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Come TikTok ha trasformato il thrifting in un modello di business

Sempre più creator passano allo step successivo, vendere

Come TikTok ha trasformato il thrifting in un modello di business Sempre più creator passano allo step successivo, vendere

Se anche voi passate ore intere a scollare nella vostra sezione “Per Te” di TikTok vi sarà capitato almeno una volta di imbattervi nei video di qualche adolescente americano impegnato in una sessione di thrifting. Goodwill e Plato's Closet sono solo due dei nomi che la Gen Z statunitense ha eletto a salvatori della moda sostenibile, luoghi di culto in cui passare almeno un giorno a settimana alla ricerca del pezzo capace di dare un senso alla spedizione. Se in alcuni casi il thrifting può trasformarsi in un’ossessione, in altri diventa una forma di business capace di uscire dal mondo digitale di TikTok e approdare in quello reale, nel Lower East Side di New York. È il caso di Rogue, vintage store aperto dall’influencer Emma Rogue e nato dall’omonimo account aperto quattro anni fa su Depop. «Riuniamo la gioventù newyorchese interessata a esplorare il proprio stile e che vuole fare shopping nel posto giusto» ha dichiarato Emma Rogue a BoF in quella che potrebbe essere riassunta come la dichiarazione di intenti di un nuovo modello di business capace di trasformare TikTok influencer in piccoli imprenditori.

Se come detto in precedenza uno dei punti di forza dell’app è la spontaneità, il contatto quasi diretto con il proprio pubblico, l’esempio di Rogue, così come di Matt Choom con Bowery Showroom, racconta la capacità di trasformare i il proprio pubblico nei propri clienti. Se con Grailed o Vestiaire Collective compriamo da anonimi venditori sparsi negli angoli del mondo, con business model come Rogue abbiamo la sensazione di comprare da qualcuno che già conosciamo e, in qualche caso, ammiriamo. Oltre a sentirci rassicurati dall’idea di dare i nostri soldi a una persona di cui ci fidiamo, in casi del genere entra in gioco anche la voglia di emulazione, di seguire l’esempio di qualcuno che ammiriamo e con cui pensiamo di avere stretto un legame di qualche tipo. Anche per questo motivo in questi casi il termine da usare è “curated by”, ossia l’idea di una selezione di item scelti da una figura che a nostro avviso può avere un gusto simile al nostro.

Non è un caso quindi se all’interno di Rogue e Funny Pretty Nice, lo store aperto da Natalia Spotts, non trovano spazio solamente pezzi vintage, ma anche brand indipendenti se non addirittura quelli dei rispettivi proprietari rendendo così gli store unici, diversi dalla moltitudine di vintage che popolano gli Stati Uniti. Strategia di differenziazione, ma soprattutto di aggressione verso la Gen Z, indiziata numero uno nell’identikit dell’acquirente modello. Possibilità d’acquisto limitata, ma soprattutto un’età anagrafica più bassa dei colleghi Millennial e per questo può portata alla fascinazione verso revival, come quello Y2K, che per qualcuno suonano solamente come una minestra riscaldata di brand e look invecchiati male.