Il dialogo fra arte e Haute Couture di Valentino a Venezia
Per la collezione Des Ateliers, Pierpaolo Piccioli ha invitato 17 artisti a collaborare alla creazione dei look
16 Luglio 2021
È andata in scena ieri la collezione Haute Couture FW22 di Valentino, intitolata Valentino Des Ateliers. Lo show si è tenuto a Venezia sulle Gaggiandre dell'Arsenale di Venezia, due imponenti tettoie acquatiche, con all'interno un ampio molo, realizzate nel '500. L'Arsenale era il più vasto centro produttivo di Venezia nell'era preindustriale e oggi è diventato la location delle Esposizioni Internazionali di Arte e Architettura oltre che dei Festival Internazionali di Danza, Musica e Teatro della Biennale di Venezia. Proprio nel contesto di quest'ultima Pierpaolo Piccioli ha voluto presentare una collezione Couture che si è chiesta la domanda non scontata di come arte e Haute Couture possano dialogare. Diciassette pittori sono infatti intervenuti nella creazione della collezione, ciascuno portando il proprio bagaglio estetico-iconografico a uno dei look. Ecco cosa ha detto Piccioli:
La Moda non è 'arte', perché quest'ultima basta a se stessa mentre la prima ha sempre uno scopo, una funzione, un utilizzo. Riconoscere le differenze è il primo passo per istruire un ascolto reciproco, fatto di curiosità, entusiasmo e rispetto.
Dunque l'atelier di Haute Couture di Valentino e quello dei diciassette artisti che con esso hanno collaborato hanno trovato un territorio comune nei concetti di unicità, ricerca e sperimentazione che contraddistinguono le due diverse discipline creative. Il risultato è stato una collezione stupefacente, che ha sfilato con l'accompagnamento musicale di Cosima, ma che soprattutto ha parlato con una voce moderna di una tradizione antica come la Haute Couture: il look finale, ad esempio, che ha richiesto 700 ore di lavoro, come ha spiegato ai suoi follower @ideservecouture, ha impiegato oltre cento metri di satin e con una stampa fatta a mano che riproduce le dense pennellate usate da Jamie Nares per il suo quadro Blues in Red; un altro look, ispirato a I Beati Verdi di Andrea Respino, ha richiesto 150 diversi tasselli di stoffa assemblati e lavorati manualmente in un mosaico che riproduceva l'opera originale.
L'elemento sicuramente più notevole è la maniera in cui si è strutturato il processo di collaborazione: circolare nei metodi, in quanto i design degli abiti sono stati ispirati da opere di artisti che a loro volta, coinvolti nel processo creativo, hanno dovuto ispirarsi al savoir faire degli atelier del brand per tradurre sulla stoffa la propria arte; ma anche simbolica di una concezione "aperta" della moda Couture che, piuttosto che arroccarsi sul senso della propria importanza, entra invece in un dialogo proficuo con la cultura artistica di oggi stabilendo un nuovo linguaggio trasversale e collaborativo che evidenzia il nuovo ruolo culturale, e non solo comunicativo, che i brand di moda stanno assumendo sempre di più.