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Come funzionano le stagioni della moda?

Le contraddizioni di un sistema che molti vorrebbero abbandonare

Come funzionano le stagioni della moda? Le contraddizioni di un sistema che molti vorrebbero abbandonare

La pandemia di coronavirus, con la crisi del settore fashion che si è portata dietro, ha spinto numerosi designer a criticare il modello della stagionalità nella moda. L’attuale calendario delle sfilate, degli ordini e della produzione è un meccanismo complesso, modellato sulle esigenze delle molte parti che compongono l’industria, di chi vende, di chi produce e di chi acquista. Il suo scopo principale è commerciale: presentare le collezioni ai buyer, produrle industrialmente e farle arrivare ai retailer secondo la schedule più strutturata, efficiente e sincronizzata possibile. L’intero processo possiede ritmi alquanto serrati: la produzione industriale prosegue per l’intero corso dell’anno, come anche i processi di design e la distribuzione, seguendo un calendario diviso in due stagioni principali e due secondarie. Per fare un esempio concreto del funzionamento del calendario della moda, si può analizzare il percorso seguito dalle collezioni SS20 attualmente in vendita nei negozi.


Il ciclo di vita delle collezioni primaverili

I lavori per le collezioni SS20 arrivate ai negozi fra il gennaio e febbraio di quest’anno sono in realtà iniziati fra il marzo e il maggio dell’anno precedente. Questa è la prima fase creativa, in cui si fa ricerca, si acquistano i filati e si pagano i fornitori. Nei mesi  estivi che seguono vengono realizzati prototipi e campionari e si prepara la sfilata per le fashion week di giugno. La collezione che buyer e giornalisti vedranno in passerella non è la stessa che arriverà nei negozi. Dei modelli visti in passerella i buyer selezioneranno in showroom quelli dal più alto potenziale commerciale che entreranno in produzione e infine arriveranno al retail. Il periodo che segue la fashion week è quello in cui si svolge la campagna vendite: è un altro periodo oneroso per gli agenti e i buyer che si devono spostare fra fiere, riunioni e showroom per piazzare i propri ordini. Dopo che gli ordini sono stati acquisiti, fra ottobre e dicembre, inizierà la fase di produzione . Tra la fine di gennaio e l’inizio di marzo i vestiti primaverili ed estivi arriveranno poi nei in negozi.

Il risultato di tutto ciò è che le stagioni del retail sono in anticipo sulle stagioni dell’anno. Infatti i vestiti della Primavera/Estate vegono presentati  a settembre dell’anno prima e arrivano nei negozi il febbraio successivo, nella stagione fredda. La merce autunnale arriva nei negozi in estate, quella primaverile in inverno. Gli sconti procedono di conseguenza, con la SS20 che viene scontata già a luglio e la FW20 che è già deprezzata a febbraio. È proprio questo che lamentava Armani nella sua lettera aperta

“Trovo assurdo che, in pieno inverno, si trovino abiti di lino nei negozi mentre in estate si trovino cappotti di alpaca per la semplice ragione che il desiderio di spendere deve essere soddisfatto immediatamente. Chi compra un abito per tenerlo chiuso nell’armadio in attesa della stagione giusta?”


Le pre-collezioni

Le collezioni si accavallano ancora di più quando si considerano le stagioni intermedie: Pre-Fall e Resort/Cruise. Anche queste sono state additate da Armani nella sua lettera come causa principale del sovraccarico a cui è sottoposta l’industria della moda. Le pre-collezioni Resort arrivano nei negozi dopo che la merce Autunno/Inverno è andata in saldo ma prima che la collezione Primavera/Estate sia stata consegnata ai retailer. Queste collezioni sono considerate “minori”, hanno uno scopo più commerciale e spesso sono un pretesto per i brand di organizzare sfilate in location diverse dalle obbligatorie passerelle delle capitali della moda. In origine si chiamavano Resort o Cruise perché erano create per quei ricchi clienti che visitavano paesi esotici o andavano in crociera nella stagione fredda  – ma ora sono arrivate a includere anche item invernali per il semplice fatto che la loro offerta è mirata a un pubblico internazionale (specialmente cinese, russo e arabo) che si veste per temperature diverse da quelle europee per le quali il sistema venne inventato. 

Con quattro collezioni l’anno e un ciclo di progettazione, produzione e distribuzione in perpetuo movimento i brand sono costretti a creare nuovi prodotti per l’intero corso dell’anno. Questo a sua volta si traduce in una sovrapproduzione di abiti che i retailer sono costretti a smaltire tramite forti sconti applicati solo pochi mesi dopo che la merce è arrivata in negozio - con l’effetto che il cliente che ha pagato un prezzo elevato per il proprio capo lo ritrova deprezzato anche della metà anche quattro mesi dopo. Un fenomeno contro cui Dries Van Noten e un altro gruppo di designer e buyer si è scagliato, chiedendo che la presente crisi del retail diventi l’opportunità per frenare i ritmi dell’attuale ciclo produttivo e si ritorni a una moda più lenta e a un tipo di prodotto più longevo, sia materialmente che esteticamente.