Come la manifattura è diventata protagonista del marketing Gen Z
Su TikTok spopolano i video delle fabbriche di moda
17 Maggio 2024
Quando gli Yotuber Kailee McKenzie e Avery Ginsberg hanno lanciato il loro brand di moda Staatsballet, i contenuti che pubblicavano sulle loro pagine social seguite da centinaia di migliaia di utenti hanno subito un brusco cambiamento. Non più solo vlog delle loro giornate in giro per New York e fit check, i due hanno iniziato a documentare i retroscena del loro nuovo lavoro di fashion designer, dal processo di ricerca a quello di produzione. Lo stesso è avvenuto a Lindsay Vrčkovnik, fondatrice della linea di maglieria Verconiik, oppure a Kylie Jenner, proprietaria di Kylie Cosmetics e Khy, e a Bella Hadid, che ha appena lanciato sul mercato i profumi Orbella. Che si parli di un brand indipendente guidato da un’ex-coppia di microinfluencer o di un impero cosmetico costruito sulla popolarità di una top model californiana da diversi milioni di follower, la comunicazione di ognuna di queste aziende ha puntato sulla trasparenza per fare breccia nel cuore della propria clientela. Si tratta di business model ben diversi tra loro, eppure, per ognuno di questi, includere il consumatore nel processo di produzione ha giovato alle vendite e all’engagement social. Scoprire i segreti della manifattura, ormai, è uno dei feticci della Gen Z, un fenomeno che su TikTok viene declinato sotto forma di video informativi da milioni di views che hanno portato al successo creator come Labwearstudios e Garment Circle.
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Come l’attenzione alla sostenibilità, tracciabilità e trasparenza sono diventate un nuovo status symbol. Nel mercato oversaturo dell’influencing, non fa più scalpore indossare un logo, tantomeno mostrarlo: l’ascesa del quiet luxury ha insegnato ai consumatori l’importanza dell’artigianato e del valore qualitativo degli abiti, portando alla popolarità creator insoliti come Tanner Leatherstein. Volkan Yilmaz è un esperto pellettiere turco che ha raggiunto un pubblico di un milione di follower su TikTok decostruendo, analizzando e comparando diversi tipi e brand di accessori di pelletteria. Con spiegazioni molto semplici, Yilmaz dimostra come riconoscere il vero rapporto qualità-prezzo degli articoli presi in esame, dai più classici tacchi a spillo Louboutin alla Chiquito di Jacquemus. Intervistato dal New York Times, ha raccontato di aver cominciato a postare contenuti su TikTok per rispondere alle domande più pressanti dei suoi amici. «Le persone non sanno molto su come la pelle viene acquistata o utilizzata e sono sospettose riguardo ai ricarichi sui prodotti in pelle di lusso», ha dichiarato Yilmaz. «Volevo dimostrare che il prezzo non riguarda la pelle o i materiali utilizzati, ma soprattutto lo status associato a un marchio. Molte persone danno automaticamente per scontato che se un prodotto è costoso, deve essere di qualità».
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Mentre il mestiere di Leatherstein è stato prima quello del pellettiere (la sua famiglia aveva una conceria in Turchia, dove a 11 anni ha realizzato la sua prima giacca), poi quello del content creator, su TikTok e Instagram esiste tutta una serie di influencer che sono diventati designer solo dopo il successo. Possiamo retrodatare i primi contenuti marketing incentrati sulla produzione, più che sul prodotto, al 2020, anno dell’inizio della pandemia Covid-19. In lockdown, influencer e creativi con il sogno di aprire un brand hanno trovato finalmente il momento adatto per dedicarsi alla propria passione. Nuovi marchi sbucavano a destra e a manca sui social con il sottotitolo di local business, e dato che le regole sul distanziamento sociale rendevano impossibile realizzare editoriali accattivanti che invogliassero all’acquisto, la cosa su cui poteva contare ognuno di questi era raccontare il processo di creazione. Nel frattempo, nel collettivo cominciava a svilupparsi una passione sfegatata per le attività all’aria aperta per effetto della reclusione imposta dai governi nei primi mesi di pandemia, da cui l’estetica gorpcore. Mai come prima, lo streetwear ha dovuto comprovare le proprie qualità tecniche per essere considerato alla moda. Seguendo le orme di Carhartt, Arc’teryx e The North Face, maison di lusso e brand appena nati hanno dovuto imparare a dimostrare di essere effettivamente pratici, sostenibili e performanti. Intanto che il soffitto di cristallo del Made In Italy crollava facendo trapelare come, molto spesso, i brand aggiravano il sistema pur di etichettare come nostrano un prodotto che di italiano aveva solo un bottone, il settore delle supply chain è entrato in crisi. Molti brand hanno così deciso di internalizzare le loro operazioni, una pratica che gli ha fatto "scoprire" le possibilità pubblicitarie che giacevano all'interno delle fabbriche. Video esplorativi, viaggi stampa - rimane famoso il caso Shein - e contenuti incentrati sulle mani artigiane dietro ai brand hanno sostituito video editoriali stravaganti e vacanze idilliache per i giornalisti. Nel giro di poco tempo, tutti, dalle maison di lusso ai brand emergenti, dagli influencer ai follower, hanno spostato l'attenzione dal prodotto alla produzione.
Nel 2024, la passione per gli stabilimenti di produzione di articoli di moda interessa un pubblico vasto e variegato, ma in particolare la Gen Z su TikTok. Il motivo, spiega a Vogue Business il founder di Imprint Genius, Isaac Hetzroni è semplice: come i i format preferiti degli utenti TikTok di fascia d'età tra i 18 e i 25 anni, come i Get Ready With Me e le video-routine, i contenuti che esplorano come si produce una collezione di abbigliamento sfruttano la curiosità innata della generazione più scettica della storia. «L'interesse si amplifica in questo caso», aggiunge Hetzroni, «perchè mostra come si avvia un brand, che è il sogno di molti, facendolo apparire possibile e davvero a portata di mano». Con la differenza che l'utente medio di TikTok non ha la popolarità di Kylie Jenner, tantomeno quella da cui sono potuti partire i fondatori di Staatsballet, mostrare il processo di creazione del proprio brand è diventato il modo migliore per guadagnare la fiducia del cliente che, vedendo Bella Hadid nel suo ufficio, tra moodboard e outfit carini, si convince di assomigliarle almeno un po'.