La nuova vita di Wood Wood: intervista a Cecilie Engberg e Dominic Huckbody
In occasione della CPHFW, abbiamo incontrato i due designer chiamati a cambiare la storia del brand danese
16 Febbraio 2023
Vivere a Copenaghen non è come vivere in un’altra capitale europea. Per il meteo, sicuramente, capace di cambiare completamente nel giro di pochi minuti, ma soprattutto per il mood che pervade la città. «Per noi Copenaghen è una fonte di ispirazione. Se guardi ai giovani in strada riesci immediatamente a capire che hanno un’attitudine unica» mi dice Cecilie Engberg quando finiamo a parlare del ruolo della città in quello che è il nuovo corso creativo di Wood Wood. Il brand, che ha da poco compiuto i suoi primi vent’anni, è al centro di quello che potrebbe essere definito come un vero e proprio reboot, un processo di rinnovamento che parte dalla scelta dei due designer chiamati a ripensare il brand: Cecilie Engberg , appunto, e Dominic Huckbody. Rispettivamente alla guida del womenswear e del menswear di quello che il brand definisce “un collettivo senza un direttore creativo”, i due hanno presentato la loro prima collezione durante l’ultima Copenaghen Fashion Week, dandoci così un assaggio del futuro del brand. «C’erano alcuni miei elementi nella collezione vista ad agosto, ma quest’ultima è a tutti gli effetti la mia creatura» spiega Dominic - l’ultimo arrivato tra i due - quando parliamo del processo creativo che ha portato alla nascita di “Heaven Out Here”. Presentata all’interno di un set pensato per ricordare lo spazio di un rave party, la nuova collezione del brand ha messo subito in chiaro la nuova direzione scelta da Wood Wood. «Con ogni show ci trasformiamo sempre di più nel brand che vorremmo essere, allontanandoci da quello che tutti si aspettano quando si parla di Wood Wood e avvicinandoci all’idea di un brand più contemporaneo» racconta Dominic nel nostro incontro a pochi giorni dallo show, quando incontro lui e Cecilie nello showroom del brand. A Copenaghen, ovviamente.
Nonostante siano entrambi giovanissimi, le esperienze accumulate negli anni rendono Cecilie e Dominic una coppia tanto affiatata quanto piena di talento che può contare su un curriculum che combinato vanta esperienze da Balenciaga, da Burberry e da Martine Rose. «Veniamo da due scuole di design molto simili. Quando uno propone un’idea è come se l’altro sappia già cosa fare» mi rivelano quando gli chiedo il loro metodo di lavoro, quello che nasce prima di tutto da una visione comune del brand, uno «spazio aperto in cui si è liberi di reinterpretare il modo in cui ci si vuole vestire» come dice Cecilie. Per lei, danese di nascita, il lavoro da Wood Wood ha un significato maggiore legato alla storicità del brand, ma anche alla sua voglia di rinnovarlo e portarlo verso una direzione più personale. «In passato l’idea di womenswear del brand era speculare a quella dell’uomo, il fidanzato e la fidanzata. Adesso sono due persone che si frequentano, due amici molto cool che girano insieme» mi dice per spiegare la sua visione di WW in cui, nonostante l’idea di rottura con il passato, l’heritage ventennale di Wood Wood rimane comunque centrale. «Penso che la lezione che entrambi abbiamo imparato lavorando in grandi brand è stata quella di capire la storia per poi utilizzarla all’interno della nostra idea. Non vogliamo dimenticare il passato di Wood Wood o il lavoro degli altri designer, ma vogliamo rendere il brand più contemporaneo» racconta Dominic. «È sempre interessante guardare la storia come un punto di riferimento. Se pensiamo a vent’anni fa, quando è stato fondato Wood Wood, dobbiamo chiederci come si indossava una t-shirt in quel momento. Capire che tipo di impatto ha avuto su cosa le persone indossano oggi» aggiunge poi Cecilie.
Per portare a termine questo ambizioso progetto, la coppia di designer può contare su una città come Copenaghen, il posto ideale per trasformare il quotidiano in ispirazioni lavorative. «È una città difficile da descrivere se non ci sei mai stato. Ha uno stile di vita molto più rilassato, ti coinvolge e ne diventi parte» mi racconta Dominic, inglese di nascita con un passato diviso tra Londra e Parigi, due città «con un’energia incredibile ma molto intense». «Vivere qui cambia il modo in cui fai shopping e ti vesti. Spesso usi la bici per spostarti da una parte all’altra della città, per questo quello che indossi non è fatto per muoversi in taxi o in metro. Ti cambia la mentalità anche come designer» prosegue Cecilie. Ma nonostante il legame profondo con le sue radici, il futuro che i due immaginano per il brand è oltre confini danesi, una visione generale che Dominic e Cecilie hanno abbracciato completamente in quella che rappresenta per entrambi una naturale evoluzione delle proprie carriere. Con un passato in grandi brand, entrambi hanno adesso la possibilità di plasmare Wood Wood secondo la propria visione, lavorando su un progetto di scala internazionale quasi con la stessa libertà creativa di un progetto indipendente. «Quando si parla di giovani nella moda non si pensa mai a tutti quelli, magari direttori creativi o assistant designer, che faticano ad andare avanti. Se penso a dove siamo, a quello che possiamo fare e a quanto possiamo imparare, mi rendo conto di aver fatto la scelta giusta per la crescita» risponde Dominic quando finiamo a parlare della possibilità, in futuro, di vederli al lavoro su un loro brand. «Tutti sognano di avere il proprio brand prima o poi. Fare soldi facendo esattamente quello che ti piace ogni giorno. Ma avere il proprio brand significa essere costantemente sotto pressione.»
Pressione che ovviamente non manca nemmeno nelle latitudini danesi, dove però ha trovato il giusto compromesso nella forma della Copenaghen Fashion Week, diventata da tempo un punto di riferimento non solo per la moda scandinava, ma per chiunque sia alla ricerca di una fashion industry diversa da quelle delle grandi capitali europee. «C’è sicuramente bisogno di rallentare. E non parlo solo dell’impatto ambientale, ma anche di quello sulle persone. Sia io che Cecilie abbiamo vissuto in altre città, ma l’equilibrio tra vita lavorativa e vita personale che c’è a Copenaghen è unico. È come dovrebbe essere ovunque» commenta Dominic. Chiamatela pure “slow fashion”, ma l’aria che si respira nei pressi di Larsbjørnsstræde 3 è quella di una lenta rivoluzione che mette al centro la persona, che sia il designer o l’acquirente, per tradurre lo spirito di una città in qualcosa capace di rimanere collezione dopo collezione. «Sarà davvero importante per il brand continuare a sviluppare il proprio punto di vista unico, per assicurarsi di mantenere i clienti attuali e attrarne di nuovi» mi dice qualche giorno dopo Ida Petersson, Buying Director di Browns commentando quello che sembra solo l’inizio di qualcosa di ben più grande.