Tenerezza e sensualità nella moda di Elio Fiorucci
La lotta ai tabù, l’erotismo velato e la celebrazione della cultura “pop” sono i cardini della moda del celebre designer italiano
17 Luglio 2023
L’idea di una moda democratica, una moda cioè che ha origine tra la gente, non è così nuova come si potrebbe pensare, ma proviene da un certo tipo di creatività di cui Elio Fiorucci è sicuramente un grande sostenitore. Si parla degli anni Sessanta, del periodo della “pop fashion” che stava ormai spopolando in Inghilterra espandendosi in tutta Europa a macchia d’olio grazie a creativi come la celeberrima Mary Quant. Il modo di lavorare di Quant è davvero molto simile a quello di Fiorucci, basato sulla ricerca di capi già esistenti ritrovati nei vari flea market che venivano poi rielaborati e ripensati secondo lo stile del creativo di turno. Mentre la designer londinese selezionava in modo particolarmente accurato, il recupero di Fiorucci era più trasversale, essendo basato sull’idea che tutto potesse fungere da ispirazione, come lui stesso diceva provocatoriamente: «Io non creo, io copio.» La parte democratica della sua moda era, quindi, tutta concentrata in questo modo di concepirla come qualcosa che provenisse dalla gente, piuttosto che dall’alto secondo l’idea di molti suoi contemporanei, come Valentino o Yves Saint Laurent.
Il contesto storico e artistico
Il lavoro di Fiorucci comincia a prendere piede in un periodo in cui la Pop Art si stava affermando. L’idea secondo la quale il prodotto è il fulcro della società, soprattutto Americana, che si appresta a entrare nell’epoca della produzione di massa e quindi nell’idolatria dell’oggetto comune che assurge a icona – come i celebri detersivi Brillo di Andy Warhol o le sue leggendarie zuppe Campbell – è ormai diffusa, decisamente “pop” appunto. Tutto è visto, in particolar modo nell’arte, attraverso un approccio distaccato e freddo come se l’artista fosse un semplice testimone dell’opera, senza alcun legame affettivo o emotivo nei suoi confronti. In questo contesto Fiorucci, che amava profondamente l’America e tutto l’immaginario estetico a essa correlato, con una predilezione particolarmente radicata verso gli anni Cinquanta, raccoglieva tutti i capi vintage che riusciva a trovare, partendo proprio da quelli come base per il suo lavoro creativo. La differenza tra la sua creatività e quella tipica della Pop Art stava, però, nel tipo di legame instaurato tra lui e i suoi vestiti, un legame basato sull’emotività, la dolcezza e la sensorialità. D’altronde l’altro imponente fenomeno contestuale alla crescita di Fiorucci fu la cosiddetta “Summer of Love” del 1967 e l’incredibile diffusione della cultura hippie in tutto il mondo.
Un’estetica tra il romantico e il provocatorio
La dolcezza dell’approccio “fiorucciano” e quindi della sua personale interpretazione del “pop” è perfettamente rappresentata dalla scelta degli angeli raffaelleschi realizzati dal graphic designer Italo Lupi, utilizzati per tutta la sua comunicazione nel corso degli anni Settanta e diventati sinonimo, di immediata comprensione, del brand Fiorucci. Al romanticismo palesato da queste scelte così candide, si affianca, però, un’anima più languida e sensuale allineata in modo chiarissimo alla rivoluzione sessuale dell’epoca e al desiderio di libertà da essa scaturito. Infatti, i due putti che si affiancano teneramente celano, senza che questo possa sfuggire a uno sguardo più attento, la silhouette di labbra carnose, con un sottile rimando alla sfera erotica. Le sue campagne, tra cui le celebri scattate da Oliviero Toscani, diventano invece molto più esplicite in quel costante mix tra candore e provocazione, tipico del designer. In effetti, tutta la produzione di Fiorucci è stata sempre infusa di questo erotismo soffuso, così come di questa affettività che lo ha contraddistinto. Basti pensare al fondoschiena (mai volgare!) quale costante protagonista dei suoi scatti pubblicitari, ma anche ai soggetti delle sue stampe diventate un simbolo, come le famose ciliegie dalla forma “inconfondibile”.
L’ultimo Fiorucci
Avvicinandoci a tempi più contemporanei la tendenza alla provocazione e all’esaltazione del sex appeal, così come la necessità di lottare contro tabù di natura sessuale, si attenuano notevolmente nel lavoro del designer, compatibilmente con il differente contesto sociale. Negli anni Duemila, infatti, sono l’ottimismo, il colore, il romanticismo, la dolcezza e una più velata sensualità a caratterizzare Fiorucci che creerà, per l’appunto, la famosa linea “Love Therapy” caratterizzata dalla figura di un nano da giardino in sostituzione dei celebri angioletti. La ribellione del passato lascia quindi il posto a coccole, tenerezza e un’innocenza tendente al naïf. Oggi, dopo l'acquisizione da parte di Dona Bertarelli e sotto la guida del neo CEO Alessandro Pisani, il brand si prepara a un rilancio durante la prossima Milano Fashion Week. «Ora la nostra mission è far rivivere quell'attitudine ludica inconfondibile e rimodellarne l'eredità dirompente per ispirare una nuova generazione» ha dichiarato Pisani che per mantenere la sua promessa si è affidato alla guida creativa di Francesca Murri, designer con un passato tra Versace, Giorgio Armani, Gucci, Givenchy e Ferragamo.