La moda secondo David Lynch
Come Blue Velvet e Twin Peaks hanno influenzato alcune delle sfilate di moda più memorabili degli ultimi anni
09 Ottobre 2023
In quante modalità si può definire un’artista? Declinarne la formazione, gli intenti artistici, il percorso per arrivare ad una determinata tipologia di visione. Qualunque essa sia la forma d’arte che si sceglie di professare, sono molteplici gli elementi che ne mostrano l’evoluzione, l’incipit generativo che ne ha determinato una tale visione di intenti, non per forza riconducibili unicamente al proprio credo artistico. Molto spesso, nell’analizzare il percorso evolutivo e artistico di un regista, si tende erroneamente a non considerare, come ad esempio avviene nella musica, quanto l’estetica e l’uso di un proprio abbigliamento ne abbia condizionato periodi, tematiche, esternazione di ciò che l’artista voleva effettivamente mostrare rispetto a ciò che la sua immaginazione, il proprio percorso di vita, gli comunicava in quel momento. Così come una colonna sonora originale incide nell’enfatizzare e mostrare il linguaggio non verbale che un regista sceglie di rivelare al suo pubblico, un’excursus ancora più interiore della narrazione stessa, anche la moda con le sue molteplici sfaccettature ne mostra nuove visioni sociali, artistiche, insite nella cultura generalista, tanto da diventarne la perfetta sintesi del suo estro artistico. Se nei registi contemporanei è un elemento che ritroviamo perennemente, una forma mentis data da una sempre maggiore coabitazione di arti in cui musica, cinema e moda si fondono in unicum estetico e sensoriale, il padre di tale fusione è senza dubbio David Lynch nella manifestazione di un sogno americano in cui terrore e caducità della società contemporanea si delineavano attraverso uno stile unico e controverso.
Lo stile personale di David Lynch
Come raccontava Chris Wallace su Esquire, il regista settantenne si veste con la modestia di un operaio della sua nativa Missoula. «Le proporzioni dei suoi polsini a botte (troppo lunghi) e la caduta del suo cappotto alla Miles Davis (troppo largo per gli standard odierni tagliati corti) sono una perfetta raffigurazione di stile rurale americano. Il look è severo e caratteristico. È un'uniforme, e il fatto che Lynch la adotti è una testimonianza vivente della massima di Flaubert secondo cui un artista dovrebbe essere regolare e ordinato nella vita in modo da poter essere violento e originale nel suo lavoro». Forse è per questo che il suo aspetto da bottone alla gola sia in perfetta antitesi con i suoi film così selvaggiamente sfrenati.
I colori in Blue Velvet
La panoramica che dà inizio a Blue Velvet con i colori sgargianti della staccionata bianchissima, il cielo di un azzurro artificiale e il rosso fuoco di una rosa appena colta, raccontavano perfettamente ciò che per David Lynch rappresentava l’America negli anni 90, esteriormente perfetta ma al suo interno oscura e minacciosa: e tale contrapposizione, così come la scelta musicale di reinterpretare il classico di Bobby Vinton, sono stata una perfetta fonte di ispirazione per molteplici stilisti e art director tra cui sicuramente Raf Simons e Rei Kawakubo che al meglio ne hanno saputo trarre le molteplici sfaccettature.
Nelle loro differenti modalità di comprendere l’opera di Lynch, si sono avvalsi della differente funzione del suono che il regista manifesta tra silenzio ed introspezione compositiva che da un lato vedeva l’esaltazione dell’aspetto sonoro per Comme des Garçons nella SS16, titolata Blue Witches, nel rappresentare attraverso l’immaginario di Blue Velvet la conformazione di donne incomprese ed evitate dalla società - non dissimili dal personaggio di Dorothy Vallens, interpretato da Isabella Rossellini - e dal silenzio inquieto che Raf Simons ha concepito per la sua sfilata FW uomo nel 2019 a Parigi, spingendo lo spettatore ad immedesimarsi nell’ignoto sub-terreno che il sipario in velluto blu vuole mostrare.
