Come prepararsi a frequentare una scuola di moda?
Dai concept su cui focalizzarsi ai consigli per affrontare il proprio percorso
26 Settembre 2022
In francese, l’espressione «Les jeux sont faits, rien ne va plus», che in italiano si traduce con «I giochi sono fatti, niente va più», indica quel momento in cui, nel gioco della roulette, la pallina è in movimento e il coupier annuncia che nessuno può tornare indietro. Uno scenario, questo, che riassume perfettamente il modo in cui si sentono a settembre molti ragazzi e ragazze che stanno per iniziare il proprio percorso universitario. E se da un lato chi sceglie di studiare per diventare un medico, un ingegnere o un architetto ha letteralmente un mondo di persone pronte a dargli una pacca sulla spalla e un consiglio d’incoraggiamento, facendo luce sulle fasi che lo condurranno nel mondo del lavoro anno dopo anno, non è così scontato – anzi, è piuttosto raro, che chi sogna di lavorare nella moda trovi facilmente qualcuno che gli riservi lo stesso trattamento. Il motivo è che quello popolato da stylist, designer, buyer, producer, PR ed esperti della comunicazione non è un settore che risponde a delle regole precise, che raramente rivela delle dinamiche comuni (anche) tra addetti che ricoprono le stesse figure, e che, specialmente per quanto riguarda l’istruzione, in Italia non è ancora stato completamente legittimato all’interno della percezione comune.
Come ha raccontato a nss magazine Olivia Spinelli, Coordinatrice e Creative Director IED Moda Milano, «La moda è, per eccellenza, l’ambito in cui tutto il suo potere di seduzione viene affidato all’immagine, senza far trasparire (quasi mai) il grande lavoro che sta dietro ciascuna operazione di ideazione, sviluppo di collezione e del suo conseguente racconto. Le scuole di moda, viste da fuori, possono apparire come un divertimentificio, in cui raccontare sé stessi e dare libero sfogo alla propria creatività; da un lato studenti e studentesse ambiscono ad entrare in questo luogo del mistero, dall’altro le famiglie vedono con sospetto un lavoro che fonda il suo successo su argomenti effimeri e non di prima necessità». Ma chi ha deciso di avventurarsi in un corso di Fashion Styling, Design, Buying, Marketing, PR & Communication o Merchandising senza conoscere nient’altro che le proprie ambizioni – e ora passa i pomeriggi a immaginare come saranno i primi giorni, gli esami e soprattutto le lezioni, deve sapere che gli insegnanti saranno al suo fianco sin dall’inizio: «Diventa fondamentale, come formatori, spendere i primi mesi di permanenza in una scuola di moda a spiegare il dietro le quinte passo per passo, ponendo l’attenzione sul fatto che, una storia su IG o un post, fatti con estrema velocità, e con una leggerezza di fondo, hanno alle spalle un pensiero progettuale e spesso molte ore di lavoro», ha continuato Olivia Spinelli, «Se diventa chiaro a tutti e a tutte che le regole del gioco comportano impegno, passione e dedizione, si può accedere al “secondo atto” e vivere questo percorso con piacere e grande soddisfazione». Se i docenti avranno delle aspettative, avranno lo scopo di veder crescere, a suo modo, ogni studente e studentessa: «La cosa che ci auguriamo, e che ci aspettiamo di vedere, ogni volta che ci troviamo di fronte ad un nuovo studente o studentessa, è il cambiamento». Intanto, il consiglio è di «Non avere paura, essere curiosi, non accontentarsi mai...e fare tutto con il sorriso sulle labbra».
Il timore – di non soddisfare le proprie aspettative, di deludere le proprie famiglie, di non integrarsi nell’ambiente o di non aver preso la giusta decisione – è un sentimento naturale, e, nelle scuole come nelle redazioni, nelle aziende o nelle agenzie, può capitare di cambiare direzione tanto quanto di lanciarsi in un’altra professione. L’importante, però, è imparare sin dagli anni di studio a mettersi in gioco, come dimostra la storia di Carlotta Orlando, Fondatrice e Creative Director di Giglio Tigrato – la cui carriera universitaria al Politecnico di Milano è cominciata con una svista per poi rivelarsi una grande opportunità. «Ho sbagliato le preferenze di corso e dopo il test sono stata presa alla facoltà di Design della Moda», ha raccontato Carlotta, «Un dramma, per me che di moda all’epoca non volvevo sapere nulla e invece speravo di lanciarmi nel [mondo del] design di interni o della comunicazione. In poco tempo quello che mi era sembrato un tragico errore di svista si è trasformato in una grande opportunità e [la moda] è diventata una passione. Esattamente in tre anni ho finito la triennale, laureandomi con 110». Oggi Carlotta è a capo di un progetto interamente incentrato sui valori di sostenibilità e up-cycling che ha (già) lasciato il segno e, passo dopo passo, sta conquistando Milano: «A due anni dalla mia laurea e con tra le mani un brand come Giglio Tigrato, mi metto in gioco ogni giorno, imparo, cado, mi rialzo. Se dovessi dare un consiglio ai ragazzi e alle ragazze che stanno per iniziare una scuola di moda gli direi sicuramente di “buttarsi” sempre, nelle cose, senza paura e senza limitarsi ad assimilare unicamente quello che gli verrà insegnato [in classe], perché non basta; non basta mai».
Di essere instancabilmente curiosi e di non avere paura parla anche Isabella Terlizzi, neodiplomata in Fashion Business & Buying presso l’Istituto Marangoni di Milano e fin dal diploma assunta come Junior Assistant Retail Buyer da Etro. «Penso che essere curiosi, aver fame di conoscere il settore [della moda], sia il motore che può portare un futuro studente ad amare ancora di più questo mondo», ha dichiarato, assicurando che tale approccio – nel cercare, informarsi, studiare, arrivando poi a sviluppare un pensiero critico rispetto a un argomento specifico, ampliando costantemente il proprio bagaglio conoscitivo, «Torna sempre utile nello sviluppo di concept e progetti durante gli anni di studio». Pensando proprio a quello che ha imparato durante il percorso scolastico e che, sin da subito, si è rivelato utile nel suo primo lavoro da diplomata, ha raccontato di aver sempre cercato di adottare un comportamento più professionale possibile, basandosi su una meticolosa organizzazione del lavoro: «Creare un ambiente di lavoro organizzato, scandito nei tempi, mi ha davvero aiutato in numerose occasioni durante gli anni di studio. Spesso non si pensa alla quantità di lavoro che sta dietro ad ogni singolo progetto [scolastico], per questo l’organizzazione diventa vitale – altrimenti le “nottate” sono assicurate! E questa stessa impostazione del lavoro mi sta aiutando anche adesso, in un contesto aziendale». «Inoltre», ha aggiunto, «un’altra cosa che mi porto dentro è la convinzione di dover restare se stessi, be true to yourself. Penso che, per quanto possa sembrare scontato, riuscire ad essere se stessi sia davvero difficile in un ambiente come quello della moda, dove si è circondati da persone carismatiche in grado di influenzare notevolmente chi le circonda. Sviluppare le proprie peculiarità [ci] rende unici, riesce a far spiccare i singoli in un gruppo; e solo personalità con sfaccettature differenti sono in grado di apportare [a un team, a un progetto] il proprio punto di forza». Che il conto alla rovescia abbia inizio.