Op-ed: Cosa significa l'incontro tra Trump e il CEO di LVMH Bernard Arnault
E quali conseguenze avrà sul conglomerato del lusso francese
17 Ottobre 2019
Di tanto in tanto le collezioni delle maggiori case di moda sono influenzate della situazione politica in cui vengono create. Sono molti i designer che utilizzano la moda come un mezzo per raccontare quello che sta succedendo nel mondo. Nelle scorse stagioni, ad esempio, Maria Grazia Chiuri ha utilizzato la sua posizione da Christian Dior per parlare di femminismo e diritti delle donne; Stella McCartney da sempre usa le proprie creazioni e il proprio ruolo per sensibilizzare su cambiamenti climatici e sostenibilità; fin dalla sua nomina da Louis Vuitton, Virgil Abloh ha portato avanti una conversazione importante sull'identità black; mentre Rihanna, fondatrice di Fenty Maison & Fenty Beauty, ha le idee chiare su questioni come i diritti d'immigrazione. Questi sono solo alcuni dei brand di proprietà del gruppo del lusso LVMH che hanno espresso opinioni forti nei confronti di questioni controverse e molto discusse, sia attraverso le collezioni di moda che tramite le piattaforme personali dei designer stessi.
Eppure, oggi, l'esponente più importante di questo conglomerato del lusso, il presidente e CEO di LVMH Bernard Arnault, insieme ad alcuni dei suoi dirigenti incontrerà nuovamente Donald Trump - il Presidente repubblicano che nega l'esistenza del cambiamento climatico, che è stato più volte accusato di violenza sessuale e che rivendica con orgoglio la sua decisione di costruire un muro tra USA e Messico.
In fondo, però, l'incontro fissato per oggi potrebbe trattarsi di semplice business, visto che lo scopo di Louis Vuitton è mantenere l'impegno di fornire un gran numero di nuovi posti di lavoro agli americani. Ma alcuni recenti sviluppi, come ad esempio i commenti di Bernard Arnault su Greta Thunberg, definita "demoralizzante", oltre al semplice fatto che Arnault e Trump si incontrino a favor di stampa, ci porta a domandarci se il secondo uomo più ricco del mondo possa avere un po' più in comune con Trump di quanto pensassimo. Sul territorio americano Louis Vuitton conta già due fabbriche in California, quindi qual è il motivo reale per cui la Maison francese si accinge ora ad aprirne una terza in mezzo ai boschi del Texas? Senza dubbio per la società francese si tratta di un buon affare. Due anni fa infatti la contea di Johnson ha attuato un abbattimento fiscale del 75% che consente alle aziende registrate in Texas di dedurre circa $91.900 dagli importi che avrebbero dovuto pagare come tasse. Sembra che il dibattito che ha portato all'approvazione finale di questo provvedimento sia stato piuttosto acceso, con molti cittadini contrari che però non hanno potuto impedirne la promulgazione.
Potrebbe non sembrare un grande problema in questo momento, ma nel mondo della moda tutto è rappresentativo di qualcosa più grande, gli affari si accompagnano sempre ad aspettative più o meno alte. Brand, designer e persino riviste di moda sono ritenuti responsabili non solo delle loro azioni, ma anche di quelle dei propri collaboratori e partner. La stagione scorsa molti brand della New York Fashion Week avevano deciso di togliere il loro nome dal calendario dell'evento dopo aver scoperto che il proprietario del famoso edificio Hudson Yards, dove si sarebbero dovute tenere le loro sfilate, stava sostenendo finanziariamente la campagna per la rielezione di Trump. Dopo il China Gate, Net-a-Porter e Yoox hanno dichiarato che avrebbero tolto qualsiasi prodotto firmato Dolce & Gabbana dalle loro piattaforme cinesi. Vogue ha interrotto i rapporti con i fotografi Mario Testino e Bruce Weber dopo una serie di accuse di molestie sessuali mosse nei loro confronti. Se ognuna di queste realtà non avesse preso provvedimenti o non si fosse dissociata dalle controversie dei propri partner, è probabile che sarebbero andate incontro a conseguenze sociali e finanziarie ben più gravi.
E' indubbio che nella moda cerchiamo di giudicare tutti con un metro di giudizio morale alto, ma facciamo lo stesso anche con i nostri soci in affari? Questo esonera i miliardari francesi? Se qualsiasi designer si facesse fotografare mentre stringe la mano a Trump, nel bene o nel male quello scatto avrebbe delle conseguenze tangibili, ma la verità è che Arnault si trova in una posizione troppo privilegiata dall'alto del suo patrimonio netto di 100,1 miliardi di dollari, per soffire realmente di un qualsivoglia contraccolpo. Un boicottaggio selvaggio dei brand di proprietà LVMH metterebbe in mezzo solo dei lavoratori innocenti, che con le decisioni politiche dei propri vertici non hanno nulla a che fare. La conseguenza più grave LVMH potrebbe ironicamente subirla dall'interno, perché sono i suoi brand più giovani e promettenti, come Marine Serre, Kerby Jean Raymond e Richard Quinn, ad avere opinioni politiche molto forti, espresse anche e soprattutto attraverso le loro collezioni.