Quando il collezionismo di carte ha inventato gli NFT
Un modello nato negli anni ’90, tra nuovi mercati e preoccupazioni ambientali
25 Febbraio 2022
Per tutti gli anni ’90 e nei primi anni 2000, collezionare e scambiarsi carte era il passatempo preferito di un numero enorme di Millennial, catturati dai protagonisti di questo fenomeno pop come Magic: The Gathering e Pokémon. Già nei primi anni 2000 le riviste di settore e le fumetterie locali alimentavano i circuiti di scambi e di collezionismo delle carte Magic più rare - collezionismo che ora, con l'era digitale, è diventato più animato che mai. Lo stesso è avvenuto nel campo del collezionismo di carte Pokèmon, trasformatosi in un giro di affari talmente grande da attirare persino scammers come quelli che hanno venduto a Logan Paul 3,5 milioni di dollari in carte false. , come dichiarato dal CEO Brian Goldner lo scorso aprile. Lo sviluppo, a dire il vero, stava avvenendo già da sè: due settimane fa Wizards of the Coast, proprietaria del gioco, ha inviato una lettera di cease-and-desist nei confronti della community @mtgDAO che voleva utilizzare le carte Magic preesistenti per creare un proprio ecosistema di NFT, non diversamente da come Mason Rothschild è stato colpito da un cease-and-desist di Hermès dopo aver messo in vendita le sue MetaBirkin.
Il rapporto tra Magic: The Gathering e NFT corre però lontano nel tempo. Ai tempi di 4Chan, uno dei primi meme OG, Pepe the Frog, divenne il protagonista di un joke metaironico: gli user online prendevano la foto stock del personaggio, la modificavano inserendola in un nuovo contesto e la chiamavano Rare Pepe. Il gioco andò così avanti che nel 2018, lo sviluppatore Joe Looney fondò Rare Pepe Wallet, il primo marketplace online dedicato a un meme e basato sulla blockchain. Il suo unico antecedente è il gioco online Spells of Genesis, che usava il blockchain per fare scambiare carte digitali ai propri utenti. Le immagini di Pepe The Frog venivano comprate e scambiate esattamente come delle carte da collezione (alcune avevano lo stesso format delle carte di Magic: The Gathering), autenticate tramite il blockchain e vendute anche a prezzi esorbitanti: il record fu rotto per la prima volta nel 2018 quando al Rare Art Digital Festival un Pepe the Frog con l’aspetto di Homer Simpson venne venduto a 38.500$. In seguito, l’acquirente, Peter Kell, lo rivendette come NFT lo scorso marzo a 321.440$. Con Rare Pepe Wallett si può forse parlare del primo vero marketplace di meme online – uno spazio dedicato a una cerchia ristretti di appassionati e collezionisti ma che dimostra al di là di ogni dubbio come la tecnologia blockchain, applicata per la prima volta all’arte nel 2014 (il timestamp di Quantum, primo NFT mai creato recita “05-03-2014 09:27:34”), si stesse sviluppando.
Oggi, al posto di Pepe the Frog, c’è il possibilmente problematico Bored Ape Yacht Club – il quale ha però lo stesso identico meccanismo del Rare Pepe Wallet che, a sua volta, imitava perfino nell’assetto grafico Magic: The Gathering. Nel mondo delle carte collezionabili, in effetti, una realtà che unisce storia fantasy, carte da collezione e NFT esiste già e si chiama Cross the Ages – una sorta di multiverso gaming che sta guadagnando una trazione enorme, con una partnership già stretta con The Sandbox prima del launch, 192.000 follower su Instagram, e l’uscita di un romanzo (anche questo un format mutuato da Magic: The Gathering). Sia Wizards of the Coast che Nintendo, nel caso delle carte Pokèmon, hanno espresso un cauto interesse nel campo degli NFT che il CEO di Hasbro ha definito come «una reale opportunità» considerato come Hasbro, oltre a Magic, possieda anche franchise come Transformers o G.I. Joe. È chiaro che la decisione di portare un mondo insieme così lontano e così vicino agli NFT abbia preoccupato la fan base dei collezionisti di carte, alcuni dei quali hanno passato gli ultimi vent’anni a costruire collezioni dall’alto valore e che non vogliono vedere i propri territori invasi dai crypto-bros. Preoccupazione che però si scontra con l’enorme valore di mercato raggiunto dalle versioni digitali di Magic: secondo l’analista Milton Griepp a febbraio dell’anno scorso metà dell’utile operativo del segmento Digital Gaming di Wizard of the Coast ammontava a 420,4 milioni di dollari – il 46% di quello di tutta la compagnia.
È chiaro che espandere questo segmento nel mercato degli NFT potrebbe far crescere questo numero già altissimo, eppure, al di là delle rimostranze della community originale del gioco e della brand equity, cosa di poco conto dal punto vista più corporate della vicenda, la più seria preoccupazione sollevata across the board dalla comunità di fan del gioco riguarda, stranamente, la sostenibilità. Joshua Nelson di Bleeding Cool ha posto la questione nella maniera più chiara possibile:
«Chiunque conosca gli NFT sa che la cripto-arte è pessima [..] per l'ambiente. Ma la cosa da considerare è che Magic: The Gathering è anche piuttosto dannoso per l'ambiente nel suo complesso. Ogni anno, Wizards of the Coast stampa quattro set premier e tutti i tipi di prodotti supplementari. […] C'è stata anche un'iniziativa da parte di Wizards per adottare pratiche sostenibili, quindi se Hasbro vuole questo per il gioco, a qualcosa dovrà rinunciare. Saranno le carte Magic o l'opportunità NFT? […] Se gli NFT hanno un impatto minore sull'ambiente rispetto all’uso della carta, forse dovrebbero concentrarsi solo su Arena e rinunciare del tutto alla stampa di carte. Ma se la carta Magic è meno impattante, dovrebbero allontanarsi completamente dalla creazione di qualunque NFT».
Alla questione si applica anche il dilemma dell’accessibilità che vede l’opinione dei fan divisa: il modello proposto di @mgtDAO si basava su «un formato in cui si possono giocare solo le carte di cui si ha l'NFT - un'idea idiota dato che solo i giocatori più ricchi potrebbero giocare con carte che sarebbero del tutto comuni in altri formati», come scrive Joe Parlock di The Gamer secondo cui l’introduzione degli NFT nel gioco potrebbe rappresentarne la fine. Secondo altri invece è tutto il contrario: con piattaforme come Coinbase o Collectable che permettono di gestire compravendita e conservazione delle collezioni, ma anche di comprare singole quote di una certa carta, gli NFT sono iper-accessibili in quanto consentono a chiunque di partecipare al collezionismo a prescindere dalla sua posizione geografica. Portare nuove generazioni e comunità nel collezionismo creerebbe più domanda e dunque aumenterebbe il valore complessivo del mercato, ma soprattutto ciascuna vendita di NFT si tradurrebbe in un guadagno per l’artista originale dato che gli NFT funzionano come le royalties. Quanto al gioco, tutto si sposterebbe sul piano digitale, in modo non troppo diverso da com'è ora. In definitiva, dunque, il conflitto di questa storia risiede nei suoi valori: bisogna preservare i valori originari del gioco e la sua community fondamentalmente democratica e aperta oppure lasciare che gli interessi corporate portino la loro proprietà intellettuale verso un percorso che potrebbe snaturarla?