È davvero così sbagliato avere gli influencer al Met Gala?
Istantanea di uno showbusiness che cambia
14 Settembre 2021
Questa edizione del Met Gala è stata molto chiacchierata per due motivi: il primo era l’eccitazione di tornare sul red carpet in presenza dopo il lockdown; il secondo era la lista degli invitati, ristretta per evitare assembramenti, priva di alcune delle sue star più tradizionali il cui posto era stato preso dagli influencer. Secondo una versione non ufficiale apparsa in leak su Internet, infatti, influencer, YouTuber e TikToker avrebbero dovuto essere presenti in massa – suscitando la riprovazione del pubblico su Twitter ma anche la preoccupazione di giornalisti di settore, agenti di celebrità e pubblicisti americani sul leso prestigio dell’evento.
influencers are the new celebrities. i said what i said.
— Nikita Dragun (@NikitaDragun) September 10, 2021
Alla fine di tutto, le paure erano state decisamente esagerate: gli influencer più notevoli, oltre a figli d’arte come Talita Von Frustenberg e Brooklyn Beckham, erano Dixie D’Amelio, Addison Rae, Emma Chamberlain, Nikkie de Jager, Madison Beer, Jackie Hana ed Eugene Lee Yang – relativamente pochi su un red carpet popolato da star e designer di prima grandezza, quest’anno con un focus particolare sui giovani talenti. Ma la paura della sovra-rappresentazione degli influencer al Met Gala ha aperto negli scorsi giorni un dibattito sullo status e sulle differenze fra celebrity e influencer innescato su Twitter da Nikita Dragun che, pur fra molte espressioni volgari, ha non solo dichiarato che «gli influencer sono le nuove celebrità» ma ha argomentato, con ragione, che è proprio il pubblico che si lamenta degli influencer a sostenerli e farli diventare famosi.
Fama e following
La differenza principale fra celebrità e influencer sta nel motivo per cui sono arrivati alla rispettiva fama: la celebrità di solito è un’eccellenza nel campo dell’intrattenimento, dell’arte, dello sport o è una figura pubblica la cui fama si muove attraverso i convenzionali mass media; l’influencer invece ha la capacità di influenzare i potenziali acquirenti di prodotti o servizi promuovendoli sui social media. Nel caso delle celebrità dunque si parla di fama, mentre nel caso degli influencer si parla di following. Una differenza cruciale in quanto la star produce cultura, mentre l’influencer produce commercio – e anche se molti influencer sono dotati di grande talento e dunque sono giustamente famosi, molti di loro sono considerati celebrità “a calorie zero”, famose solo per essere famose, che svolgono un lavoro che poco o nulla contribuisce al discorso culturale dei tempi moderni. Tanto che, di recente, ad esempio, la nomina di Kendall Jenner a direttore creativo dell’e-tailer di lusso FWRD ha suscitato una reazione unanime nella stampa che si è chiesta se la fama personale costituisca effettivamente un criterio valido per ricoprire un ruolo di direzione creativa e se invece quei ruoli non debbano andare a persone effettivamente preparate relegando gli influencer al ruolo comunque importante di ambassador.
at the met gala: pic.twitter.com/nydcSNPu6G
— ricolore (@truthfullyfacts) August 23, 2021
Ma la realtà è che gli influencer sono sempre più centrali per moda e brand: sono gli strumenti di marketing più potenti a disposizione dei brand di moda e non solo e sono dotati di quella che Hannah Oh di CR Fashion Book definisce con molta arguzia «click value». Che piaccia o meno, la influencer culture si è separata dalla celebrity culture ed è diventata un mondo a sé stante. Secondo Statista l’attuale mercato dell’influencer marketing vale 13,8 miliardi di dollari mentre secondo il The State of Influencer Marketing 2020 pubblicato da Launchmetrics l’impatto dell’influencer marketing nel generare vendite era aumentato del 18% fra 2019 e 2020 – una cifra che registra i dati di un anno di crisi e che dunque, con la ripresa, potrebbe aumentare ulteriormente considerato come lo stesso report dice che il 94% dei brand intervistato ritiene fondamentale l’influencer marketing. Il report prosegue dicendo:
«Prima erano i reali e le figure religiose, poi le celebrità sono diventate i volti che spingono i prodotti e rappresentano i marchi di tutto il mondo. [...]. Questo cambiamento è stato alimentato dal desiderio per i consumatori di far parte di un dialogo [...] segnando la nascita di comunità inclusive in cui i principali opinion leader avrebbero creato conversazioni bidirezionali con i loro fan [...]. La connettività e la riconoscibilità che questi tastemaker digitali hanno offerto alle loro comunità è ciò che li ha resi (e li rende) di successo».
Una cultura in evoluzione
Se un influencer è abbastanza rilevante da arrivare sul red carpet del Met Gala, questo è perché negli ultimi anni i canali di comunicazione attraverso cui le grandi star raggiungono il proprio pubblico si sono moltiplicati e con essi i modi di comunicare con il pubblico. La lista degli ospiti al Met Gala è il riflesso di una società e di una cultura intera – e nello specifico una cultura digitale che premia con la notorietà personalità che sarebbero magari state escluse dall’industria dell’intrattenimento tradizionale. Se l’industria di moda, cinema e musica non dà spazio a comunità davvero più inclusive, il vuoto nel mercato sarà riempito da figure pubbliche che rappresentano e parlano per queste comunità con il proprio talento e le proprie capacità – qualunque esse siano. Se personalità come Jackie Aina o Eugene Lee Yang sono arrivati sul red carpet è stato perché sono riusciti a trovare e parlare a una community di persone che, attraverso i media tradizionali, non sarebbero state accessibili e in fondo loro stessi, insieme agli altri, sono espressione del gusto e dell’estetica e dei valori della community che rappresentano. Dunque vedere influencer al Met Gala può sembrare uno shock – ma è più uno shock culturale di fronte all'evoluzione inevitabile della celebrity culture che lo shock derivato dalla perdita di prestigio dell'evento stesso.