Eastpak sta diventando un brand di moda avant-garde?
Come un semplice zainetto è diventato la tela della moda più cerebrale
04 Maggio 2022
Nel mondo della moda di oggi sarebbe riduttivo parlare di una “pioggia di collaborazioni” - la parola più giusta sarebbe “diluvio”. Nel mezzo della febbre collaborativa che da ormai sei o sette anni ha travolto il settore dell’apparel, però, c’è un brand che ha trasformato il modello della collaborazione nella piattaforma di espressione di una moda avant-garde, cerebrale e spesso anche surreale. Il brand in questione è Eastpak, l’apparentemente umile creatore degli zaini e delle borse in nylon/poliestere più diffusi del mondo, che negli ultimi anni ha accumulato un numero sempre più alto di collaborazioni sperimentali – cosa non scontata considerato come molti altri brand, nel firmare collaborazioni, si adagiano sugli allori lavorando al massimo su co-branding e grafiche. Così non è per Eastpak, che solo ieri ha presentato la sua seconda collaborazione con MM6 Maison Margiela che ha tutti i tratti del surrealismo puro: da uno zaino che sembra essersi sciolto come un orologio di Dalì alla valigia ricoperta di pelliccia fino allo zaino iper-sottile su cui è stampata l’immagine del classico modello Eastpak. A dicembre invece era uscita la collaborazione più estrema di tutte, quella con Jun Takahashi per la FW21 di Undercover, che vedeva gli zaini trasformarsi in cappotti sperimentali fatti dello stesso nylon/poliestere da cui emergevano gli scomparti degli zaini a dimensioni naturali.
Tra oggi e dicembre c’è stato spazio per altre collaborazioni, molto meno radicali di quelle che abbiamo appena elencato: la più famosa è con Telfar, che traduceva le forme delle borse del brand nei materiali di Eastpak; ma anche quella con A-COLD-WALL* e con ADER Error. Nello scorso autunno invece ce ne sono state con PLEASURES, con Aries, con Samsøe Samsøe mentre risalgono al 2020 quelle con Vivienne Westwood e con Raf Simons. La più famosa di tutte è probabilmente quella con Simons, rinnovatasi per molte stagioni, con esiti abbastanza alterni, ma in passato le collabo più sperimentali del brand hanno toccato i lavori di Christopher Raeburn, di Walter Van Beirendonck, di Demna Gvasalia nella sua era di Vetements e, nel 2016, andando a collaborare con un brand OG di denim giapponese abbastanza di nicchia di nome Kuroki. È chiaro da questa sbrigativa lista che non tutte queste collaborazioni meriterebbero l’appellativo di avant-garde – ma si potrebbe certamente parlare, dopo la prima collabo “ufficiale” del 2003 con Hendrick Schiffmacher, di un crescendo iniziato, tra 2008 e 2009, con le prime collaborazioni con Raf Simons e Rick Owens DRKSHDW e poi diventato sempre più inteso e differenziato, attraversando un gran numero di brand più o meno famosi e più o meno lussuosi, giungendo al culmine delle collaborazioni con Undercover e MM6 Maison Margiela che vediamo oggi.
Simili a Eastpak sono anche brand come Converse, Dr. Martens o Birkenstock, che partendo da un prodotto-base altamente riconoscibile, democratico e relativamente “semplice”, hanno finito per collaborare con designer di spicco sempre maggiore. Il punto, però, è che quando si tratta dei tre footwear brand che abbiamo appena citato il prodotto finale non è una distorsione completa di quello iniziale, mentre nelle recenti collaborazioni il classico zainetto Eastpak presente in tutti i licei d’Italia, con i suoi elementi di design, le sue forme e i suoi materiali, è diventato un campo di sperimentazione totale. Chiaramente l’offerta è bilanciata, e dunque queste collaborazioni più avant-garde coesistono con prodotti collaborativi meno estremi, non di meno è notevole come il brand offra una versione del proprio celebre zaino a tutte le fasce di clientela pensabili – dall’amante dell’avant-garde a quello dello streetwear fino allo studente liceale.
È chiaro che questo tipo di brand policy è il frutto di una vision strategica dagli orizzonti molto aperti – e in fondo nello stesso sito del brand a dire che «le collaborazioni sono parte del nostro DNA». Eppure nessuna di queste molte collaborazioni sembra essere forzata, cosa non comune nel settore dell'apparel dove spesso un'ingordigia di profitti spinge i brand verso partnership sempre più bizzarre e sconclusionate. Nel caso di Eastpak invece il singolo prodotto è abbastanza semplice da assorbire come una spugna le estetiche di tutti i brand con cui entra in contatto. E secondo i documenti ufficiali del brand la spinta collaborativa di Eastpak è iniziata dalla sua fondazione nel 1952, quando il brand iniziò a produrre borse e zaini di tela per l’esercito americano. Ma è proprio questo tipo di apertura alle collaborazioni che ha decretato il successo di Eastpak, rendendone i prodotti omni-pervasivi nella fashion culture oltre che credibili anche per una clientela luxury. Il fascino di Eastpak è quello di un archetipo – un archetipo che può reggere a molti update e variazioni senza perdere la sua aura di leggenda.