Matthew Williams salverà Givenchy?
Un nuovo tipo di designer per un nuovo tipo di lusso
17 Giugno 2020
Lunedì scorso il gruppo LVMH ha annunciato ufficialmente la nomina di Matthew Williams, founder di 1017 Alyx 9SM, a nuovo direttore creativo di Givenchy. Williams è il terzo creative director del brand in meno quattro anni e il confronto fra lui e la designer che lo ha preceduto, Clare Waigth Keller, dà la misura di quanto LVMH ne abbia voluto modificare l’estetica e la narrativa. Williams, infatti, a differenza della Keller, la cui carriera si era sviluppata fra gli atelier di Ralph Lauren e Tom Ford, proviene dallo stesso orizzonte creativo, misto di design del prodotto e musica, da cui provengono Virgil Abloh, Heron Preston e Kanye West. La sua rappresenta la figura di un nuovo tipo di designer, privo di pedigree formale, che non è solo il creatore di una collezione di abiti ma il principale catalizzatore di un buzz culturale che si svolge intorno al brand – con uno spostamento di focus dai prodotti di design in sé ai valori, all’identità e all’estetica di chi li realizza. Ma per capire come Williams sia diventato la figura ideale per rilanciare Givenchy sviluppando e perfezionando questo nuovo ruolo del luxury designer serve ripercorrere la sua carriera e guardare alla sua idea di moda.
L’inizio della sua carriera può essere fatto risalire al 2008, quando divenne direttore creativo di Haus of Gaga, il team creativo di Lady Gaga – posizione che tenne fino all’autunno del 2010. In seguito lavorò come art director insieme a Kanye West per la Donda Academy, dove incontrò Virgil Abloh e collaborò con lo SHOWstudio di Nick Knight. Nel 2012, lui, Abloh e Heron Preston insieme a Justin Saunders, YWP, Florencia Galarza fondarono il collettivo di DJ e designer Been Trill che divenne una sorta di streetwear brand virale grazie a un aggressiva social media strategy di cui lo stesso Williams nel 2015 parlò a Dazed:
«Grazie alla nostra presenza sui social media possiamo amplificare un’idea piccola e spontanea e farla sembrare molto più grande di quanto non sia».
Delle parole che, col senno di poi, raccontano molto del tipo di approccio che Williams avrebbe seguito per il suo Alyx - una saldatura fra brand identity ed estetica personale del designer veicolata attraverso i social media che fu, in sostanza, la naturale evoluzione di quella strategia di “viralità artificiale” già sperimentata con Been Trill. Il lavoro del collettivo non fu però ben accolto dopo che la spinta dei social media si esaurì, passando da brand indossato da Rihanna e Drake a collaborare a capsule collection con un brand come Budweiser, tanto che Highsnobiety lo definì «un’imbarazzante nota a piè di pagina nella storia dello streetwear» e A$AP Rocky lo dissò nella sua traccia Multiply: «I ain't really fuckin' with that Been Trill / Swear them niggas booty like Tip Drill / Nah I ain't really into throwin' shots / But these mothafuckas better give me my props…».
Nel 2015 nacque 1017 Alyx 9SM (a quei tempi semplicemente Alyx, il nome cambierà dal 2018 in poi) prendendo il nome dalla figlia di Williams e con il backing up del fondatore di Slam Jam, Luca Benini. Il brand si concentrò sulle collezioni womanswear per i primi due anni e solo nel 2017 lanciò la prima collezione menswear. Dopo un iniziale periodo di adesione ai codici del luxury streetwear, il brand sviluppò la sua estetica monocroma, basata su silhouette sartoriali taglienti, lunghi cappotti stretti da cinghie metalliche, giacche abbinate a pantaloni di pelle e fantasie camo e pitonate che interrompevano il flusso di look neri con sprazzi abbaglianti di bianco e verde neon, cross-body bags e stivali Chelsea dalla suola massiccia. La prima sfilata di Alyx a Parigi per la SS19 rimane ancora uno dei migliori debutti degli ultimi anni per un designer sulla passerella – caratterizzato da una visione estetica precisa e subito riconoscibile. I dati di Lyst sulle ricerche online dedicate al brand ne dimostra il rapido successo: Alyx ha registrato una fortissima crescita di ricerche anno su anno del 610% con 150.000 menzioni sui social solo nell’ultimo anno.
La precisa sensibilità estetica del brand, il suo minimalismo e la sua praticità quasi militaresca – declinate con intelligenza da Williams in uno straordinario numero di collaborazioni con brand come Nike, Stussy, Dior o Guidi ne decretarono il successo. Sempre secondo le analisi di Lyst, infatti, i picchi di ricerche online per Alyx si sono registrati in concomitanza con le collaborazioni di Williams con celebrity o brand di streetwear e sportswear. Non è opportuno, in ogni caso, di definire quella di Williams una streetwear sensibility perché è stato lo stesso designer ha rifiutato l’impiego di quel termine durante l’evento BoF Voices lo scorso novembre:
«Streetwear è un termine troppo carico. Io sono interessato nell’artigianato moderno. Come designer, dobbiamo proporre futuri possibili. Io vedo me stesso come un ponte per ragazzi che amano t-shirt e sneaker ma tramite Alyx possono scoprire sartoria e pelletteria».
La sua forte presenza sui media, la politica delle collaborazioni altamente pubblicizzate e il suo affidamento sullo star power delle celebrità che circondano se stesso e il brand, hanno reso Matthew Williams una figura a cavallo fra il designer e l’influencer capace di catalizzare un tipo di interesse mediatico che trascende il design in sé e per sé e coinvolge un intero orizzonte culturale – una figura che è rappresentativa, in breve, della nuova concezione del lusso che caratterizza la moda degli ultimi anni.
La nomina di Williams da Givenchy risponde insomma alle esigenze di un brand lentamente scivolato in secondo piano in un’epoca in cui i top player dell’industria trovavano una voce decisa e distintiva e che oggi ha bisogno di una voce e un’identità precisa che possa accomagnarlo verso il prossimo capitolo della sua storia proprio come Riccardo Tisci nei suoi dodici anni di direzione creativa lo traghettò dal mondo della moda tradizionale verso quello del luxury streetwear. Quello che probabilmente vedremo da Givenchy è uno shift di codici estetici in cui già alcuni leggono in filigrana il cambiamento del mondo del lusso. Come ha detto Vanessa Friedman commentando la nomina sul The New York Times:
«Il futuro del lusso avrà meno a che fare con la capacità di un designer di ritagliare un motivo nella stoffa che con la sua capacità di amalgamare impulsi culturali più ampi».
Sarà dunque la rilevanza culturale che Williams sarà in grado di acquisire e la sua capacità di mescolare il lusso tradizionale con universi estetici ad esso lontani la vera chiave di volta del nuovo Givenchy che vedremo il prossimo ottobre – un Givenchy di cui presto, nel bene o nel male, si ritornerà finalmente a parlare.