La moda sui muri di Milano
La rilevanza culturale dei brand di moda in città passa anche dalle superfici urbane
22 Settembre 2021
Laurent Bentil
Con l’inizio della fashion week le strade della città si sono riempite buyers e giornalisti, modelle e fashion insider di ogni tipo, secondo una lettura un po' retorica la moda in questa settimana si respira nell'aria di Milano. Chi non percepisce l'atmosfera, se ne accorgerà comunque alzando gli occhi: dalla gigantografia di Justin Bieber in Balenciaga fino ai poster retroilluminati di Moncler o alla titanica foto di Dua Lipa per Versace tra i grattacieli di Porta Nuova. Non si tratta solo dei classici mega billboard ma - quest'anno in particolare - di opere di street art: il Gucci Art Wall su Corso Garibaldi è occupato dall'annuncio del Gucci Vault, Off-White™ in Colonne ha commissionato a Costanza Starrabba un murales ispirato alla Burrow Bag, mentre Prada ha rivestito un palazzo di Porta Venezia con una fantasia floreale.
Oggi - ma anche il resto dell'anno - la moda a Milano si vede perché è diventata parte del tessuto urbano e culturale della città. Nonostante il format del murales "istituzionale" non è solo prerogativa dei brand di moda a Milano ma racconta come anche dal punto di vista visivo e urbanistico la città sta emulsionando il pubblico e privato, facendo un'operazione di immagine con anche l'obiettivo di un give back a chi vive la città tutto l'anno. Si tratta di un tema importante e che viaggia su più livelli di profondità: Prada ad esempio che è uno dei brand autori dei murales, è attiva con la Fondazione a livello culturale e prossimamente avrà un ruolo istituzionale nel progetto di riqualificazione dello scalo di Porta Romana.
Il legame tra paesaggio milanese e pubblicità di moda non parla tanto di un sovrafollamento commerciale quanto più di un sempre più forte rapporto di simbiosi fra le istituzioni pubbliche e private della città. Rimane emblematico, a questo proposito, il cartellone che MSGM posizionò in Via Orefici con la frase Pensavo fosse amore e invece era Milano, fotografato a più non posso nel giro di pochi mesi e indossato persino da Beppe Sala su Instagram. Ma sono vari brand cittadini come Prada e Armani, e soprattutto la Camera della Moda, la Triennale e il Salone Internazionale del Mobile le cui iniziative riempiono il calendario cittadino di “week” tematiche e happening quasi continui contribuendo a nutrire quella sinergia che unisce insieme l’ambito istituzionale, quello privato e il pubblico vero e proprio che si muove e anima le strutture che i primi due hanno creato insieme. Questa connessione fra istituzioni e brand è così radicata che questi ultimi arrivano a finanziare interi progetti di riqualificazione urbana, come per esempio quello che coinvolgerà l’ex-Scalo di Porta Romana, finanziato, fra gli altri, da Prada.
Ma la forza di questo legame di autorità civiche e commercial-culturali emerge molto di più tramite il format dell’installazione muraria, cartellone o murales che sia – tanto che nel corso dell’ultimo anno sono state molte le aziende a decorare i muri cittadini collaborando con artisti locali, stringendo rapporti con amministratori di palazzi storici e con le autorità comunali: dalla banca Fineco, fino ad Alfa Romeo, passando per Saucony, Samsung e al servizio di pagamenti Scalapay che ha decorato con una gigantesca Venere botticelliana il muro opposto a quello del Gucci Art Wall su Corso Garibaldi. Specialmente i murales sono diventati molto frequenti durante e subito dopo il 2020, in quanto progetti di riqualificazione facilmente gestibili e relativamente brevi da realizzare, e dunque in perfetta linea tanto con gli obiettivi dell’amministrazione pubblica, che con il bisogno di visibilità dei brand committenti e degli artisti locali, il cui nome in certi casi è diventato qualcosa di simile a quello di una micro-celebrità. La chiusura del simbolico cerchio è avvenuta quando amministrazioni condominiali e associazioni di negozianti hanno formalmente domandato che uno di questi murales, The Vision di Cosimo Caiffa in Porta Romana, non venisse rimosso e restasse a far parte del panorama cittadino. Forse il primo caso in cui i cittadini chiedono alle istituzioni di non rimuovere un contenuto pubblicitario da un muro.
Intervistato da La Repubblica proprio a proposito dei murales di Milano, Mauro Ferraresi, professore di Sociologia della Comunicazione allo IULM ha spiegato: «Le aziende hanno compreso la potenza visiva della street art. Un tipo di comunicazione liquida, che argomenta meno di uno spot tradizionale ma che entra nella memoria visiva delle persone per rimanerci a lungo». I muri della città sono dunque diventati il luogo d’incontro privilegiato di istituzioni, brand e pubblico, offrendo ai cittadini un «momento estetico», come lo definisce Ferraresi più avanti nell’intervista, che sottolinea la rilevanza culturale dei brand stessi al suo interno della città e, dunque, nella vita quotidiana di tutti i suoi abitanti.