I costumi in Twin Peaks
Ogni film di David Lynch è costellato da molteplici elementi scenici che ne manifestano il fine metaforico come la plasticità maligna di Los Angeles e del mondo di Hollywood in Mulholland Drive, esaltati dai costumi di Amy Stofsky, o la raffigurazione “romantica” del road trip di Cuore Selvaggio in borchie e giacche pitonate, ma è la moda di Twin Peaks che ha rappresentato e rappresenta ancora oggi un ruolo chiaro nella cultura popolare americana e non solo. Come analizzato dalla Docente Catherine Spooner in Return to Twin Peaks: New Approaches to Materiality, Thoery and Genre on Television, il ribelle, la cheerleader, la reginetta del ballo, l'agente dell'FBI o l'eccentrico hippy, tutti hanno un look riconoscibile che aiuta a definire il loro ruolo all'interno della comunità. Anche l'anonimo equipaggiamento da pesca scozzese indossato da Pete Martell indica la sua mancanza di un ruolo identificabile.
Spesso c'è qualcosa di leggermente strano e oscuro nei costumi di Patricia Norris, così come nell’apparente tranquillità della cittadina di Twin Peaks, dove ogni elemento si fa funzione esplicativa dei singoli indizi lasciati per scoprire chi ha ucciso Laura Palmer. «Il look che hanno creato era volutamente senza tempo, indicando l'universalità della vita delle piccole città americane, e altamente specifico, trasmettendo la particolarità della visione di David Lynch. Lo stile di Twin Peaks è allo stesso tempo molto riconoscibile e intensamente strano, mappando le coordinate di ciò che pensiamo di sapere, ma allo stesso tempo sconvolgendole .Gli archetipi riconoscibili dovrebbero rassicurarci – il motociclista, il camionista, la cameriera – ma alla fine sconcertano. E i costumi che hanno avuto maggiore influenza sulla moda contemporanea sono i più strani, come la misteriosa Signora Ceppo, i cui sciatti tweed a strati e gli occhiali oversize sembrano assimilarsi perfettamente allo stile di Prada.»
Tale iconicità è diventata un fondamentale elemento narrativo per molteplici sfilate tra cui spiccano sicuramente il lavoro sempre eclettico di Raf Simons che per la sua collezione uomo FW del 2016, Nightmares and Dreams, dedicò all’opera di Lynch un vero e proprio attestato di stima incondizionata non solo attraverso la conformazione degli abiti che presentavano gli stilemi estetici americani che la costumista Patricia Norris aveva concepito per la serie, «distruggendone gli standard e gli ideali imposti ai giovani nelle società americana delle piccole cittadine», ma anche nella costruzione del set in cui i modelli camminavano in un labirinto di pareti di legno tortuose e girevoli che ricordavano l’ingresso della Loggia Nera, dove unicamente la voce di Angelo Badalamenti, compositore feticcio del regista, ne guidava il flusso spiegando il processo creativo che aveva portato alla composizione del tema di Laura Palmer, senza scindere la visione registica di Lynch dal suo ideale sonoro.
Le collaborazioni di Lynch con il mondo della moda
Se il mondo della moda si è servito della sua estetica, il regista di Missoula ha saputo entrarci gradualmente, contribuendo all’ideazione di alcune campagne diventate nel tempo iconiche. La direzione del cortometraggio onirico Lady Blue Shanghai, incentrato sull’immaginario iconoclastico di Dior in cui la protagonista Marion Cotillard si perdeva nella notte di Shangai, in perenne conflitto tra sogno e realtà, così come lo spot per Gucci nel 2008, senza dimenticare la direzione artistica della sfilata FW di Kenzo nel 2014, di cui fu ideatore sia del set che della colonna sonora. Nonostante il suo stile estetico possa sembrare sobrio, quasi chiuso nella sua visione rurale americana, la sua idea registica e sonora è stata da sempre sfrontata, multimodale, tanto da sposarsi perfettamente con ciò che oggi l’industria della moda sta esternando perfettamente attraverso le sue collezioni e la propria mission, in un connubio artistico sempre più interconnesso.