Bottega Veneta apre uno store a Williamsburg, New York
Il più celebre quartiere di Brooklyn è sempre più interessante per i designer
31 Maggio 2021
Bottega Veneta ha annunciato l’apertura di un nuovo pop-up store a Williamsburg, Brooklyn, che resterà aperta per l’intera estate. Il pop-up estivo sarà ospitato in una ex-banca e sarà dedicata alla piccola pelletteria e a una selezione di ready-to-wear senza edizioni speciali o enormi strategie media. La funzione di questo negozio di Williamsburg è quasi certamente quella di sondare il terreno: se la boutique dell’Upper East Side rappresenta la presenza del brand in città, il suo flagship, questo pop-up è il primo che apre in una zona up-and-coming della città, la principale “centrale” della gentrificazione di Brooklyn. Bottega Veneta è infatti, come riporta WWD, il primo brand di lusso in assoluto ad aprire le proprie porte a Williamsburg – ma la scelta del brand è abbastanza indicativa delle trasformazioni socio-economiche che ha affrontato il quartiere.
Secondo il sito Gentrification in NYC, Williamsburg ha iniziato ad attirare un numero sempre maggiore della youth elite della città già a partire dai primi 2000. All'inizio il quartiere aveva attirato gli artisti, grazie ai suoi affitti bassi, che hanno animato la sua scena culturale aprendo la strada per giovani professionisti, hipster della middle-class e, infine, ceti più abbienti. Ma è con il volgere del decennio che le cose hanno iniziato a cambiare:
«Da quando la gentrificazione è arrivata a Williamsburg, Statista riporta che i prezzi delle case sono aumentati del 210% e i suoi abitanti sono passati dall’essere immigrati e membri delle classi meno abbienti a essere upper class, hipster e famiglie prevalentemente bianche».
L’arrivo di Bottega Veneta sembrerebbe dunque essere il passo successivo nel cambiamento di un quartiere centrale per la vita culturale della città – un passo che mette Williamsburg sulla stessa strada dei quartieri di SoHo e Tribeca a Manhattan, un tempo luoghi della bohéme cittadina presto invasi, nelle parole di Paul Harris del The Guardian, da «catene di negozi costosi, boutique di lusso, celebrità e prezzi immobiliari alle stelle».