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La nuova era degli inviti di moda
Dai windbreaker di Kanye West fino al pigiama di Prada
22 Gennaio 2022
La parte migliore del partecipare a una sfilata è ricevere l’invito. I brand tengono molto alla loro community di buyer, di influencer e di giornalisti e inviare loro un invito per iscritto non è soltanto un vezzo un po’ old school, ma diventa anche un simbolo aspirazionale, che testimonia il prestigio di chi lo riceve. La trasformazione del classico invito di carta in merch in edizione limitata o oggetto artistico, dunque, è diventata una delle parti più interessanti e trascurate della cultura della moda – specialmente perché non tutti gli inviti stagionali vengono sempre documentati attraverso i canali istituzionali dei brand. Eppure la tradizione degli inviti creativi ha raggiunto incredibile trazione negli ultimi anni.
Se Kanye aveva popolarizzato il format con gli inviti creativi inviando un anorak per la presentazione della Season 1 di Yeezy, fu Virgil Abloh a trasformare l’invito creativo in un’arte durante la sua tenure da Louis Vuitton, iniziando a mandare orologi da parete o aeroplani montabili in legno mentre, al di qua delle Alpi, fu Alessandro Michele a darsi alla pazza gioia con gli inviti di Gucci, inviando libri d’antiquariato, maschere di gesso, frutta fresca e, per l’ultimo show Love Parade, un rossetto del brand insieme a un invito scritto su un tovagliolo. La tradizione si è poi sparsa a macchia d’olio: da Fendi che è diventata virale con i suoi inviti sotto forma di pacco di pasta Rummo a Burberry che invia un cuscino per lo show SS21, passando per Jacquemus che, nella sua solita vena provenzale, inviò del pane per lo show FW19 e un flacone di crema solare per la SS20 e arrivando a Prada, che questa stagione ha inviato un pigiama agli invitati, fino a Dolce & Gabbana, che per il loro ultimo show hanno prodotto un artwork numerato, al designer indie Federico Cina che, per il suo show FW22, ha spedito agli invitati un biglietto vecchio stile e un vinile 45 giri con musica d’epoca.
Tutti questi oggetti hanno in comune il fatto di essere collezionabili ma soprattutto utilizzabili. Dai casi estremi dei prodotti commestibili, come le verdure di Gucci, il pane di Jacquemus o i cantucci toscani di Salvatore Ferragamo; fino ai prodotti indossabili e commemorativi e al merch brandizzato in edizione limitatissima (rimane un cult assoluto il pettine di metallo a forma di coltello a serramanico mandato da Celine per lo show SS22 ma anche pezzi storici come la tazzina da caffè che diventa una collana inviata da Maison Margiela nel 2006 per il Pitti e la Kelly trasparente di Hermès regalata alla stampa nel 1996 per i controlli di sicurezza dopo gli attacchi terroristici di Parigi l'anno scorso), sempre più inviti agli show degli ultimi anni hanno in comune la possibilità di essere conservati, esposti o comunque utilizzati. Il che rappresenta un passo avanti rispetto al passato, in cui gli inviti consistevano per lo più in biglietti nominali spediti in giro per il mondo e che venivano buttati una settimana dopo. In parte le cose sono ancora così – anche se con l’arrivo della pandemia era stato ipotizzato che gli inviti agli show sarebbero diventati tutti digitali, specialmente dopo che Alessandro Michele aveva usato una nota vocale di WhatsApp con la sua voce per gli inviti dello show FW20 di Gucci. Proprio quell’invito, sorprendente per la sua originalità ma difficilmente replicabile, era stato salutato come l’inizio di un’epoca di inviti digitali, paper-free e dunque finalmente sostenibili. Un problema non indifferente di inviti e cadeaux, infatti, era l’ingente quantità di carta usata per scatole e bigliettini che finivano poi quasi tutti gettati via proprio perché inutilizzabili.
L'audio-invito con la voce di Alessandro Michele per lo show FW20 di Gucci
La nuova tendenza degli inviti creativi ai fashion show è in grado di raccontare i valori di riferimento della moda di oggi: anzitutto, c’è la sempre più centrale esigenza di sostenibilità, che impone di tagliare gli sprechi di carta o plastica e dunque spinge a rendere l’invito qualcosa di più che un semplice biglietto; c’è poi il bisogno dei brand di aderire a uno storytelling totale che ne costruisca l’immagine in maniera sempre più definita, comunicando anche il prestigio del brand tramite il valore dell’oggetto che viene inviato; infine c’è l’instagrammabilità di questi oggetti, che crea hype intorno agli eventi a essi dedicati diventando condivisa tramite social media come appunto Instagram, TikTok o Twitter; infine c’è pure l’aspetto del resell, con gli inviti fisici più vicini ai collectible che sono rivenduti. Senza voler scomodare Louis Vuitton, il cui orologio che va al contrario è un pezzo rarissimo e introvabile, i preservativi utilizzati da Vetements per gli inviti della collezione SS20 sono arrivati a costare anche 130 dollari su Grailed – un mark-up enorme rispetto all’effettivo valore dell’oggetto, ma che ne testimonia tangibilmente il valore attribuito al branding così come la sua immagine e ruolo nella cultura pop, mentre, nel 2020, un invito allo show FW95 di Alexander McQueen venne messo all’asta e venduto per 4875 dollari.
È chiaro che, idealmente, l’eccentricità di alcuni di questi inviti esprime la speranza da parte dei brand che gli inviti stessi diventino virali, generando social media value e attesa intorno alla sfilata, come è stato nel caso appena citato di Vetements; di N.21, che per lo show SS20 mandò un paio di slip in una busta trasparente, o di Fendi, il cui invito è finito pure sulle pagine dei giornali tanto è stata imprevedibile la sua collaborazione con Rummo – ma la creazione di oggetti ad hoc racconta anche della progressiva espansione dei brand nel campo del lifestyle: recapitando pane e frutta, giochi da tavolo, libri o musica i brand segnalano la loro presenza in campi culturali diversi dalla produzione di abbigliamento in senso stretto – cosa che, ai tempi di Coco Chanel e Cristobàl Balenciaga sarebbe stata inaudita e forse anche scandalosa, e che invece oggi è praticamente necessaria.