Il caso Yourun: una truffa da 300mila euro in sneaker false a Milano
Sono stati arrestati tre ventenni dietro l'e-commerce che prometteva scarpe luxury a prezzi ribassati
26 Aprile 2021
Venerdì scorso la questura di Milano ha eseguito tre diverse misure di custodia, in carcere per un 23enne, ai domiciliari per un 22enne e un obbligo di firma per un altro 22enne, le menti dietro al "brand" di sneaker Yourun.
Non si trattava infatti di un marchio vero e proprio, ma di una pagina Instagram che prometteva sneaker firmate, Gucci, Balenciaga, Valentino, ma anche Nike e Alexander McQueen, a prezzi ribassati ed ultra competitivi. Le sneaker erano in realtà false, comprate da un fornitore cinese a prezzi che variavano dai 70 ai 100 euro, e rivendute poi a 250-300 euro ciascuna.
Dietro a Yourun si celavano tre figure diverse, ognuna con un compito ben delineato. A guidare il progetto c'era infatti un hacker 23enne, che nel 2015 è stato identificato come un membro di Anonymous, nonché come responsabile di diversi attacchi hacker contro una deputata di Forza Italia. Mentre lui si occupava dello sviluppo web e del funzionamento dei vari siti collegati al brand, incaricato della parte di marketing c'era un 22enne soprannominato Masha, figlio di un ricco imprenditore egiziano. A completare il trio un altro 22enne, che si occupava della gestione dei clienti e della parte tecnica del sito, nonché di inondare il profilo Instagram di commenti e recensioni super positive, cancellando i commenti che chiedevano rimborsi e che scrivevano che le sneaker erano in realtà dei falsi. Il gruppo faceva inoltre affidamento su quattro promoter che si occupavano di convincere amici e conoscenti ad intestarsi carte PostePay, sim telefoniche e indirizzi mail in cambio di 50 euro.
È grazie ad alcuni di questi prestanomi che la vicenda è venuta a galla e le indagini sono cominciate.
Ora i tre ragazzi, e i loro reclutatori, sono indagati per associazione per delinquere finalizzata all'introduzione nel territorio dello Stato di prodotti con marchi contraffatti, truffa, ricettazione, indebito utilizzo di carte di pagamento intestate a terzi e autoriciclaggio. Si stima che il giro di affari di questi prodotti fake si aggiri intorno ai 300 mila euro, con 117 mila euro di utili, grazie ad una rete di oltre 1000 clienti. Secondo quanto emerso dalle indagini, i soldi guadagnati venivano poi smistati su un conto in Germania o trasformati in cripto valute.