Il peggio della Milano Fashion Week SS20
5 show che non ci hanno convinto
24 Settembre 2019
Nell'edizione della Milano Fashion Week appena trascorsa ci sono stati show che ci hanno fatto emozionare, collezioni convincenti e sorprese inaspettate, come il controverso show di Gucci o l'entrata di J-Lo da Versace, vestita solo del Jungle Dress indossato durante i Grammy del 2000.
Anche quest'anno però ci sono state gioie e dolori. Alcuni nomi del calendario milanese non ci hanno convinto, qualche novità tanto attesa non è riuscita a far scoppiare la scintilla, altri grandi nomi non sono riusciti ancora una volta a risollevarsi confermando un periodo non fortunatissimo di alcuni pilastri della moda italiana.
Ecco i 5 flop della Milano Fashion Week Donna SS20.
Dolce & Gabbana
Il 2019 non è stato un grande anno per Stefano Dolce e Domenico Gabbana. Nove mesi fa ci fu lo scandalo a sfondo razzista prima di una sfilata a Shanghai e da quel momento l'appeal del brand sembra ai minimi storici.
Tra difficoltà nel proporre nuove idee - limitate a replicare il fumoso ideale della mediterraneità - D&G ha deluso durante l'ultima FW.
I look che hanno sfilato in passerella sembravano un adattamento femminile della sfilata uomo di giugno, per lo più confusa, con una ripetizione esasperata di motivi floreali mischiati ai classici - e noiosi - tubini neri.
La Sicilian Jungle di Dolce & Gabbana è sembrata più una parata carnevalesca, nella quale i completi animalier zebrati e leopardati non hanno catturato l'occhio.
Frankie Morello
C'è ancora troppo Damir Doma in questo Frankie Morello, che non sappiamo ancora verso quale direzione stia procedendo.
Il nuovo direttore creativo del brand fondato nel 1999 a Milano ha portato in passerella molto della sua cifra stilistica, mischiando e provando a mettere insieme più idee possibili, e come spesso capita, il risultato è un quadro confuso. Allora ecco tessuti con pattern floreali, sartorialità ironizzata con asimmetrie, tie-dye, calzature di ogni genere e un make up senza un filo riconoscibile comune.
Frankie Morello entra di diritto nella nostra classifica dei flop se non altro per i look con salviettone in testa e asciugamano, così realistici da sembrare completamente fuori posto.
Marni
Sarà la nostalgia dello stile Castiglioni, della pulizia delle linee, ma dopo tre anni Francesco Risso non sembra aver ancora convinto a pieno. Potrebbe sembrare un pensiero controcorrente rispetto alla reputazione e al clima di entusiasmo intorno a Marni e a Risso, che tuttavia hanno saputo interpretare al meglio il tema della sostenibilità, uno dei trend topic della MFW.
Il concetto di metamorfosi nella collezione, quello (ancora una volta) della giungla, il ready-made con oggetti di uso comune restituiscono l'idea di un laboratorio, di un cantiere aperto la cui visione ancora non sembra chiara.
Sarà che il suo lavoro sembra ancora quello di un giovane strampalato e artistoide, ma la collezione di Marni non sembra appartenere a una moda reale, vendibile se non per il suo valore artistico e la sperimentazione.
Moschino
Conoscere Jeremy Scott non vuol dire dover accettare ogni tipo di stramberia che porta in passerella. La collezione che ha sfilato al Palazzo del Ghiaccio è un omaggio al cubismo e alle opere di Pablo Picasso, divise in 4 momenti: la Spagna, la donna e i visi destrutturati, la musica e le cornici.
Abbiamo visto abiti elegantissimi, così come impalcature fin troppo eccessive, come l'abito indossato da Kaia Gerber ispirato al quadro di Picasso Violín y Uvas. Scott ha preso dal cubismo il tema del collage senza scopo narrativo ma forse ci aspettavamo di intravedere qualcosa di più di un esercizio di stile.
United Colors of Benetton
Lo streetwear non sempre è un terreno sicuro, specialmente se si rischia di riprodurre idee già ampiamente gli stessi codici, colori e dettagli.
I marinai di Jean-Charles de Castelbajac si limitano prima a ripetere i simboli del tema "marina", con il classico trionfo di colori che sembra portare in scena una collezione non nuova ma solamente svecchiata.
L'arrivo del francese doveva portare a riavere la fiducia di un pubblico più giovane e vario, ma la distanza di linguaggio sembra non essere stata colmata. Non bastano colori e un approccio più bizzarro a riavvicinare il nuovo pubblico dello streetwear, le fotografie di Toscani, presenti su magliette e pantaloni appartengono ad un'altra epoca della moda, difficilmente leggibile dai nuovi consumatori.