Kanye West e il trend delle galosce di design
Come uno stivale di gomma è diventato il nuovo oggetto di culto del luxury footwear
02 Novembre 2021
La scorsa domenica Kanye West ha portato il suo Sunday Service in livestreaming, con uno show che aveva per ospiti Justin Bieber e Marilyn Manson risollevando le polemiche circa le accuse rivolte al cantante rock. Per l’occasione, il coro e i tre cantanti erano interamente vestiti di bianco e indossavano i Balenciaga Crocs Boot già visti ai piedi di Ye in diverse occasioni durante gli ultimi mesi, specialmente durante il suo pranzo a New York con Anna Wintour e durante la sua recente visita a Berlino. Lo show di domenica scorsa, però, è stato quasi una consacrazione ufficiale del nuovo status di “oggetto di culto” del boot, diventato ora parte della divisa ufficiale del Sunday Service Choir, ma già apparso un po’ ovunque negli scorsi anni dopo la loro apparizione nello show FW20 di Bottega Veneta del febbraio 2020, arrivando persino ai piedi di celebrity opposte tra loro come Bella Hadid e Greta Thunberg. In effetti, i Balenciaga Crocs Boot così come i Puddle Boot di Bottega Veneta si somigliano molto tra loro e rappresentano il punto di arrivo di una lunga gestazione che è iniziata dal trend delle chunky shoes, ha raccolto tanto le suggestioni del mondo outerwear quanto quelle del footwear futuristico senza lacci trasformando il comune stivale di gomma in giardinaggio nella categoria più all’avanguardia del footwear di lusso.
Una delle prime avvisaglie di questo trend, già a partire dal 2019 era venuta da due designer molto diversi, Riccardo Tisci e Jun Takahashi, che avevano portato da Burberry e Undercover rispettivamente la Arthur Sneaker, che era chunky e con un mudguard in gomma, e il Rect Boot, firmato in collaborazione con Nike. Entrambi i modelli sono ispirati al classico Wellington Boot inglese, il comunissimo stivale di gomma per ripararsi dalla pioggia, la cui forma arrotondata e quasi infantile era già stata portata da Phoebe Philo nel repertorio di Celine (ed è bene notare come Daniel Lee sia un ex-allievo di Philo) che ha addirittura un precedente nella storia della pop culture con Kate Moss e le sue celebri foto al festival di Glastonbury risalenti ai primi anni 2000, spesso in compagnia del fidanzato dell’epoca Pete Doherty, che all’epoca era uno dei ragazzi-immagine del Dior Homme di Hedi Slimane, e che la ritraevano in outfit chic rock composti che includevano quasi sempre l’abbinamento dei Wellington Boots del tutto infangati con shorts o minigonne. Un look dal sapore abbastanza grunge che Slimane ha persino citato nella sua collezione SS21 di Celine.
Se la loro silhouette a metà fra il minimalistico, il tecnico e il futuristico ha dato ai Wellington Boots il loro status di culto, i Balenciaga Crocs Boot rappresentano un ulteriore passo avanti nella stratificazione culturale che riguarda l’item – in quanto citazione diretta alla collaborazione fra Balenciaga e Crocs iniziata con la collezione SS18 del brand e che rileggeva nei termini dell’ironia di Gvasalia lo status di ugliest shoe di queste ultime facendole diventare chunky ed elevando di fatto l’intero brand avviando una lunga stagione di collaborazioni che va avanti ancora oggi. Gvasalia ha spesso l’abitudine di inserire scarpe rese famose in specifiche subculture nei suoi show: pensiamo alla rilettura delle New Rock degli emo-goth vista nel recente show SS22 o agli stivali da motocross e alle Five Finges di Vibram della FW20.
L’operazione brillante alla base della creazione del Balenciaga Crocs Boot sta proprio nel prendere un prodotto culturalmente molto “caldo” e dargli un twist iper-riconoscibile usando la silhouette delle Crocs, ormai associate a Gvasalia e Balenciaga, per incorporare nell’estetica del suo brand uno dei pezzi-simbolo di un altro, il Puddle Boot di Bottega Veneta, che è a sua volta un pilastro dell’estetica ugly chic. Il processo però ci fa intravedere anche la natura dei nuovi processi creativi della moda nell’era dei grandi conglomerati: se Demna ha potuto creare un prodotto così vicino all’originale di un altro brand, usando praticamente anche la stessa celebre sfumatura di verde, è proprio perché nell’ecosistema di questi titani dell’industria del lusso lo stesso prodotto può essere ripreso e modificato per accogliere nuovi significati e significanti, e diventare parte del linguaggio di più di un designer senza apparente soluzione di continuità.