Come il kilt ha riconquistato le passerelle
Quando la moda va in Scozia
04 Giugno 2024
Lo show Resort 2025 che Dior ha presentato ieri al Drummond Castle di Edimburgo ha messo in evidenza il legame del brand con la Scozia, storicamente luogo di produzione delle migliori lane e dei migliori cachemire d’Europa, presentando una collaborazione con la giovane designer scozzese Samantha McCoach di Le Kilt. I design di McCoach, radicati nella tradizione nazionale e ispirati ai kilt creati dalla nonna della designer, rappresentano un’interessante rilettura del tradizionale kilt scozzese che Maria Grazia Chiuri, nella sua ricerca di maestranze locali da includere nel proprio show, ha rimesso sotto i riflettori. Nella collezione sono stati presenti diversi di questi kilt, realizzati in tweed appositamente tessuto piuttosto che nel tradizionale tartan, che vogliono incarnare l'essenza grezza delle highland e i loro colori. Tra l’altro, oltre al brand indie Le Kilt, Chiuri ha collaborato con altre celebri maestranze locali come Harris Tweed, Johnstons of Elgin ed Esk Cashmere, oltre che Robert Mackie. Non di meno, i kilt (che negli ultimi anni sono apparsi e ricomparsi continuamente sulla passerella) rappresentano il punto di maggior interesse e non solo perché la designer che li crea è giovane, indipendente e molto basata sul territorio, ma perché l’indumento si situa al centro perfetto di uno zeitgeist contemporaneo in cui si mescolano la moda genderless, il preppy, l’amore per l’artigianato locale e la ricerca di autenticità nella tradizione. Né ovviamente è un mistero che il fascino del kilt nella moda duri da generazioni grazie a designer come Vivienne Westwood o Alexander McQueen, che aveva un padre scozzese, o più di recente con lo scozzese Charles Jeffrey che ha da sempre tratto ispirazione dal proprio heritage.
Il kilt, o fhéilidh Mór, ha radici profonde nella storia scozzese. La forma di kilt che conosciamo oggi ha origine nel primo quarto del XVIII secolo e deriva dal "grande plaid" (appunto, fhéilidh Mór), un capo indossato dagli Highlander scozzesi fin dal XVI secolo. Inizialmente, questo grande plaid era un lungo pezzo di tessuto di lana avvolto intorno al corpo e fissato con una cintura, con la parte superiore drappeggiata sulle spalle. L'evoluzione del kilt moderno, noto come "piccolo plaid" (feileadh beag), è attribuita a Thomas Rawlinson, un industriale inglese che, trovando il belted plaid ingombrante per i lavoratori delle sue fonderie, lo ridusse alla parte inferiore più pratica. Questo nuovo design divenne presto popolare per la sua comodità. Dopo la fallita rivolta giacobita del 1745, il Diskilting Act proibì l'uso del kilt per reprimere l'identità culturale delle Highlands. Tuttavia, l'abbigliamento tradizionale fu preservato nei reggimenti delle Highlands dell'esercito britannico, che continuarono a indossare il kilt. Nel XIX secolo, il kilt conobbe una rinascita romantica, grazie a personaggi come re Giorgio IV e la regina Vittoria, che promossero il kilt come simbolo di identità scozzese. Durante questo periodo, il kilt si trasformò da abito pratico a costume decorativo. Verso la fine del XX secolo, giovani scozzesi riscoprirono il kilt, adattandolo a un uso quotidiano e contemporaneo, mentre film popolari come Braveheart (ma anche film e serie più recente come Outlander e Ribelle – The Brave) ne aumentarono l'appeal internazionale. Oggi, il kilt rappresenta un simbolo di eredità culturale ma il suo significato è andato stratificandosi accogliendo nuove istanze specifiche della modernità.
