Chi viene invitato alle sfilate?
L’inclusività non è un prerequisito di accesso
08 Settembre 2022
Le fashion week sono ormai dietro l'angolo e, show dopo show, casting dopo casting, la domanda rimane sempre la stessa: chi viene invitato alle sfilate di moda? Se Diesel ha deciso di aprire le porte del suo show ai fortunati che sono riusciti ad accaparrarsi i biglietti il primo settembre, c’è da dire che la maggior parte dei brand tende a mantenere una posizione sicuramente più esclusiva. L’invito a una sfilata, tendenzialmente, conserva quell’elitismo che tocca da vicino i meccanismi alla base del mondo della moda.
La maggior parte degli inviti riguarda, neanche a dirlo, gli addetti ai lavori: editor, giornalisti, columnist, stylist, fotografi e casting director sono tra i primi a essere coinvolti da eventi organizzati dai brand. Sono queste figure professionali, in effetti, a generare la maggior parte del valore intorno all’heritage e alla comunicazione di un brand. Anche se, a dirla tutta, la digitalizzazione ha sicuramente smussato - parlare di rivoluzione sarebbe forse eccessivo - questo modus operandi. Sempre più content creator - il discorso meriterebbe un suo approfondimento con l’obiettivo di tracciare l'evoluzione intergenerazionale correlata al passaggio dai fashion blogger ai content creator - sono riusciti a ottenere, nel tempo, l’esclusivo accesso alle sfilate di moda, guadagnandosi l’attenzione dei brand e siglando una partnership in grado di portare ulteriore valore alla community di riferimento. Il 2013 è probabilmente uno degli anni chiave nella risoluzione delle tensioni venutesi a creare fra nuove e vecchie generazioni: la giornalista e critica di moda Suzy Menkes scrive sul New York Times l’epitaffio dello storytelling tradizionale diffuso dal mondo dell’editoria e dei giornali per fare fronte a una nutrita schiera di blogger accorpati nientemeno che su una metafora improntata sull’idea di circo.
@brendahashtag with fashion month approaching, here’s a list of people who usually attend a #fashionshow Lo-fi hip hop - NAO-K
Eppure, ad oggi, la situazione è profondamente mutata e i brand non possono fare a meno di coinvolgere attivamente volti più o meno noti che siano all’altezza di attirare nuove nicchie o dare le giuste conferme alla community già consolidata. Senza considerare l’apporto conclamato da parte delle note celebrities: la relazione esistente tra brand, VIP e celebrities stylist è ancora nella condizione di spostare intere conversazioni e trend topic dalla gossip culture agli abiti portati in scena. Da qui la presenza alle sfilate di una figura professionale addetta alle previsione e interpretazione delle tendenze così da poter pianificare gli allestimenti in negozio: i buyer. Altro tassello da aggiungere è quello dei clienti più esclusivi, con un potere di acquisto che detiene soltanto l'1% della popolazione mondiale rappresentata dai VIC. Non manca, infine, una parte più istituzionale fatta di una classe di politici addetti alla cultura o direttori di accademie di moda come nella sfilata haute couture di Valentino a Roma, dove l’accesso è stato esteso persino a un numero limitato di studenti. Assodata dunque la centralità dell’inclusività a livello di comunicazione e d’immagine, l’invito a un fashion show rimane ancora legato ai meccanismi elitari di un mondo che non vuole (e non può) rinunciare all’idea di esclusività.