Come si combatte il fake market delle sneaker?
Lo abbiamo chiesto a Derek Morrison di StockX durante Sneakerness Milano
In un report pubblicato lo scorso maggio, il Better Business Bureau identificava nel mercato delle sneaker uno dei principali bersagli dell’enorme mercato del fake. Muovendosi in maniera elastica rispetto al mercato dei beni di consumo, il “fake market” ha intercettato il trend che vede nelle sneaker i dieci item più desiderati nella lista dei prodotti da uomo nel primo trimestre 2019 (dati Lyst Index), nonché un mercato che globalmente vale circa 55 milioni di dollari. I problemi generati da un aumento così sproporzionato del fake market in un settore in così rapida espansione sono diversi, e fanno tanto riferimento a danni di natura economica quanto a quelli di natura reputazionale. Principalmente infatti, il mercato delle sneaker deve essere inteso come un mercato di beni posizionali, acquistati per l’espressione di uno status quo, sia esso economico o - si spera - culturale.
E’ per questo che l’edizione 2019 di Sneakerness Italia ha deciso di affrontare di petto la questione, espandendo la sua partnership con StockX, il colosso del reselling mondiale che di recente ha aperto a Londra il suo primo “authentication center” europeo - lo spazio cioè dove le sneaker che vengono vendute sulla piattaforma vengono sottoposte al controllo di autenticazione.
«Le merci contraffatte stanno diventando sempre migliori e difficili da individuare, si è arrivati ad un livello quasi di fake di alta qualità», ha detto Derek Morrison, direttore di StockX Europa, a nss magazine.
Morrison ha poi continuato: «Dobbiamo continuare a investire per rendere il nostro processo sempre migliore. Sappiamo quanto critico possa essere questo aspetto: la gente si fida di StockX e di quello che acquista su StockX, e sappiamo che possiamo avere ancora margini di milgioramento tencologici e di prestazione». StockX d’altronde nasce proprio per creare uno spazio sicuro per le community di sneakerhead, un luogo dove gli acquisti, le vendite o la semplice informazione riguardo un item potessero essere protette e rese sicure.
Derek Morrison ha poi parlato della situazione di StockX - che oggi è il leader nel settore del reselling con un valore stimato di un miliardo di dollari - ma soprattutto ha battuto la strada agli investimenti in un settore che da passatempo e nicchia di mercato è diventato un business miliardario a tutti gli effetti.
«Non abbiamo inventato noi lo stock-market, è una cosa che esiste da centinaia di anni. L’abbiamo solo applicata a quello che ci piaceva e la cosa ha funzionato»
Alla domanda sulle future sfide che l’azienda si troverà ad affrontare, Morrison ha aggiunto: «certamente ci saranno competitor, già presenti sul mercato, che proveranno a migliorare e a competere cercando di avvicinarsi a quello che i venditori e i compratori vogliono; quello che vogliamo fare noi, oggi, è offrire la miglior esperienza all’utente, concentrarci su quello è oggi la priorità».
Va intesa in questo senso la volontà di StockX di allargare quanto più possibile la piattaforma, lanciando le piattaforme in italiano, in francese e in tedesco.
Lo scorso giugno il The New York Times aveva parlato di StockX come «part of a burgeoning group of online marketplaces that have turned resales of sneakers into a kind of currency — and an increasingly big business», sottolineando la maniera in cui i principali player del settore fossero riusciti a rendere le sneaker un vero e proprio investimento, lucrativo, peraltro. Un settore che ha visto negli ultimi anni cambiamenti radicali anche dal punto di vista artistico e non solo economico, con gli atleti che sono stati via via sostituiti da cantanti e rapper come punti di riferimento della community di sneakerhead così come dei brand, che gli hanno affidato le principali uscite dell’anno. Kanye West, Tyler, The Creator o Travis Scott sono solo i più eclatanti esempi: «i trend si stanno sempre più allontanando dalle semplici sneaker da performance - che sono sempre più difficili da indossare fuori dai campi di gioco rispetto alle Jordan 1 o alle Jordan VI. La sneaker culture si sta espandendo sempre più nel fashion, molto al di là delle scarpe da gioco, e in questo entrato certamente gli artisti citati. Sono però pochi quelli capaci di influenzare davvero il mondo del fashion, singolarità speciali con una creatività fuori dal comune che riescono a mettere la loro personalità e il loro personaggio in quello che producono. La possibilità, per i fan, di acquistare “una parte” dell’artista è stata la vera rivoluzione di questi anni», ha detto Morrison.
A Sneakerness Milano erano presenti tanti di quei modelli che hanno definito l’estetica degli ultimi anni dello sneaker-game, capaci di mettere insieme la community e di diventare dei veri e propri simboli dell’era moderna, insieme a borse, streetwear e oggettistica, tutti item diventati parte integrante di StockX:
«siamo molto contenti di come vanno le cose extra-sneaker; le borse realizzate da Virgil Abloh per Louis Vuitton o la capsule di Dior e Kaws fatta da Kim Jones: sono tutte cose che vendono molto bene sulla piattaforma. Abbiamo davvero la sensazione di star solo grattando la superficie e di poter fare molto di più».