Le 10 sfide che la moda dovrà affrontare nel 2023
Dalla fragilità dell’economia fino alla fluidità delle collezioni
30 Novembre 2022
Ieri è stato pubblicato il report annuale The State of Fashion 2023 co-firmato da Business of Fashion e da McKinsey. Il titolo dell’edizione di quest’anno è Resilience in the Face of Uncertainty, esplicativo di una situazione che, dopo una fase di vivace ripresa dal biennio di lockdown, torna a sembrare incerta e complessa a causa di tensioni politiche, sociali e ambientali che mai come quest’anno si sono fatte evidenti. Nel 2021 e nel 2022 l’intera industria della moda ha visto una crescita globale del 22% e del 13% rispettivamente, preparandosi così a entrare nel 2023 con una forza maggiore anche se con alcuni e ben fondati timori. Tra il proseguimento della guerra in Ucraina, la crisi energetica e la crescita dell’inflazione, l’industria della moda dovrà affrontare non poche difficoltà tra cui una crescita del luxury spending oscillante tra il 5% e il 10% che probabilmente si concentrerà negli Stati Uniti ma soprattutto nel Medio Oriente – regione in cui però le differenze culturali richiederanno un lavoro di aggiustamento e localizzazione del linguaggio dei brand. Dietro le quinte, strategizzare catene di approvvigionamento, distribuzione e stoccaggio richiederà accordi commerciali e l’adozione di nuove tecnologie mentre rimane caldissimo il tema del digital marketingin una società che sarà economicamente messa alla prova.
Per questo il report ha delineato 10 sfide che l’industria della moda dovrà affrontare nel 2023 per riuscire a sopravvivere a uno dei periodi più incerti e complessi dell’ultimo decennio.
1. Fragilità socio-politica
Tra la prosecuzione della guerra in Ucraina e dei lockdown in Cina, nel mezzo della polarizzazione politica dei paesi europei, le questioni geopolitiche non sono mai parse così strettamente legate al futuro dell’industria della moda. Se in Cina, nonostante i lockdown, dovrebbe verificarsi una buona crescita (tra il 9% e il 13%) così come negli Stati Uniti, lo stesso non vale per l’Europa dove l’inflazione fa paura. Sia la guerra che gli eventi climatici estremi dovuti al deterioramento dell’ambiente hanno creato problemi nel reperimento di materie prime e nella continuità delle rotte commerciali, causando ritardi e impedimenti.
2. L’iper-localizzazione dei mercati
La forte crescita economica di specifiche regioni come la Cina, gli USA e il Medio Oriente, faranno nascere l’esigenza di un rafforzamento del controllo localizzato delle proprie operazioni. Anche la discontinuità nella ripresa delle singole economie nazionali rappresenterà una sfida da affrontare. La soluzione da adottare in questo caso è dunque creare strategie ad hoc regione per regione, sia sul piano del marketing che su quello dei servizi al cliente che su quello della crescita.
3. Gli effetti della crisi economica
Di fronte all’inflazione e all’instabilità macroeconomica il mercato si biforcherà: da un lato il ceto abbiente, che rimarrà probabilmente abbiente, e che continuerà le sue spese più o meno come al solito; dall’altro tutto il resto della popolazione che, si prevede, darà un taglio deciso alle spese di piacere non solo limitando gli acquisti ma anche riversandosi sul mercato secondhand, su outlet e scontistica e dunque abbandonando il mercato primario del lusso. Questa biforcazione porterà la dirigenza della moda a ricalibrare la propria strategia, piazzando investimenti meglio ponderati e soprattutto evitando di diluire l’identità del proprio brand nel tentativo di fidelizzarne la clientela.
4. La continua ascesa della moda fluida
Più la moda diventa genderless più il prodotto, il marketing e il lavoro nel campo del retail fisico andranno ripensati e ottimizzati per riflettere il mescolamento di due settori che in origine erano separati. Allo stesso tempo servirà giostrare l’audience tradizionale dei big spender conservatori con quella giovane e progressista che va sempre più in cerca di prodotti genderless.
5. La mutazione degli abiti formali
Tra riscrittura dei dress code dell’ufficio, diffusione della genderlessness e la prosecuzione delle attività sociali anche l’abbigliamento formale vedrà una forte evoluzione. Sul piano del design, potremmo assistere al sorgere dello statement outfit, caratterizzato non più dal desiderio di omologarsi a uno standard sociale ma al contrario pensato per distinguersi. Sul piano più strettamente commerciale proprio il formalwear potrebbe rappresentare la testa d’ariete con cui verrà espugnato il (finora ermetico) mondo del renting di abiti di lusso.
6. Il ritorno del multimarca
Dopo essersi concentrati su un modello direct-to-consumer che ha escluso alcune terze parti, molti brand dovranno confrontarsi con la crescita dei costi del digital marketing e del mantenimento degli e-commerce. Per farlo, BoF e McKinsey suggeriscono il ritorno alla diversificazione, con un aumento della vendita all’ingrosso e dei multimarca fisici e digitali come partner commerciali.
7. Eliminare il greenwashing
Se tutti i brand che dicono di essere sostenibili lo fossero, il pianeta sarebbe già salvo. Passare dalle parole ai fatti e mostrare gli effetti concreti delle loro politiche, rendendole in certi casi ancora più radicali adottando pratiche come il made-to-order e la piena tracciabilità di tutti i materiali sarà fondamentale tanto per i grandi brand di moda che per il sempre ingannevole fast fashion.
8. L’importanza dell’artigianato
Il ritorno del price-for-value e la difficoltà di dislocare attraverso continenti interi la manifattura dei prodotti costringerà i brand ad affidarsi sempre di più a fabbriche locali o comunque vicine, creando supply chain più corte (e sostenibili) ma anche sfruttando le tecnologie digitali per produrre meno, evitare sprechi e in generale garantire una migliore efficienza oltre che un contenimento dei costi.
9. Creatività e marketing
Le nuove legislazioni sulla gestione dei dati renderanno (per fortuna) più difficile indovinare i gusti dei consumatori nel momento stesso in cui loro li stanno pensando. Per ottenere ritorni sui propri investimenti, dunque, il marketing dovrà diventare più creativo, sia attraverso concept più freschi che attraverso l’esplorazione di nuovi canali espressivi capaci di catturare in maniera significativa l’attenzione.
10. La ristrutturazione dell’organico
Ottimizzare i team dirigenziali, coltivare i talenti e aumentare il push su dipartimenti dedicati alla crescita digitale e alla sostenibilità sarà fondamentale. In generale, per fare fronte alle priorità e alle potenziali emergenze della nuova situazione, ogni azienda deve costruire team di management forti e funzionali capaci di rispondere con agilità e decisione a ogni nuova sfida.