donne glamour in ambienti lussuosi, rafforzando il fascino e il mistero del fumo. Altrove, altra cosa incredibile a dirsi, a fine anni '80 Gianni Versace vestì le modelle che posavano per le pubblicità delle Virginia Slims - un tipo di endorsing che oggi sarebbe impensabile sia perché non esistono pubblicità di sigarette sia perché nessun designer, per amante del fumo che sia, penserebbe mai di prestare un total look a una pubblicità del genere.

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Oggi, molti brand hanno provato a rincorrere quell'intersezione unica tra arte e pubblicità – ma chi vuole farlo dovrebbe prendere le pubblicità di Parisienne People come lezione. Senza preoccuparsi né dell’immagine, né della coerenza e nemmeno delle esigenze commerciali (strano a dirsi ma è così) gli executive del brand lasciarono a quei registi una libertà creativa, e anche dei rischi, che nemmeno i migliori tra i direttori creativi hanno oggi. Figuriamoci i pubblicitari.