Chi vince e chi perde nella collaborazione tra H&M e Mugler
La collezione tra il brand francese e il colosso svedese potrebbe creare un precedente unico
11 Aprile 2023
Nonostante manchi ancora più di un mese alla release della collezione firmata da H&M e Mugler, le foto e il lookbook circolati online non hanno mancato di generare l'entusiasmo riservato alle migliori occasioni. C’entra il ritorno del colosso svedese nel mondo delle collaborazioni ovviamente, ma soprattutto il modo in cui ha scelto di farlo. Se le collabo tra fast-fashion e luxury sono ormai una consuetudine, ci basti pensare al modo in cui Uniqlo lavora abitualmente con brand come Lemaire o Marni, in tutti i casi i prodotti in vendita rappresentano un mix tra le estetiche delle due parti in causa, una versione diluita e meno complessa delle visioni creative di designer come Francesco Risso e Jonathan Anderson. Discorso diverso per la collezione creata da H&M con Mugler dove, contrariamente a quanto detto in precedenza, i design dei prodotti proposti riproducono in maniera quasi fedele quelli della mainline del brand guidato da Casey Cadwallader.
Una mossa singolare, resa ancora più interessante dalla scelta di proporre un branding identico a quello originale, tanto per dimensione quanto per posizionamento sui singoli capi. Qualcosa di simile si era già visto in passato, nella collaborazione continuativa tra Uniqlo e JW Anderson dove il logo del brand di Jonathan Anderson campeggia in bella vista in quelli che però sono capi ben lontani dall’attitudine iper-concettuale del designer inglese, rendendo ben chiara la distinzione tra le due linee di prodotto. Mentre Balenciaga, in occasione della sua collaborazione con Yeezy e Gap, aveva scelto di non includere alcun accenno al nome del brand, tanto sui capi quanto sull’etichetta interna, dove invece Marni ha messo il suo logo nella collaborazione con Uniqlo.
Alla luce di tutto questo sorge spontaneo chiedersi quali siano i motivi dietro la scelta di Mugler, vista da qualcuno come un passo falso di un brand che ha inavvertitamente scelto di farsi concorrenza da solo. Ma è davvero così? Facendo un giro su TikTok l’hashtag #muglerdupe ha oltre tre milioni di visualizzazioni, video di ragazze che consigliano come e dove trovare quanto di più simile ai jeans o alla catsuit del brand francese. Prodotti che, ovviamente, sono spesso reperibili da Zara, Fashion Nova e qualsiasi altra catena di fast-fashion vi venga in mente, più o meno etica che sia. È il prezzo della viralità ovviamente, quella raggiunta da Mugler soprattutto dopo che lo scorso anno Dua Lipa aveva indossato una bodysuit custom ricoperta di cristalli durante le tappe Nord Americane del suo Nostalgia Tour. Un percorso che nel più classico dei pattern ha portato i design del brand sugli scaffali prima della catena Inditex, per poi spargersi a macchia d’olio ovunque. Invece di rimanere a guardare, Mugler ha scelto di fare concorrenza ai dupe dei suoi stessi prodotti, creando quella che è a tutti gli effetti una linea secondaria che replica i design di quella principale, materiali a parte. A distanza di un mese dalla release possiamo già immaginare i risultati di una scelta del genere, quelli che ottieni quando crei una versione economica di un blazer da 2mila euro - la versione con H&M ne costerà circa duecento , o di un jeans da oltre 900€, che invece ne costerà 120.
@v_andthecity Replying to @lamarieaugustine #greenscreen #muglerdupe #muglerleggings #asosfinds #pltfinds #maniredevoir Vogue (Edit) - Madonna
Se per Mugler significa prendersi una fetta di quel mercato precedentemente popolato dalle imitazioni dei suoi prodotti, per H&M la collaborazione con il brand rappresenta un ritorno alle origini, ai fasti delle collezioni dall’appeal commerciale come quelle con Moschino, Versace, Kenzo e Jimmy Choo. Sarà interessante vedere se questa insolita formula diventerà un precedente ripreso da altri brand, magari interessati a offrire un prodotto pensato per quei clienti che vorrebbero approcciarsi al mondo della moda vista in passerella ma che non hanno la possibilità di spendere le cifre ormai in costante crescita del mondo luxury.