Il lato oscuro del minimalismo
Siamo entrati nell'era del Suora-core?
25 Ottobre 2022
Tagli netti, linee semplici ed austere, una palette di colori che come massimo slancio creativo si concede il grigio: in un tripudio di Y2K e pelle scoperta, una nicchia sempre più ampia di trendsetter ha riscoperto l’oscuro fascino del minimalismo monacale. Al red carpet degli Academy Museum Awards, Julia Roberts è apparsa in passerella con un sorriso radioso, in netto contrasto con il suo seriosissimo look Thom Brown composto da una camicia accollata e uno strascico nero, Diana Silvers ha scelto una silhouette lineare con una banda bianca in vita a spezzare la monotonia del suo abito Prada monocromatico, mentre Tilda Swinton ha optato per il velluto nero di Schiaparelli. Allo stesso tempo The Cut ha recentemente eletto Cate Blanchett nel ruolo di Lydia Tár un esempio di stile da seguire per comunicare potere e successo attraverso un guardaroba invernale da “stronza frigida.” Una tendenza a cui si aggiunge il crescente seguito del minimalismo di lusso, incarnato da brand come The Row e LeMaire, in una serie di capi dai prezzi spropositati e dalla fattura ineccepibile. Forse, siamo ufficialmente entrati nella stagione del suora-core.
Sebbene i cattolici praticanti siano a tutti gli effetti una specie in via d’estinzione, la fascinazione esercitata dalle icone ecclesiastiche sull’immaginario degli stilisti non ha perso la sua forza vitale. L’iconografia cattolica è ovunque, sotto la spinta vitale dell’Y2K nella sua declinazione più gotica e dissacrante: dalle croci di Nicolò Brognano per Blumarine nella SS23 alla sfilata di Mirror Palais ambientata nella navata di una chiesa, passando per i più recenti slogan trinitari firmati Praying. Ma con suora-core si intende quella declinazione del Churchcore legata a doppio filo al minimalismo austero degli Amish, quasi a richiamare, appunto, la divisa indossata dalle ancelle di Cristo - tonaca nera e un soggolo - sorvolando sulla matrice e simbologia religiosa. Un look austero, pudico, discreto, ma allo stesso tempo autoritario e non banale, che richiama la dimensione estetica dell’abbigliamento delle suore ma in chiave laica.
Negli anni ‘30, Cristòbal Balenciaga fu il primo ad attingere dall’immaginario degli ecclesiastici spagnoli per presentare le sue collezioni total black, aprendo la strada ad una branca della moda a cui gli stilisti avrebbero ampiamente e ripetutamente attinto. Dai design di JW Anderson prima della svolta massimalista, quando copricapi e silhouette minimal si mischiavano a dettagli istrionici appena accennati, alla FW di Yohji Yamamamoto nel 2019 in cui cinque donne sono apparse velate di nero, anche in segno di provocazione rispetto al lancio degli Hijab di Nike in Francia, passando per l’iconica semplicità di Narciso Rodriguez. Una femminilità edgy che trasuda potere, incarnata perfettamente da marchi contemporanei come LeMaire, The Row, Khaite NY e da Thom Browne quando abbandona ogni intellettualismo.
La moda post-pandemica aveva riscoperto la bellezza dell’eccesso, della sexyness, delle texture flashy e dei design succinti, ma ad una reazione corrisponde a sua volta una reazione. Dopo una stagione di Fashion Week in cui il sensazionalismo ha regnato supremo e in cui i Fashion Gimmick come l’abito spray di Coperni hanno preso il sopravvento rispetto ai vestiti, un rosa di stilista ha optato per una moda silenziosa, in cui la costruzione degli abiti conta più del colore e dell’hype. Scrivendo modest fashion su TikTok si trovano 1,8 miliardi di visualizzazioni con l’hashtag dedicato, che invece su Instagram conta 4,5 milioni di post. Anche su YouTube sono tantissimi i video che superano abbondantemente il milione di visualizzazioni grazie a content creator modest come Leena Al Ghouti, Maha Gondal, Sahara Yar, Nawal Sari, Leena Snoubar, Saeedah Haque. Un bisogno di semplicità che si traduce nell’esigenza reale per le donne di uscire dalla dicotomia "suora/puttana" sublimando la semplicità nel vestire senza rinunciare all’avanguardia.