Sotto il sole di Zegna per l’estate SS25
Per Alessandro Sartori siamo tutti spighe diverse dello stesso campo di lino
18 Giugno 2024
Zegna è menswear. Un assioma fondamentale nei decenni che hanno preceduto il rebrand degli scorsi anni, quando il lanificio di Trivero ha prodotto per decenni i filati e anche il menswear di una lista sterminata di brand – ma che per Alessandro Sartori ha trovato un nuovo significato negli ultimi anni che hanno visto in primo luogo il brand trovare nuovo impeto, commercialmente e creativamente, con un rebrand che ne ha inaugurato una nuova fase di vita; e in secondo luogo l’idea di menswear ridefinirsi completamente stabilendo un vocabolario nuovo e aggiornato, inequivocabilmente moderno e attuale, ma sempre radicato nel pragmatismo piuttosto che nell'idealismo. Se ricalibrare la proposta di Zegna è un processo ormai compiuto (la silhouette che oggi il brand propone è immediatamente riconoscibile pur nella sua classicità) con la collezione SS25, Sartori si è concentrato sull’individualità, sulla possibilità di adattare i singoli pezzi da lui definiti o ri-definiti nell’ultimo quinquennio alle diverse personalità dei clienti del brand. E i clienti erano presenti in passerella, uomini di ogni età, così come alcuni sparsi look femminili, proprio per rappresentare come queste componenti di un nuovo guardaroba ideale potessero adattarsi a fisicità diverse da quelle classiche dei modelli. E, se si aggiunge l’ultimo look indossato da Mads Mikklesen, ormai compiaciutissimo volto ufficiale del brand, la sfilata di ieri ha avuto uno tra i casting migliori visti alla Milan Fashion Week.
Ma veniamo agli abiti. Lo spunto estivo è stato preso da Sartori alla lettera, con un ampio dispiego di colori caldi come il giallo Sentiero, il rosso Terracotta ma anche il color Faggio o Castoro dalle tinte profonde e vibranti. Una serie di completi, stupendamente morbidi, parevano avere una consistenza quasi villosa al tatto ma erano costruiti in un denim giapponese decolorato, poi lavato pezzo per pezzo, cucito e lavato ancora una volta – una versione sublimata, se vogliamo, del comune processo di lavaggio con la pietra pomice e del distressing che riflette la volontà del brand di trasformare i suoi materiali nei protagonisti del design. Rimanendo sulla sartoria, praticamente ogni giacca aveva tasche più basse il cui fondo coincideva con l’orlo della giacca stessa, a sua volta allungata – un dettaglio che migliora la vestibilità ma che, nei modelli scamosciati, ottiene l’effetto di far sparire la tasca tra le cuciture della giacca stessa. In generale è stato condotto un importante lavoro su proporzioni allungate e sul conseguente posizionamento delle tasche che anche nei pantaloni erano abbassate in base a studi che il team del brand ha condotto anche sulla postura. Altri dettagli delle giacche di lino e iuta erano gli inserti in pelle interni che ne definiscono la struttura sorreggendo il collo se lo si porta aperto.
Altrove, sulle overshirt specialmente, un dettaglio squisito era una tasca aggiuntiva a quella normalmente presente sul petto che serviva a custodire gli occhiali ripiegati. Tra top misti di lino e cotone, giacche di seta tecnica che pare compatta come pelle, giacche e camice dal colletto decostruito, pantaloni corti e lunghi di burroso camoscio e polo crochet di pura seta dalla maglia spessa il gioco di proporzioni e consistenze sia visive che tattili restituiva un’idea di ricchezza e profondità sensoriale che in realtà corrisponde alla ricchezza e alla profondità della ricerca condotta dal team. Ma il diavolo è nei dettagli. I mocassini visti su praticamente ogni look, molto classici a prima vista e costruiti anch’essi in suede nelle diverse colorazioni della palette dello show, erano in realtà composti soltanto da pelle e dunque potevano essere piegati in mano quasi fossero guanti. Gli occhiali erano costruiti senza ponte, con le due lenti tenute insieme da un’asta leggera che replicava il look del modello da aviatore in maniera vagamente simile ai pince-nez di una volta. Le borse, in una pelle morbidissima, erano invece lavorate in modo tale da accogliere i segni dell’uso e del contatto salvo poi lentamente tornare alle proprie tinte originali.
Al di là del lavoro sul colore e sulla texture che è visibile già dalla passerella, il bello degli abiti di Zegna è che bisogna infilarci letteralmente le mani dentro per sentire e percepire tutti i diversi dettagli. E anche se lavorazioni e costruzioni sono qualcosa di estremamente complesso, la cui spiegazione può facilmente sfociare nel puro tecnicismo, gli aggiornamenti che portano ai classici del guardaroba, facendoli comunque restare riconoscibili, sono semplici da intuire, immediatamente apprezzabili. La modernità che il brand sta costruendo, avendo ovviamente alle spalle il potere dell’impianto manifatturiero e tessile della famiglia Zegna, che è praticamente senza pari nell’industria, non è tanto una sterile ricerca di novità ma un’indagine sulle esigenze attuali della sartoria e di chi la indossa. Non c’è vero spazio per nozioni antiquate o rigidità tradizionali, né da Zegna la tradizione è un dilemma da aggirare, giustificare o superare – è piuttosto un sentiero da seguire, un percorso che va attraversato nella maniera più efficiente ma prevede deviazioni, adattamenti e porta il brand, stagione dopo stagione, di un passo avanti.