Il viaggio diventa haute couture con Thom Browne
Per il suo debutto a Parigi, Browne trasforma in teatro surreale il vibe della Gran Central Station
04 Luglio 2023
Grand Central Station è uno dei luoghi più iconici di New York, la patria di Thom Browne. Un luogo visitato da innumerevoli libri e film, dove le storie dei singoli si snodano in uno scenario che evoca un passato di favola, una mitologia che trasforma il luogo stesso in un proscenio. È per questo che il primo show di Haute Couture di Thom Browne, tenutosi al Palais Garnier di Parigi, ha fatto della sfilata una performance, del palco una passerella e degli ospiti altrettanti comparse e attori mentre una finta audience di sagome di cartone, tutte in giacca e cravatta grigie, osservavano dagli spalti. I singoli elementi tipici di una stazione, come i piccioni che vi si introducono, i gargoyle che decorano i suoi tetti, i passeggeri stessi, il controllore in divisa e anche il treno, diventano tutti elementi da sublimare in abiti sartoriali che espandono e innalzano ulteriormente il linguaggio iper-definito, fatto di grigi e di divise preppy, con cui Browne racconta i nostri tempi.
La stagione estiva, così come il tema favolistico del viaggio, sempre elaborato attraverso la palette di grigi metropolitani di Browne, quella di un residente della città che sogna mete esotiche, porta sui cappotti di tweed e di seersucker immagini nautiche, effigi di sirene dorate, scenari marittimi, nodi marinari. La storia che questa collezione sembra voler raccontare è quella di un viaggio estivo d’altri tempi, una fantasia mai realizzata dato che il suo scenario non è una meta esotica ma la stessa stazione dei treni, il potenziale che finisce per non realizzarsi o che si realizza proprio nella stessa fantasia dell’altrove. Ciò che conta è il viaggio e non la destinazione, pare dirci Browne, quando tutta la varietà di un metaforico mondo ci passa davanti mentre aspettiamo di arrivare dove dobbiamo andare.
Il sogno finisce quando parte il treno – uscendo dalla metaforica metropoli che per Browne è lo specchio convesso dentro cui si riflette, deformata, la realtà. Il surrealismo del designer, evocato attraverso l’inversione di prospettiva tra palco e spalti, attraverso le silhouette deformate visivamente e concettualmente proprio come attraverso una lente convessa, è un semplice registro narrativo per dare coesione artistica a una particolare maniera di raccontare la realtà. In quel grigiore su cui il designer insiste, in quel fade to gray che altro non è che la sparizione in un’uniforme infinitamente variata ma anche infinitamente uguale, sta la vera natura del sogno e della fantasia: il quotidiano, e non l’eccezionale, dà la misura del sogno che viviamo. Gli spettatori della sfilata fanno parte di quella fantasia sul palcoscenico mentre, a guardare dai veri spalti, ci sono solo comparse grigie – quasi come se gli attori della fantasia che è la Couture stiano recitando per se stessi, di fronte a un pubblico del tutto inventato.