Perchè Stone Island si chiama Stone Island?
I riferimenti dietro al logo e al nome del brand fondato da Massimo Osti
05 Luglio 2019
Filippo D'Asaro
Stone Island è uno dei brand più Hype sul mercato, come confermato anche dalla classifica stilata da Lyst a inizio 2019, la rosa dei venti - logo del brand - è diventato uno status symbol anche se in molti non conoscono la storia del brand, il significato del nome e la simbologia dietro una delle case di moda più influenti al modo.
Gli scrittori modernisti di inizio ‘900 definirebbero il lavoro di Massimo Osti - inventore di C.P. Company e Stone Island - come un pensiero “Beyond the Pale”, letteralmente “oltre la palizzata”, indicando con questo termine tutto ciò che possiamo collocare al di fuori dei confini e delle convenzioni. John Miur ci darà anche la definizione dello spirito modernista, dicendo che “essere un moderno significa essere un precursore”, probabilmente tra i termini più abusati per descrivere la carriera di stilisti e designer ma che trova una serie di conferme se utilizzato per descrivere il lavoro di Osti.
È probabilmente poco nota la storia che collega C.P Company a Stone Island, nati dalla stessa mente creativa e dalla capacità di gestire gli imprevisti da parte di Massimo Osti. La storia del brand emiliano che ha collaborato con Nike e Supreme NY è infatti concatenata allo sviluppo dei capi di C.P. Company. Se in molti casi è il mercato a sancire il successo di un marchio, la totale impreparazione o mancanza di sensibilità del pubblico del 1982 gettò le basi per la nascita di Stone Island, che da costola di C.P. è diventato uno dei top brand mondiali.
Il nome di Battesimo di C.P. – inizialmente Chester Perry fino alla battaglia legale persa contro Fred Perry e Chester Barry – riprende il nome della fabbrica in cui lavorava Bristow, il personaggio dei fumetti ideato dall’inglese Frank Dickens, uno dei più grandi fumettisti di sempre.
L’origine di Stone Island invece, nata 11 anni dopo C.P. e ora di proprietà di Carlo Rivetti, è ancora una volta legata all’Inghilterra, ma questa volta legata proprio alla simbologia di quel filone della letteratura modernista ancora romantica che ragionava “oltre la palizzata”.
C.P. Company era stato fondato per vestire un uomo sofisticato, dall’attitudine inglese e molto diverso da quello irrigidito ancora vincolato al cappotto in lana. Il terreno era fertile nel campo delle sperimentazioni, soprattutto per quanto riguardava i materiali, ma il salto di qualità arrivò quando Massimo Osti incomincia a cercare l’errore in maniera sistematica, per ottenere soluzioni impreviste in fase di produzione da poter utilizzare come base per nuovi progetti.
La consulenza di Adriano Caccia di ITS Artea – azienda partner nello sviluppo di nuovi trattamenti di tessuto – porto alla realizzazione di un ordine disastroso, i capi tornarono interamente indietro. La colpa era quella di un processo che portava i capi a scolorirsi facilmente, creando un effetto di usura difficile da digerire per l’epoca.
A questo punto le strade erano due: abbandonare un progetto e affinarlo per garantire più vendite, oppure dare un senso non solo teorico al termine “precursore”, che nel dizionario è descritto all’incirca come qualcuno “che anticipa nel tempo idee, concezioni, scoperte che verranno realizzate pienamente in età futura”.
L’imprevisto si trasforma in occasione, Osti capisce che C.P. non è il contesto giusto e nasce Stone Island, con una collezione di sette capispalla in sei varianti bicolore di quel telone bifacciale di origine industriale che prenderà il nome di Tela Stella. Quel capo, lavato con pietra pomice (“Stone Washing”) nel contesto adatto si confermerà come un grande successo, superando il conformismo e seguendo gli stimoli delle controculture giovanili di quegli anni.
Lo stile e la cultura inglese hanno un certo peso in tutta la produzione di Stone e C.P., oltre a compiere viaggi oltremanica per raccogliere nell'archivio materiali per campionario o reference future.
Il nome Stone Island deriva infatti da due dei vocaboli inglesi più utilizzati nei romanzi dello scrittore romantico e moralista Joseph Conrad, caposcuola proprio di quel movimento pre-modernista. Le storie di Conrad spesso sono viaggi interiori di uomini che per domare i moti dell’animo vanno a cercare un’esperienza fisica differente, lontana fino a quel momento dalla comprensione.
Può essere che Osti abbia rivisto in quei temi e nella ricerca di una nuova prospettiva, proprio il senso dell’embrione Stone Island, vicino anche nello stile ai temi di Conrad.
I romanzi - in molti casi autobiografici – ambientati per mare, aiutavano ad evocare l’aspetto marina del tessuto, ricordando quelle cerate inventate anni prima da brand come Barbour, McIntosh, Aquascutum. Anche i simboli rimandano a precise sensazioni, come la rosa dei venti, logo inconfondibile del brand e patch che occupa il suo posto sulle maniche sinistre di giacche, piumini e maglioni.
I temi del viaggio, di luogo e non luogo, ma soprattutto la percezione che il futuro sia “oltre la palizzata” continuano a ritornare nelle collezioni di Stone Island, anche ora che lo sviluppo tecnologico ha reso tutto molto meno bohemien.