Il lusso informale di Bottega Veneta per la collezione Salon 03
La moda di Daniel Lee tra le rovine del Michigan Theatre di Detroit
22 Ottobre 2021
Per il suo ultimo show di Bottega Veneta, andato in scena ieri sera con il sottofondo della musica di Moodymann, Daniel Lee ha scelto forse la location più suggestiva di Detroit: il Michigan Theatre, un opulento cinema degli anni ’20 costruito in stile Renaissance Revival e in seguito svuotato e poi trasformato in un parcheggio. Oggi, il Michigan Theatre è un simbolo malinconico del passato glorioso della città, dell’affascinante contrasto tra l’opulenza del passato e la quotidianità del presente, tra il glamour tradizionale e il mondo industriale che hanno definito la storia della città culla dell’innovazione e della musica techno. E così è stata la collezione SS22 che ha sfilato in passerella: un Bottega Veneta che ha messo di lato la sostenutezza quasi militaristica e il senso di opulenza inavvicinabile delle ultime due stagioni a favore di un’estetica più sportiva e reminiscente dell'industrialismo che creò il mito della città, rievocato attraverso l’uso di tessuti metallici e legata al vissuto di Daniel Lee, cresciuto in una città industriale del Nord Inghilterra, oltre che dall'uso degli stilemi del workwear ma con un piglio rilassato e informale.
Anche in questa come nelle altre collezioni, comunque, rimane ferma l’attenzione verso il party dressing: i cocktail dress di paillettes, le scintillanti bluse da uomo che paiono uscite dallo Studio 54, gli abiti in maglia e quelli in stile anni ’50 accoppiati alle sneaker. Tutto parla di una coolness rilassata, comoda e vivibile. Ma a dominare il range di abiti sono parka scolpiti, maniche tagliate quasi a creare un effetto tondeggiante e soprattutto completi monocromatici composti di camicie, maglie e pantaloni spesso oversize composti o di una stoffa dall’aspetto crumpled che sembrerebbero una specie di nuova divisa maschile, minimalistica e informale.
Oltre al suo apprezzamento per la mistura di cultura musicale e industrialismo avanguardistico, la collezione è nata dal desiderio di Daniel Lee di collaborare con le community multidisciplinari dei creativi che animano la scena di Detroit oggi. Per questo il brand ha anche creato in città uno spazio retail creativo al 1201 Bagley chiamato The Firehouse situato in una vecchia caserma dei pompieri la cui struttura originale è stata mantenuta intatta. Lo spazio è condiviso con il lavoro di artisti, designer e curatori locali proprio per gettare un riflettore sui talenti della regione.
La sensazione che si ricava da questa iniziativa ma anche dal nuovo spirito che anima la collezione è quella di un’estetica più giovane e, per alcuni versi, democratica. Dopo tutto, questo è lo show che ha interrotto la tradizione di show a porte chiuse di un brand diventato all’improvviso misterioso e incomunicabile. E dunque far sfilare una collezione che dà una svolta informale al lusso finora proposto da Lee con un livestreaming mondiale (c’è stato pure il takeover di un mega-schermo a Time Square a New York) sembrerebbe voler democratizzare l’estetica di Bottega Veneta, abbandonando l’idea di glamour ineffabile che, come potrebbe suggerire il setting del teatro in rovina, è una cosa del passato, e tornare a farsi vedere, a scendere sulla strada, a popolare le città di tutto il mondo con un nuovo e aperto linguaggio.