Cosa rende un prodotto virale?
Tra algoritmi e percezione
28 Ottobre 2022
Ballerine Miu Miu, Birkenstock Boston, canotta con logo di Prada, mules Ugg Taz, sneaker adidas Samba, cintura Diesel B-1DR, felpa Patagonia Better sweather, mocassino Gucci 1953 in pelle, borsa mini di Valentino Garavani, occhiali da sole ovali Balenciaga Swift. Cos’hanno in comune questi prodotti? Il fatto che ciascuno di essi ha conquistato una posizione nell'indice Lyst della classifica trimestrale dei marchi e degli item più importanti della moda. A prescindere dal numero di mi piace su Instagram di un articolo o dal numero di editoriali in cui compare un determinato prodotto, la viralità è un concetto in continua evoluzione, spesso strettamento legato alle logiche dei social network, altre volte dettato dal caso, altre ancora dai piani sussurrati negli uffici marketing dei brand. Basti pensare a come si è evoluta negli anni l’accezione del termine “hype”, in passato associato alle ultime release di sneaker, oggi legato a doppio filo a ogni capo streetstyle di Bella Hadid. Ma cosa rende davvero un prodotto virale? Tante cose, una soprattutto: i data.
@olafflee they’re perfect
Per essere più precisi secondo gli esperti una combinazione deliberata di strategia e data: "I data sono il segreto della vita", ha dichiarato Mark A. Cohen a The globe and mail, direttore degli studi sulla vendita al dettaglio presso la Columbia Business School ed ex CEO di Sears Canada. «I brand hanno sempre avuto a disposizione enormi dati di vendita. Ma oggi i commercianti sanno, se non il giorno stesso, il giorno dopo, cosa si vende. Hanno dati empirici quasi in tempo reale su ciò che hanno venduto e dove.» Le aziende monitorano attentamente i dati, sia per seguire l'andamento di una tendenza che prevedono possa decollare, sia per cogliere successi virali inaspettati. Ma i brand di maggior successo non li sfruttano per raddoppiare le vendite - per quanto possa sembrare contro intuitivo - ma piuttosto per tenere sotto controllo il flusso di produzione, in quanto la sfida più grande delle tendenze virali non è quella di farle esplodere, ma di prevedere per quanto tempo rimarranno in auge e quanto si dovrebbe investire per soddisfare la domanda. Ai dati di acquisto si uniscono gli algoritmi predittivi, uno strumento che aiuta i brand ad anticipare ciò che si venderà in futuro e persino quali prodotti stoccare in una determinata posizione geografica e in quale quantità, seguendo una logica simile a quelli degli algoritmi che definiscono il feed apparentemente randomico di Instagram e TikTok. Una strategia metodologica che per brand fast fashion raggiunge ritmi vertiginosi, come nel caso di Zara, che può portare un prodotto dal bozzetto al negozio in 13 settimane, riducendo il tempo di consegna a sole due settimane se necessario. Ma raramente l'azienda ripete esattamente un prodotto. Al contrario, capitalizzerà la tendenza rilasciando nuove varianti di colore, disponibili solo in alcuni mercati in senso strategico.
@rachelnoelleclark they seriously look so good with every outfit #sneakermusthaves #fallsneakers #fallshoetrends #adidassamba origineel geluid - Krista Ros
Quanti dei prodotti che vediamo compulsivamente addosso ai passanti sono frutto di un gusto personale o di un trend passeggero o ancora di un'esigenza particolare legata a un dato momento storico come il loungewear durante il Covid, e quante altre sono invece sono la realizzazione di un pattern che gli esperti hanno visto arrivare da lontano o hanno programmato a tavolino? Probabilmente la risposta è nel mezzo. La nostra stessa percezione è talvolta effimera e parziale, quante volte abbiamo notato lo stesso prodotto in loop sui nostri Per Te credendolo virale, dai beauty alle candele, dalle sneaker all'outwear, e confrontandoci con un amico ci siamo stupiti del fatto che non ne conoscesse neanche l'esistenza? «Non si può parlare di cultura di Internet o di moda senza parlare di senso di appartenenza - afferma Armida Ascano, responsabile degli insight di Trend Hunter - La viralità è il desiderio delle persone di entrare in risonanza non solo con un articolo, ma anche tra di loro. Sappiamo che quando si tratta di queste tendenze di moda virali, non solo hanno attirato l'attenzione, ma hanno anche dato vita a piccole mini-comunità quasi immediatamente.» Siamo arrivati a un alternarsi così frenetico nella viralità dei trend che molti sembrano uscire dalle pareti, auto-prodursi, esaurirsi e ricominciare a intervalli strettissimi. Chiunque ami la moda si sente partecipe di un processo consumistico che si fa di anno e anno più frenetico, sebbene intimamente sempre uguale a sé stesso, e chi ne risente, in fondo, sono le nostre finanze e l'ambiente.