Patagonia non lavorerà più con società non eco-friendly

Quando lo scorso anno Patagonia ha cambiato la propria missione in "Siamo in affari per salvare il nostro pianeta" non scherzava affatto. La dimostrazione è quanto è accaduto a Binna Kim, presidente di un’agenzia di comunicazione chiamata  Vested che rappresenta fondi hedge, banche, fintech e società di gestione patrimoniale, tra cui Morgan Stanley. La donna ha provato a ordinare articoli del brand californiano per un cliente ottenendo come risposta un rifiuto.

Tra le motivazioni, diffuse tramite un'e-mail di un fornitore di terze parti dei prodotti Patagonia, si legge:

"Patagonia non ha nulla contro il tuo cliente del settore finanziario, non è un'area che sta attualmente commercializzando attraverso la nostra divisione co-brand… il marchio è focalizzato in questo momento solo sul co-branding con una piccola collezione di aree affini e allineate al brand;sport outdoor che sono attinenti all’equipaggiamento che progettiamo, agricoltura organico-rigenerativa e attivismo ambientale”.

Il brand ha aggiunto inoltre che spera di collaborare con più "aziende mission-driven che danno la priorità al pianeta" e si augura di aggiungere altre aziende B Corp, ossia che soddisfano un determinato standard di rispetto per l'ambiente, responsabilità sociale e trasparenza per la propria clientela. In poche parole, Patagonia  venderà i propri prodotti customizzati solo ad aziende che hanno abbracciato pienamente le cause caritatevoli e ambientaliste. Questa decisione sta facendo tremare tutti gli aspiranti giovani titani dell'industria fintech che negli ultimi anni, da Wall Street alla Silicon Valley, hanno scambiato le loro giacche formali per un look più casual eleggendo il gilet Patagonia (in pile o piumino) come loro nuova divisa, una sorta di status symbol celebrato anche in innumerevoli meme e account tribute Instagram come @midtownuniform. Loro "si disperano", ma il pianeta forse otterrà dei benefici dalla nuova mission di Patagonia.