Riccardo Tisci potrebbe lasciare Burberry?
Per ora solo un rumor, ma che arriva in un momento critico per il brand
21 Luglio 2020
Ieri sera, il senior editor di Love Magazine, Pierre A. M’Péle, ha pubblicato un tweet ora cancellato che diceva: «Riccardo Tisci lascerà Burberry». Come spesso capita, queste news vanno prese con una certa precauzione e anche il brand ha definito le supposizioni infondate, ma spesso nel mondo della moda, in cui tanta importanza è data alle apparenze, certi gossip possiedono un fondo di verità. Il primo rumor sull’arrivo di Raf Simons da Prada, dopo tutto, veniva proprio da un tweet pubblicato e subito cancellato. Lo stesso M’Pelé, poi, ha suggerito che il prossimo lavoro di Tisci avrebbe potuto essere quello di co-creative director di Versace. Quanto al suo (ipotetico) successore, le voci del web hanno fatto il nome di Clare Waight Keller, designer inglese di recente uscita da Givenchy dopo una serie di collezioni apprezzate ma commercialmente poco entusiasmanti.
Anche se è vero che il coronavirus, il lockdown e l’assenza di turismo hanno messo a dura prova il brand inglese, nel terzo trimestre dell’anno fiscale 2019, terminato il 28 dicembre, le vendite della maison avevano raggiunto 719 milioni di sterline, un aumento modesto, compreso fra l’1% e il 2%, ma che comunque mostra come il lavoro del CEO Marco Gobetti e di Tisci stesse iniziando a ingranare la marcia giusta. E sebbene sia vero che né le collezioni di Tisci né le vendite del brand abbiano goduto di un successo sorprendente, una miglioramento è avvenuto. Cambiare un direttore creativo a metà corsa sembra di sicuro una scelta azzardata ma nemmeno da escludere completamente, specialmente se gli investitori provano sfiducia nei confronti del cambiamento voluto dal CEO e dal suo creative director.
Secondo alcuni, infatti, il problema del brand risiederebbe nel tempismo del progetto di CEO e creative director di elevare Burberry allo stesso rango di Louis Vuitton, Chanel o Gucci – muovendo guerra ai competitor nel campo della pelletteria e del footwear, settori in cui il brand deve ancora costruire la sua credibilità dopo essersi affidato per anni a un ready-to-wear accessibile. Mario Ortelli, founder di Ortelli & Co., gruppo di luxury consultancy, ha definito quello di Gobetti e Tisci, «uno sforzo erculeo» su Business of Fashion. Fra le altre cose, poi, le recenti assunzioni di direttori commerciali per gli specifici settori del ready-to-wear, degli accessori e del footwear, come ad esempio Adrian Ward-Rees, che risponderanno direttamente al CEO senza passare da Tisci, fa supporre una situazione interna fragile e frammentaria, in uno scenario che non è di crescita prosperosa ma di mera sussistenza.
Da quando è arrivata la pandemia, poi, le vendite di Burberry si sono dimezzate per poi riprendersi leggermente in giugno, con la riapertura dei negozi cinesi. Ma, come riporta Business of Fashion, se brand come Louis Vuitton e Swatch hanno visto crescite delle vendite in Cina del 50% e 60%, quelle di Burberry sono aumentate solo del 30%. Il brand ha inoltre detto che si attende un calo nelle vendite compreso fra il 15% e il 20% nel trimestre in corso – sostanzialmente dicendo che non sono previsti miglioramenti degni di nota nella performance. Ora, anche se le vendite si stanno riprendendo, le azioni di Burberry sul mercato sono crollate dell’8% mentre quelle degli altri brand e gruppi del lusso stanno tornando lentamente a salire. In base a questi dati, Robert Williams ha notato, nel medesimo articolo di Business of Fashion, che «gli investitori credono che Burberry abbia problemi specifici sul piano del business».