Come il glam rock ha influenzato la moda genderless dei cantanti di oggi
Tra libertà e proibizionismo
12 Luglio 2022
«Come si vestono le donne, come si vestono gli uomini… Non è ciò che mi interessa». Harry Styles finge di non saperlo, ma la seduzione ce l’ha nel sangue. Il suo asso nella manica, contrariamente a quanto si possa pensare, non è la sua musica, ma il look che il cantante ha creato insieme al proprio stylist Harry Lambert: estremamente sexy, ma paradossalmente incurante della sessualità. Proprio come Timothée Chalamet, Billie Eilish e Yungblud, i giovanissimi del jet set ci insegnano che oggi l’identità di genere può diventare qualcosa di fluido ma soprattutto libero dai tradizionali stereotipi su cosa gli uomini e le donne possono o meno indossare. E con il sesso, dopotutto, ci si può giocare: uno dei modi più accattivanti per farlo è proprio attraverso gli abiti. Con la sua rivoluzione stilistica Harry Styles, da qualche anno ha portato in scena una tendenza genderfluid ultra-sofisticata, chic e provocante, ispirando a ruota libera infiniti artisti e celebrities, da Jack Dylan Grazer ai Måneskin. Poliedrico e avanguardista, Harry ha dimostrato di essere l’uomo giusto al momento giusto. Ma il suo modo di vestire ricercato ha delle radici ben fondate all’interno del panorama musicale britannico: l’ex One Direction, infatti, è il re e la reginetta del ballo di fine anno, in un college in cui si suona solo glam rock.
Negli anni ’70 il glam rock è piombato nel Regno Unito con la presunzione di unire due universi esteticamente opposti, ma entrambi feroci e provocatori: il rock, che dopo un decennio di estetica patinata iniziava ad evocare influenze selvagge, e il glamour delle dive del cinema, fatto di piume, tacchi vertiginosi, glitter e make-up. Le icone della musica glam si presentavano al pubblico come delle rockstar pavoneggianti, adornate di boa e abiti succinti, facendo dell’anarchia sessuale il loro leitmotiv scenografico. David Bowie, con le sue catsuit in technicolor alternate ai power look, il taglio di capelli asimmetrico e gli stivali con le platform da marziano, è stato il perfetto ensemble di una tendenza febbrile che ha dato voce ad intere generazioni di ribelli, uomini e donne, che ne hanno fatto il loro punto di riferimento fashion. E se la musica di Harry Styles è ben lontana dalla spudoratezza del rock anni ‘70 e '80, molti dei suoi look da poster in cameretta sono liberamente ispirati a quelli del Duca Bianco, dalle maxi cravatte ai pantaloni a vita alta con bottoni laccati e bretelle. D’altronde, non si può negare, nella storia della moda c’è un prima e un dopo David Bowie: i suoi completi appariscenti ed il suo atteggiamento ambiguo sono stati la solida base su cui si è costruita la moda fluida del nostro secolo.
In molti, però, non sanno che in principio è stato Marc Bolan, ex modello e frontman dei T.Rex, a gettare le basi dell’immaginario glam-glitter e ad influenzare l’amico Ziggy Stardust durante le sue performance. Ispirato dalla psichedelia di Syd Barrett e dai draghi di Tolkien, Marc Bolan era il dandy della nuova musica rock che, oltraggioso ed eccentrico, vantava di una presenza scenica senza precedenti selezionando con cura i suoi outfit fatti di giacche leopardate, profonde scollature e stravaganti cappelli a cilindro. La sua attitudine gender-bender e le sue orme stilistiche sono stati d’ispirazione per moltissimi artisti, da Gary Glitter ai New York Dolls, fino al Baronetto del rock Elton John, con i suoi costumi faraonici e gli immancabili, preziosissimi occhiali da sole. Ma l’apice della trasgressione è stato raggiunto con il grido di Freddie Mercury, il frontman più carismatico della storia della musica, icona glam e queer senza tempo. Con i suoi look trasformisti che migravano dalla canotta bianca e i jeans fino ai body e alle mantelle avvolgenti, la rockstar inglese rivendicava la sua libertà sessuale attraverso un abbigliamento sfacciato e disinvolto.
Da quel momento in poi, è stato come se i toni dell’estetica genderfluid, dopo aver manifestato la loro massima espressione, si fossero automaticamente abbassati, fino ad una progressiva normalizzazione. Dopotutto ogni rivoluzione necessita di un iniziale elemento di rottura, ma per compiersi deve sapersi inserire concretamente nel mainstream. E senza le icone sovversive dello scorso secolo, attualmente non potremmo godere, oltre allo stile impeccabile di Harry Styles, anche delle infinite sfaccettature della moda, dell’arte e della musica, da cui senza rendercene conto attingiamo ogni giorno. Certo, la libertà di genere non è stata ottenuta con una guerra di boa e paillettes, ma a noi oggi piace omaggiarla anche così, celebrandola attraverso i suoi trionfi di moda.