Perché gli outfit di “Succession” sono diventati un cult inaspettato
Una serie che mostra come si veste chi fa parte dell’1% del mondo
15 Dicembre 2021
Nelle scorse settimane un video di TikTok su Succession è diventato virale: un ragazzo raccontava di come l’anonimo cappellino da baseball blu che appare in tantissime scene della serie, a partire dalla prima puntata, non fosse solo un prop casuale ma un My Baseball Cap di Loro Piana da 490€. Un dettaglio minuscolo nell’ambito più generale della serie HBO che, appena conclusasi, è diventata negli anni un'insospettabile fonte di insight nel guardaroba dei miliardari e degli ultra-ricchi d’America. La trama dello show, che è una specie di versione moderna di una tragedia shakespeariana ambientata nell’alta finanza e piena fino a scoppiare di uno humor cattivissimo, offre moltissime occasioni ai suoi personaggi di sfoggiare outfit che sono un ritratto abbastanza fedele della moda secondo l’upper crust della società: una sequela di maglioni, t-shirt, completi e camicie completamente in tinta unita e privi di logo, quasi irriconoscibili, se non provenissero tutti da marchi come Brunello Cucinelli, Loro Piana, The Row, Armani, Maison Margiela, Max Mara, Tom Ford, Gabriela Hearst e Proenza Schouler. Lo stile dei vari personaggi è così anonimo che quando il protagonista della serie, Kendall Roy, interpretato da Jeremy Strong, ha indossato un bomber della stagione FW17 e un paio di sneaker Flashtrek di Gucci persino Highsnobiety ci ha scritto un articolo. Altri grail apparsi nel corso della serie: una t-shirt di Enfant Riches Deprimès da 625 dollari, sneaker di Lanvin, un maglione di seta della FW20 di Prada, l’immancabile Birkin di Hermès e, infine, un rarissimo gioiello fatto a mano da Rashid Johnson dal modico prezzo di 15.500 dollari.
Apparizioni rare, in effetti, in uno show in cui esiste un forte dualismo tra il lusso secondo i miliardari e quello della moda come la conosciamo: parlando del suo outfit nella prima puntata della serie, Kendall Roy dice di essersi vestito «come la dannata Bjork» soltanto per andare a fare business con una giovane start-up, ed è sempre lui a volersi confondere con le altre celebrity al suo compleanno, durante la terza stagione, ricoprendosi di Gucci dalla testa ai piedi; quando un altro dei personaggi, Tom, indossa un piumino Moncler sotto una giacca un altro personaggio gli chiede se lo abbia imbottito con i suoi «sogni e speranze». Nel resto dei giorni, il dress code è invisibilità massima: nel corso di tre stagioni vediamo i protagonisti della serie partecipare a matrimoni in castelli scozzesi e in Toscana, fare riunioni di famiglia su uno yacth a tre piani o in una titanica villa degli Hamptons, spostarsi su elicotteri e jet privati e, in generale, fare tutto ciò che fa il famoso 1% del mondo indossando abiti che, seppur semplicissimi a prima vista, hanno un prezzo di retail sconvolgente.
Una specie di normcore miliardiario che, dopo tre stagioni e 29 puntate, offre una prospettiva completamente nuova sulla moda: quella dei veri consumatori di lusso, della gente che fa shopping da Cartier e regala orologi Patek Philippe al compleanno del suocero, dei businessman che girano con una penna Montblanc in tasca e provano una divertita pietà davanti ai tagli di capelli che costano solo 100 dollari. Questi personaggi sono estranei alla moda: la moda è per sua natura progressiva e aspirazionale, mentre il clan dei Roy, col proprio abbigliamento, vuole solo riaffermare lo status quo e non aspira a nulla perché ha già tutto quello che si può sognare. Da qui deriva la line-up di brand iper-lussuosi e semi-invisibili della serie, completamente diversa da quella più commerciale e “da rivisita” di altre serie HBO come Sex and the City o Gossip Girl. Se in queste due serie i personaggi indossano il The Hacking Project di Gucci e Balenciaga, cardigan in mohair di Marni, borse di Louis Vuitton e altri item di brand iper-famosi; il cast di Succession, per usare le parole della costumista Michelle Matland, è «anti-bling». In un’intervista rilasciata a Town & Country, Matland spiega:
«Quando negli Stati Uniti rappresentiamo la ricchezza, lo facciamo coi gioielli di Cartier, i diamanti, le pellicce, le borse opulente e costose. Ma [i Roy] non hanno bisogno di presentarsi così. […] Ovviamente comprano abiti e accessori costosi, ma non assumono pose. Possono indossare un maglione da 2000 dollari ma non serve che ci sia il logo o capire da dove venga. […] L’idea di abbinare la propria cravatta al fazzoletto da taschino e alle bretelle è ridicola. Per chiunque abbia davvero denaro, quell’abbinamento mostrerebbe subito che si sta assumendo una posa, che si sta disperatamente provando a dimostrare qualcosa»
Non a caso, GQ ha definito Succession come «la guida definitiva per vestirsi come un miliardario», rispolverando quel concetto, un po’ perdutosi nel vortice di styling iperviolento che vediamo ogni giorno sui social, secondo cui i veri ricchi non sembrano mai ricchi. Pensate a Zuckerberg e alle sue t-shirt grigie di Brunello Cucinelli – brand che appare molto spesso anche nel corso di Succession. In effetti, il più ricco di tutta la serie, il patriarca Logan Roy, indossa quasi sempre completi su misura di Leonard Logsdail, leggendario sarto newyorchese che ha anche firmato i completi di DiCaprio in The Wolf of Wall Street, con occhiali Persol e il famoso cappellino Loro Piana – il lusso irriconoscibile di chi non ha assolutamente nulla da dimostrare.
Tutta un’estetica di cui le pubblicazioni USA parlano già da un po’, dato anche lo straordinario successo della serie in America, molto più mitigato in Italia, ma che adesso è tornato a fare discutere sull’onda di trend come l’estetica Old Money e i basic di lusso che hanno iniziato a sostituire lo streetwear da un lato e la moda più commerciale/sperimentale dall’altro. Al di là della sua rilevanza culturale, comunque, il motivo per cui questi personaggi sono diventati delle imprevedibili icone di stile è la loro confidence – che forse ha avuto un successo tale proprio perché, con la sua semplicità un po’ insapore, è un antidoto perfetto alle stancanti velleità della moda culturalmente e politicamente caricata dei nostri tempi.