Prada SS21: com'è stato il debutto di Raf Simons
Un duetto di fragilità ed eloquenza
24 Settembre 2020
C’era chi, all’annuncio dell’ingresso di Raf Simons da Prada in veste di co-direttore creativo, aveva sollevato dei dubbi sulla maniera in cui due creativi tanto cerebrali e inafferrabili come Miuccia Prada e Raf Simons avrebbero trovato un terreno comune. Oggi, il loro lavoro a deux è stato finalmente presentato con un digital show per la collezione SS21 del brand girato in Fondazione Prada e la coppia di designer ha dimostrato la forza del proprio lavoro comune tramite una collezione dall’estetica subdued ma in cui i tocchi individuali dei due designer erano chiaramente ravvisabili.
Elemento centrale dello show è stato il gesto – quello di stringersi al petto, chiudendolo, un rettangolo di tessuto (declinato in versione jersey, tessuto felpato, re-nylon, duchesse ricamato, taffettà chiné) che rappresenta insieme la modestia del coprire il corpo, la drammaticità di volergli drappeggiare sopra un ricco materiale e l’utilità di coprirsi, riparandosi dal freddo. Un gesto che è citazione alle precedenti collezioni di entrambi i designer, che si trova tanto nella FW88 disegnata da Miuccia Prada quanto nella FW12 di Jil Sander firmata da Simons. Non solo però uno sposalizio di pragmatico e sofisticato, com’è usuale per Prada, ma anche un modo di aggiungere un twist alla silhouette dei quaranta look che hanno sfilato, un tocco di umanità anarchica e di imprevedibile tipica di Raf Simons.
E se Miuccia Prada ha portato nella collezione il concetto di uniforme a lei caro, unendolo a quella semplicità tanto rigorosa e studiata che sfocia a tratti nella geometria astratta, a Simons è toccato evocare un’estetica vagamente post-underground materializzatasi nelle stampe che decorano abiti e outerwear (che irrompono sulle stampe d’archivio Prada a simboleggiare la sovrapposizione di due realtà diverse), come anche nell’amore per le forme stranianti – un amore condiviso con Miuccia Prada. Il concetto di ugly chic teorizzato dalla designer milanese esplode in questa collezione come uno sparo col silenziatore, manifesto nelle calzature tra il camp e il moderno indossate da tutte le modelle ma anche in quella semplicità tra il crudo e il raffinato che porta la firma di Simons che, non a caso, aveva realizzato delle uniformi ospedaliere viola dipinte per la sua collezione SS20 – uniformi che hanno trovato un nuovo tono grazie ai linguaggi sartoriali di Prada e si sono trasformate in bluse smanicate e pantaloni dritti, tanto minimalistici quanto futuribili.
Il senso di un inizio felice ma cauto, frutto di una prudenza maturata in lunghi anni trascorsi a camminare per sentieri diversi, si respira anche sulla passerella che, quasi per scelta simbolica, è stata calcata da sole modelle al proprio debutto: nuovi volti per nuovi abiti e nuove identità. Con l’arrivo di Simons, l’elemento dell’inquietudine e dell’anarchia è andato a unirsi alla galassia di sensi e sovrasensi architettata da Miuccia Prada nel corso degli ultimi trent’anni . Una sorta di illusione ottica per cui il volto di Prada è diverso ma sembra uguale a prima: deve cambiare tutto, infatti, perché le cose restino le stesse.