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La rivincita dei secondi nella moda

Cosa ci dicono le nomine dei nuovi direttori creativi sullo stato del settore del lusso

La rivincita dei secondi nella moda Cosa ci dicono le nomine dei nuovi direttori creativi sullo stato del settore del lusso
Gucci SS24
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Bottega Veneta FW24
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Tom Ford SS24
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Chemena Kamali, Sabato De Sarno, Davide Renne, Sean McGirr e Peter Hawkings: i nuovi direttori creativi sono i veterani del lusso. In questi ultimi due anni, la moda ha assistito a numerosi cambi di guardia, sia nel caso della direzione CEO, con l’esempio dell’addio di Marco Bizzarri a Gucci, sia in quello della direzione artistica. Ma mentre alcuni marchi hanno visto l’arrivo in atelier di nomi giovani come  Rhuigi Villaseñor da Bally e Ludovic de Saint Sernin da Ann Demeulemeester, (entrambi ormai già liberati del proprio incarico) oppure di personaggi ben radicati nella cultura pop come Pharrell da Louis Vuitton, i gruppi del lusso hanno preferito attingere dal talento interno agli atelier delle loro maison. Chloé, Gucci, Moschino, Alexander McQueen e Tom Ford hanno tutti scelto i loro nuovi direttori creativi in base ai legami preesistenti degli stessi con i brand. Si parla di rivincita dei secondi, un  momento d'oro per gli ex-assistenti dell'ufficio stile di splendere, ma sembra che la decisione sia più che altro parte di una strategia ben pianificata dai conglomerati del lusso in vista del peggiorare della crisi economica e del conseguente calare delle possibilità di acquisto dei consumatori. In un momento di disordine totale, sia dal punto finanziario che sociale, queste nuove nomine rappresentano la scelta più saggia per i brand, che hanno bisogno di collezioni incentrate sul prodotto, più che sulla narrativa, per guarire le preoccupanti emorragie del sistema moda

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Tom Ford SS24
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La formazione dei nuovi direttori creativi della moda di lusso include esperienze negli uffici stile delle maison più famose al mondo, se non proprio in quelli dei brand che li hanno appena assunti. Se Walter Chiapponi otterrà effettivamente il ruolo di direttore artistico di Blumarine, il designer si ritroverà nello stesso atelier di qualche anno prima; Davide Renne, prima di venire chiamato a sostituire Jeremy Scott da Moschino, ha lavorato per vent’anni sia con Alessandro Michele che con Frida Giannini; Peter Hawkings ha disegnato al fianco di Tom Ford per ben venticinque anni prima di prendere il suo ruolo; Sabato De Sarno, adesso da Gucci, è stato al fianco di Pierpaolo Piccioli per quattordici, mentre la nuova direttrice creativa di Chloé Chemena Kamali conosceva l’atelier della maison già dai tempi di Phoebe Philo e Clare Waight Keller, suoi ex-capi. Malgrado la giovane età, anche il nuovo direttore artistico di Alexander McQueen, il 35enne Sean McGirr, vanta una carriera notevole, avendo ricoperto ruoli come head of menswear di JW Anderson e assistente da Burberry e da Dries Van Noten. 

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Quello che tutte queste nuove nomine lasciano sottintendere è che il lusso sta vivendo un periodo di cambiamento che fa paura, ai CEO sino ai presidenti degli agglomerati. Durante un periodo storico marcato da imponenti incertezze, come l’escalating delle guerre tra la Palestina e Israele e tra la Russia e l’Ucraina, il rallentamento dell’economia di superpotenze come  Cina e Stati Uniti e i debilitanti effetti del cambiamento climatico su ogni settore del commercio, la moda cambia faccia, spostando l’attenzione dagli immaginari fantastici e dai designer proiettati al sogno verso prodotti utili e direttori artistici pragmatici. In un periodo di incertezza, i marchi si rifugiano nella continuità. Scegliendo di incaricare personalità con un passato ben radicato nel mondo del lusso, i brand seguono l’esempio di Bottega Veneta e Matthieu Blazy, un binomio che dal 2020 si dimostra un successo sia per produttività economica che artistica. Prima di ricoprire il ruolo di design director della maison, Blazy aveva lavorato per Raf Simons, Maison Martin Margiela, Céline e Calvin Klein, la prova definitiva che per potersi assicurare un posto nell’olimpo del lusso servono ali ben salde, preferibilmente brevettate in uno degli atelier Kering o LVMH. Di tutte queste nuove nomine, emerge certamente la funzione portante che la meritocrazia continua a svolgere nell’industria della moda, malgrado le pressioni dei social. Allo stesso tempo, si spera che questi nuovi incaricati, un tempo solo nei retroscena della Fashion Week, riusciranno comunque a produrre collezioni stimolanti, senza sentirsi ostacolati dalle pressioni sulle vendite.