C’è ancora spazio per la moda a Roma?
Dalla Couture di Valentino all'ultima edizione di Altaroma
15 Luglio 2022
Spazio vuol dire espandersi (o restringersi) a dismisura all’interno di un tempo più o meno definito e in luoghi, i cui legami, risultano imprescindibili per comprendere la moda. «23 anni in un giorno, piazza di Spagna, Roma, il posto dove non esiste un limite temporale perché qui esiste tutto e tutto insieme» ha scritto Pier Paolo Piccioli in riferimento alla sfilata Haute Couture 2022, The Beginning. Dopo anni di assenza, Valentino è tornato a sfilare proprio dove la maison è stata partorita nel 1959 dal genio creativo di Valentino Garavani e dall’expertise manageriale di Giancarlo Giammetti, a Roma, la città i cui ritmi così lenti e distesi sembrano fare a pugni con l’insaziabilità tipica del mondo della moda. Eppure, fino a qualche anno fa le cose non stavano esattamente così. Andando indietro nel 1949 (l’anno passato alla storia come mirabilis), c’erano le sorelle Fontana che disegnavano gli abiti per Linda Christian e si vociferava di una Hollywood sul Tevere, di una moda italiana che era riuscita ad attirare una schiera di celebrities da tutto il mondo sganciandosi dagli stilemi della moda francese.
Audrey Hepburn, Ava Gardner, Ingrid Bergman, tutte furono conquistate dalle gonne a ruota e dagli abiti impero firmati Gattinoni, l’atelier fondato a Roma nel 1946 da Fernanda Gattinoni. Roberto Capucci, d’altro canto, apparteneva a una generazione di sarti architetti che, con il suo atelier in via Sistina e i suoi abiti-scatola geometrici in fibre sintetiche, era riuscito a creare un’estetica in antitesi al new look di Dior. Senza dimenticare il fatto che, già negli anni ’20, esisteva Fendi e si occupava principalmente della produzione di pelletteria. E, cosa ancora più sorprendente, i gioielli Bulgari serpeggiavano fin dal 1884 aprendo una vera e propria pagina di riscrittura delle regole della gioielleria mondiale. Verso la metà degli anni Sessanta da Firenze, la città in cui la prima sfilata fu organizzata dal Conte Giovanni Battisti Giorgini nel 1951, le case di alta moda trasferirono le presentazioni nei propri atelier a Roma. Nel frattempo, a Milano, prendeva piede un fenomeno che avrebbe cambiato per sempre lo scenario della moda italiana, quello del prêt-à-porter. L’Italia, di fatto, aveva due capitali: Roma per l’alta moda e Milano per il prêt-à-porter.
Con il crescente successo di quest’ultimo, la maggior parte delle aziende ha abbandonato l’alta moda per i costi troppo alti e si è dedicata alla grande industria, trasferendo le sfilate a Milano. Roma rimase con i pochi marchi che continuarono a occuparsi di alta moda, intenti per lo più a soddisfare le richieste di signore ricche, mogli di politici e donne dello spettacolo. Su tutti, spiccavano i nomi di Gattinoni, Gai Mattiolo, Roccobarocco, Lorenzo Riva, Raffaella Curriel. Ma ancora oggi, in realtà, Roma conserva la sua identità mista di haute couture e micro-realtà artigianali. Basti pensare ad alcuni dei designer più stimati del momento: Alessandro Michele ha rilanciato Gucci attraverso un continuo e ossessivo restauro archeologico dei luoghi e del passato di Roma. «Amo Roma per il suo essere creatura ibrida, plurale, non contenibile in alcuna etichetta. Le sono riconoscente perché soffre di uno straordinario disturbo dissociativo dell’identità. Perché il suo caos creativo è nutrimento indispensabile per il mio lavoro», aveva dichiarato a Repubblica. Così come Silvia Venturini Fendi - nel 2016, in occasione dei 90 anni dell’azienda, ha finanziato il restauro della Fontana di Trevi - e Pier Paolo Piccioli si sono spesi nella rielaborazione personale del fascino di Roma, anche attraverso il contributo alla restaurazione del suo immenso patrimonio estetico. Recentemente la campagna di Bulgari Unexpected Wonders ha esplorato nuovamente l’impatto della scena monumentale romana, affidato alla recitazione di Zendaya e Anne Hathaway e alla direzione di Paolo Sorrentino.
Roma rimane però sempre sullo sfondo, succube di una narrazione che non riesce a scucirla dai fasti di una mitologia concentrata sull’esaltazione di un passato ormai tramontato. Se da una parte contesti come Altaroma - nato come evento storico e passato, nel 2002, a organizzazione impegnata nella promozione e nello scouting di talenti emergenti coinvolgendo l’agenzia ICE, la Regione Lazio, la Camera di Commercio Roma e Vogue Italia - lavorano sul colmare un gap interno alla città stessa, dall’altra manca una compagine editoriale fatta di giornalismo, agenzie creative e comunicazione in senso stretto che sappia esaltare il potenziale di Roma. Fatica ad aprirsi, in altre parole, un dialogo che sia in grado di inglobare un discorso ad ampio spettro sulla moda. Al di là di quella che è stata l’esposizione mediatica del periodo Donna sotto le stelle (1986-2003), Roma non è riuscita a rispondere in maniera efficace alle evoluzioni interne al sistema moda - internazionalizzazione e delocalizzazione delle produzioni le cause principali - perdendo di fatto la sua voce nel panorama dell’alta moda. La sfilata Couture 2022 di Valentino ha riacceso una forma di entusiasmo generale a Roma, restituendo un immaginario legato alla moda e contribuendo al finanziamento del restauro dei mosaici delle Terme di Caracalla. Anche quest’ultima edizione di Altaroma sembra aver subito un rimodellamento nel layout organizzativo.
Per la selezione degli undici finalisti della diciottesima edizione di "Who is On Next?", è stata coinvolta una giuria interdisciplinare composta da esperti del settore come Susanna Ausoni (Fashion Stylist), Carlo Capasa (Presidente Camera Nazionale della Moda Italiana), Simonetta Gianfelici (Fashion Consultant & Talent Scout Head of Project Who is on next? Altaroma), Alessandro Michele (Direttore Creativo di Gucci), Sara Sozzani Maino (Head of Special Projects Vogue Italia and International Brand Ambassador CNMI e Silvia Venturini Fendi (Artistic Director of Accessories and Menswear Fendi, Presidente Altaroma). La sfilata per la premiazione dei vincitori del progetto è avvenuta sul Campidoglio, lanciando sicuramente il segnale di una ripresa della moda a Roma. Il punto è capire quanto la città sia disposta a impegnarsi in un progetto a lungo termine in grado di ridisegnare una mappa che sappia mettere da parte le immagini memorabili del passato per indicare un nuovo percorso creativo, facendo uscire Roma dal suo ruolo di semplice cartoline e dandole, come minimo, una parte da co-protagonista nella cartina della moda in Italia.