Il prossimo trend invernale è il caban?
Tutto il bello di un cappotto, tutta la praticità di una giacca
07 Dicembre 2023
Il caban (o peacoat, a seconda dell’area culturale da cui lo si guardi) è un capo che ha una storia particolare nella moda. Apparso tra ‘600 e ‘700 indosso ai marinai olandesi, diffusosi in seguito tra i sottoufficiali della marina britannica e poi diventato un classico del menswear immortalato in un numero enorme di film classici (due dei più importanti, il Moby Dick del 1956 e I Tre Giorni del Condor del 1975) il caban ha conosciuto nella moda un forte successo nei primi anni 2000. Se Helmut Lang li aveva inseriti nelle sue collezioni già a fine anni ’90, è dal 2005 che questi iniziano ad apparire con frequenza sempre crescente fino a culminare nella stagione FW10 dove apparvero praticamente ovunque esaurendosi poi quasi del tutto nel 2013. Se ne conta circa uno a stagione da Burberry e Gucci, in quegli anni, Christopher Bailey li amava moltissimo. Ce n'erano numerosi da Hermès e Jil Sander, ma anche da John Galliano e Bottega Veneta. Oggi, timidamente, il caban pare tornato: apparso nella SS24 di Bottega Veneta e poi in maniera più precisa nella successiva Resort; visto sulle passerelle più classicheggianti di Emporio Armani, di Hermès e di Lemaire, così come su quelle più avant-garde di Hed Mayner, Yohji Yamamoto e Martine Rose – ma presente anche nelle collezioni di Valentino, Brioni, Dries Van Noten e Jil Sander oltre che nel lookbook di Our Legacy che è ormai quasi un termometro dei trend e soprattutto con un ruolo di predominanza nello show di Miu Miu, il più intensamente seguito della stagione.
Ora, non parliamo di una di quelle silhouette che si prendono l’intera annata – nella corsa dei trend, quello del caban pare al momento un dark horse che i pronostici non favoriscono ma che ha le carte per indicarci il prossimo passo evolutivo del gusto pop dei mesi che verranno. Per chiunque sia familiare con la struttura a onda dei trend (divisa in introduzione, ascesa, culmine, declino e obsolescenza), quello dominante per il capospalla maschile, il cappotto lunghissimo, ha già raggiunto il suo culmine e inizia a diffondersi nel mainstream – primo segno del declino. La frotta dei cosiddetti “innovator” e degli “early adopter” subito dopo di loro sta già forse inconsciamente cercando la coolness in un nuovo capo. Ed è proprio qui che il caban potrebbe inserirsi: di ascendenze abbastanza nobili per figurare nel repertorio del quiet luxury, abbastanza versatile nei tagli e nei materiali per entrare nell’estetica di quasi ogni brand, potenzialmente molto prezioso e molto funzionale, sofisticato nella forma ma sostanzialmente sportivo. Tutti i crismi del capospalla best-seller sono già lì.
Altro fattore fondamentale è la nostalgia: ora, non ci sono prove sostanziali e inequivocabili a riguardo, ma verso la fine degli anni ’10 e fino al 2013 il caban era un po’ il simbolo di quell’abbigliamento tradizionale ma smart che tanto piaceva agli hipster della prima ora. Ci fu un momento, dal 2008 in poi, in cui si diffuse un'estetica vagamente fin-de-siècle, con abiti che richiamavano o le atmosfere di Dickens o quelle di Wilde con tocchi steampunk. Il caban era perfetto per canalizzare quell'atmosfera, vintage ma non troppo, perfetto tanto per il dandy che per lo spazzacamini. Nella serie originale di Gossip Girl, ad esempio, sia Dan Humphrey che Nate Archibald ne indossavano, quello di quest’ultimo proveniva dalla FW10 di Gucci. Anche Ian Somerhalder ne indossava uno in The Vampire Diaries e insieme a lui un enorme numero di personaggi televisivi e cinematografici. Ecco una lista: Johnny Depp in Blow, Robert Downey Jr. in Sherlock Holmes, Daniel Craig in Casino Royale e Skyfall (dopotutto, James Bond è un ufficiale della Marina inglese), Brad Pitt in Bastardi Senza Gloria – la lista potrebbe continuare. Sarà forse che il ritorno dell’immaginazione collettiva sull’androgino abbia sdoganato i cappotti lunghissimi e fatto dei caban la loro versione più pratica e maschile? Può darsi: il senso delle proporzioni di quegli anni favoriva meno il drappeggio e più la vestibilità asciutta e precisa. Il loro ritorno oggi, dunque, suggerisce forse un tentativo, da parte dei brand, di mescolare maggiormente quiet luxury e praticità: non tutti, giustamente, si sentono pronti per avvolgersi in un cappotto lungo come una tonaca.