La nuova collezione di
JW Anderson in collaborazione con
A.P.C. prende spunto da
I Love America and America Loves Me, una performance di
Joseph Beuys del 1974 in cui l'artista tedesco si fa trasportare in ambulanza fino e dall'aereo avvolto in una coperta di feltro, un modo per isolarsi dal mondo esterno, dall'America, per poi venire rinchiuso nella galleria René Block per tre giorni in compagnia di un coyote. Un
montgomery in lana ruvida e grafiche che riportano l'indirizzo dello spazio museale dipingono una linea sottile tra silhouette classiche e l'opera di Beuys, una capsule che rappresenta
il guardaroba perfetto secondo il designer Jonathan Anderson. La collezione è genderless ma si divincola in due estetiche in netto contrasto tra loro, una
rock, aderente e sensuale con il denim nero e la biker jacket, una
hippie, dalle forme morbide e dalla maglieria multicolore. Per il brand francese A.P.C., la collaborazione rappresenta una prima volta, con l'introduzione del primo modello strappato e scolorito al laser
prodotto senza l'utilizzo di materiali chimici. «L'idea del progetto è di imparare dall'entusiasmo di una nuova collaborazione,» spiega Jonathan Anderson. «Corrisponde alla mia visione della moda e mi è sembrata una scelta naturale. Siamo affascinati dal reinventare cose che non hanno bisogno di essere reinventate, in quanto sarebbe più entusiasmante glorificarle. La cosa straordinaria di A.P.C. è che non c'è mai di troppo. C'è giusto quel tocco di contemporaneo.» La collaborazione propone look classici rivisitati, da t-shirt in jersey americano a calzini lavorati a mano, fino ad una tote bag in tela ultraresistente con chiusura a zip XXL. «| nostri incontri di lavoro sono sempre stati una partita di ping-pong molto dinamica e produttiva,» spiega il direttore creativo di A.P.C. Jean TouiTou in merito ai suoi progetti con Anderson. «Quando avevo un'idea, Jonathan la trasformava subito in qualcosa di migliore. È una sorta di ipertesto senza limiti, una scrittura automatica applicata agli abiti, agli accessori e alle immagini. Grazie a Jonathan, siamo riusciti ad andare oltre, sia nell'originalità che nella ricerca. Saliamo sull'ambulanza di Joseph Beuys e seguiamolo nel suo viaggio chimerico.»