Ora, se intendiamo il kilt come semplice gonna con un motivo tartan, la sua presenza nella moda è una specie di grande fiume – vasto quanto la presenza di gonne pieghettate a quadri. Ma se volessimo restringere quella definizione ai kilt veri e propri, legati in qualche modo all’immaginario scozzese, il loro viaggio sulle passerelle è iniziato negli anni '90 e nei primi anni 2000 con designer come Vivienne Westwood e Alexander McQueen. Già nel 1984, Jean Paul Gaultier (grande amante di kilt) ci costruì sopra una collezione. Ma fu Westwood, nello specifico per la FW88, che collaborò per la prima volta con Harris Tweed, storico produttore di tweed che sarà presente anche allo show di Dior oggi, inaugurando un lunghissimo rapporto con l’azienda. Alla collezione viene spesso attribuito il merito di aver rilanciato il tweed nella moda (oltre ai completi sartoriali, veniva usato giusto nei tailleur di Chanel) dando un nuovo impulso alla sua produzione. Sempre il kilt tornò anche nella collezione FW93 di Westwood in un memorabile look indossato da Linda Evangelista ricoperta di tartan Lochcarron of Scotland. In risposta (quasi letterale) a Westwood, Alexander McQueen scioccò l’intera industria con la storica collezione FW95, dedicata alla Scozia e intitolata Highland Rape, e poi ancora con la FW97 di Givenchy Haute Couture, Eclect Dissect; nell’altro storico show FW98 del suo brand, Joan, e poi ancora in The Overlook, The Man Who Knew Too Much, Widows of Culloden, The Girl Who Lived in the Tree. Una nota molto importante da fare qui è che già dagli anni ’70 il tartan Royal Stuart, fino ad allora simbolo dell’artistocrazia, venne ripreso in versione sovversiva dai punk che lo stracciarono e distorsero creando un’associazione che anche grazie a Westwood e McQueen dura ancora ora.
Altre apparizioni notevoli del kilt furono nella FW00 di Comme des Garçons e nella FW08 di D&G, la linea di diffusione di Dolce&Gabbana che ai tempi aveva un proprio show. Una rilettura interessantissima e citata molto spesso come reference fu la FW04 di Dior Homme, show che venne chiuso da diversi look maschili con una lunga gonna a pieghe a motivo tartan che poi anche Karl Lagerfeld indossò famosamente per il finale della SS05 di Chanel, look a sua volta citato da A$Ap Rocky per il suo look del Met Gala 2023.
A$AP Rocky referencing Karl Lagerfeld wearing Dior Homme by Hedi Slimane kilt pic.twitter.com/KBFcJgCCA9
— (@headyslimane) May 2, 2023
Più tradizionali furono altri brand, come ad esempio Chanel che impiegò i kilt nella sua Pre-Fall 2013, e un po’ tutti i grandi nomi della moda inserirono a diverse riprese una simile gonna nelle collezioni femminili. In quegli anni però fu Kanye West a portare il kilt nel mercato dell'abbigliamento maschile, indossando famosamente un kilt di pelle plissettato di Riccardo Tisci per la FW12 Givenchy durante il suo tour Watch the Throne nel 2012. Nonostante le critiche, West ha difeso la sua scelta, sottolineando le associazioni storiche del kilt con i guerrieri e parlando involontariamente delle connotazioni di fluidità di genere del capo. Oggi, i kilt sono celebrati per la loro fluidità di genere. Quasi un decennio più tardi, Virgil Abloh abbracciò questo concetto incorporando i kilt nella collezione FW21 di Louis Vuitton, mixandolo a stivali da cowboy, completi, e giacche da motociclista.
Recentemente, sul fronte dei giovani designer, il duo Chopova Lowena ha creato una serie di gonne che sono diventate piuttosto famose, ispirate ai kilt, adornate con spille e realizzate mescolando il tartan con tessuti bulgari, mentre Charles Jeffrey di Charles Jeffrey LOVERBOY ha costantemente presentato kilt nelle sue collezioni per un decennio, elogiando la loro capacità di aiutare le persone a esplorare l'abbigliamento neutrale dal punto di vista del design.