Il Gruppo Prada potrebbe fare presto nuove acquisizioni
Lo ha detto Lorenzo Bertelli all’apertura della nuova fabbrica di Torgiano
08 Maggio 2024
«Prada è sempre in cerca di opportunità di acquisizione», ha detto ieri Lorenzo Bertelli direttore marketing e head of corporate social responsibility del gruppo fondato dai suoi genitori, Patrizio Bertelli e Miuccia Prada. Ma di che acquisizioni si parla? L’occasione dell’intervento di Bertelli è stata la presentazione della rinnovata fabbrica di Torgiano, rilevata dal gruppo nel lontano 2001 e il cui ampliamento si inserisce nelle più ampie operazioni di rafforzamento della filiera sui quali il gruppo premerà l’acceleratore nei prossimi tempi. «Gli investimenti negli impianti industriali sono nell’intorno dei 70-80 milioni l’anno, escluse le potenziali acquisizioni per integrare fornitori e maestranze fondamentali per i nostri brand», ha detto il CEO del gruppo Andrea Guerra, riferendosi alla strategia, avviata quasi dieci anni fa, di investire fortemente nei propri fornitori (fabbriche di maglieria, concerie, stabilimenti tessili e via dicendo) portando, come nel caso della fabbrica di Torgiano, a internalizzare le varie fasi di produzioni della maglieria ed evitando il problema, sempre più scottante, del lusso in appalto. Ma le acquisizioni di cui si parla riguardano solo le fabbriche? Per alcuni, no.
In questo momento, nel panorama del lusso, l’Italia e i suoi brand si trovano in una posizione ideale eppure la geografia industriale della penisola, per così dire, appare frammentata in diversi gruppi familiari che singolarmente sono forti ma a cui manca la scala colossale di LMVH e Kering (ma anche di mega-investitori arabi, cinesi o coreani) per lanciarsi in campagne di acquisizione di interi brand, specialmente se di una certa mole. I commenti di Lorenzo Bertelli hanno sicuramente acceso una certa curiosità, considerato sia il trimestre particolarmente forte che il gruppo della sua famiglia sta attraversando sia il fatto che l’aggregazione di fornitori e produttori più piccoli nell’ambito di «un network aperto», come lo ha definito Guerra, che oltre ad aprire la strada a lucrativi contratti di licenza (il Gruppo Zegna ne ha diversi, ad esempio) potrebbe effettivamente fornire la stabilità finanziaria per lanciarsi nell’acquisizione di nuovi brand, che di solito arriva a prezzi multi-miliardari.