Le collaborazioni anni 2000 che forse avevi dimenticato
Tutte le collezioni a quattro mani che hanno lasciato il segno
03 Aprile 2023
Le collaborazioni tra brand sono ormai una costante a cui il mondo della moda è abituato, essendo sempre più numerosi i progetti che vedono unire le forze di due o più realtà, spesso anche molto differenti. L’intento principale, oltre che un auspicato successo commerciale, è quello di entrare nella rispettiva “orbita” per trarne vantaggi quali, per esempio, un ampliamento del pubblico di riferimento o il coinvolgimento di categorie differenti di clienti. Questa tendenza si è diffusa così tanto da aver coinvolto anche i brand di lusso, basti pensare alle collezioni di Gucci e Balenciaga, Fendi e Versace, o ancora, sebbene in modo più sottile e senza grandi annunci, Dries Van Noten e Christian Lacroix. Ma molte unioni creative risalgono a tantissimi anni fa, quando pur avendo avuto un grande successo commerciale, non erano state così pubblicizzate al punto da passare del tutto inosservate per il grande pubblico. Gli esempi sono numerosissimi, così come la doverosa distinzione tra i casi che hanno visto crescere esponenzialmente la propria fama e quelli che, invece, hanno interessato solo pochissimi addetti ai lavori e veri appassionati.
Se si prende in considerazione la metà degli anni Duemila gli esempi di queste collabo diventano così tanti – a volte anche assurdi – da rendere difficile riuscire a tenere il passo. Infatti molte volte, pur essendo trascorsi diversi anni dal primo lancio, che si è per giunta protratto per diverse stagioni, la notizia di questi matrimoni creativi può risultare ancora oggi sorprendente. Uno degli esempi passati in sordina è rappresentato dalla collezione Puma firmata Jil Sander, lanciata per la prima volta nel 1998, e ora disponibile in alcuni dei suoi esemplari su siti dedicati al vintage, come dimostra Depop sul quale è possibile acquistare un paio di queste sneakers con 70 euro. In questo caso i modelli di questa collaborazione sono, come ci si aspetterebbe, molto semplici, in toni neutri, senza troppi stravolgimenti da parte del brand della designer tedesca. Tra le commistioni inaspettate c’è sicuramente anche quella tra Umbro e Kim Jones, nata sempre agli inizi dei Duemila e rinnovata per ben nove stagioni, comprendenti sia abbigliamento che accessori ispirati a un’estetica marcatamente sportiva, in linea con il brand inglese, ma anche con una tendenza stilistica di Jones. In questo caso alcuni pezzi sono disponibili su Ebay a prezzi piuttosto competitivi che vanno dai 25 ai 50 euro, arrivando anche a 100 per dei capispalla. I patiti di collaborazioni non si saranno persi il duetto, risalente al 2008, tra Lanvin di Alber Elbaz e Acne Studios che, insieme, hanno presentato una serie di collezioni a tema denim, reinterpretato attraverso l’estetica glamour del designer di origine marocchina scomparso da qualche anno. Si parla invece del 2010 per il lancio della collezione Moncler V, frutto dell’impegno congiunto tra Moncler e Visvim, brand di abbigliamento maschile fondato dal giapponese Hiroki Nakamura. Lo stile Visvim che si caratterizza per una commistione di mondi e culture differenti si è tradotto, in questo caso, in una rielaborazione di un tema molto caro a Moncler e tipicamente montano come il fair isle, declinato in una serie di proposte tecniche e di accessori.
Tra queste collaborazioni del passato ce ne sono alcune che hanno avuto e che hanno tuttora un grandissimo impatto, soprattutto per i nomi dei loro protagonisti. Una di queste è senza dubbio quella tra H&M e Comme des Garçons, presentata nel 2008 quale perfetto esempio del desiderio di avvicinare due mondi assolutamente distanti. Una versione edulcorata dell’estetica “estrema” di Rei Kawakubo, più vicina a quello che vediamo nelle sue passerelle maschili, è stata adattata alla catena svedese, senza però essere troppo diluita, ma rimanendo comunque fedele alle sue sovrapposizioni e agli usuali stravolgimenti delle forme del corpo, così come all’immancabile presenza di pois di varie dimensioni e colori. Vestiaire Collective ne propone una selezione piuttosto ampia a prezzi decisamente abbordabili che raramente superano i 100 euro. Infine, citando celebri capsule collection non può mancare la collezione di Fred Perry X Raf Simons che da oltre dieci anni (il suo esordio è datato 2008) continua a esplorare l’immaginario estetico degli skinhead – controcultura legata a doppio filo al brand britannico – con capi che partono dai campi da tennis, ma che vengono poi piegati da volumi oversize e infusi della forza della Youth Culture che tanto affascina il designer belga.
In chiusura di questa raccolta di “collabo prima delle collabo” è d’obbligo fare una riflessione. Guardando a tutti questi esempi con la consapevolezza che abbiamo oggi potrà sembrare quasi scontata l’idea che due o più brand abbiano potuto scegliere di unire le forze creative per una collezione a quattro mani, ma se invece ci si sofferma a considerare il contesto temporale in cui questo è avvenuto, ecco che l’ovvietà non risulta più così palese. In quegli anni, infatti, questo tipo di mosse erano assolutamente strategiche e consentivano ai vari marchi di stupire il pubblico anche grazie all’unicità che accompagnava questi lanci, nonostante non si fosse in presenza del fenomeno dell’hype tanto diffuso (forse troppo) nel periodo in cui viviamo, nel quale la collaborazione è diventata una pratica quasi stagionale, se non mensile.