Guida completa alla moda Made in Russia
In attesa della Mercedes-Benz Fashion Week Russia
12 Ottobre 2018
Non solo Londra, Milano, Parigi e New York. Dal 13 al 17 ottobre, tocca a Mosca dettare lo stile per la prossima SS19. Fondata nel 2000 da Alexander Shumsky, la Mercedes-Benz Fashion Week Russia è cresciuta sempre più, passando dai 18 designer della prima edizione agli oltre 170 nel 2018. Anche se la scena della moda sovietica è relativamente giovane, nata quando l'URSS è crollata nel dicembre 1991 e sviluppatasi un decennio più tardi, nell’ultimo periodo sta guadagnando grande attenzione internazionale, grazie a star come Demna Gvasalia e Gosha Rubchinskiy. La Russia rappresenta ora uno dei maggiori mercati al dettaglio e una delle economie europee più dinamiche, a tal punto che l'agenzia statale tedesca Trade & Invest (GTAI) stima sia cresciuto nel 2017 del 5% a 2,4 trilioni di rubli russi (34,1 miliardi di euro). Quali sono le prospettive per l'industria? Secondo Shumsky:
"La realtà della moda è cambiata […] È tempo di concentrarsi su migliaia di talenti che potrebbero diventare marchi di nicchia forti come un unicorno collettivo."
I designer su cui puntare per il futuro sono newcomers che “rifiutano i classici dogmi preferendo una celebrazione della moda quasi caotica, da raver, più vicina alla quotidianità dei teenager”, quelli che non solo conquistano i millenials, ma che riescono a creare hype, aiutando il mondo underground a diventare mainstream. Mentre il countdown per la FW continua, nss vi spiega quello che c’è da sapere sulla moda made in Russia.
History
Pellicce, zibellini rivestiti con lamine d’oro e tempestati di pietre, preziose sete operate, tessuti riccamente decorati. L’inizio della storia della moda in Russia coincide con l’opulenza delle corti degli zar, figure legate ad un’immagine imperitura simbolo di grandezza. Sono monarchi assoluti, capaci di dettare legge e di plasmare l’estetica di un’intera nazione, regolamentando persino chi può indossare cosa. Con Pietro I, ad esempio, grande cultore dell’arte europea, il paese subisce una profonda occidentalizzazione. Tra le tante riforme attuate, spicca il divieto degli abiti tradizionali russi e l’introduzione per le donne di corsetto e del fontage, un’elaborata acconciatura francese con boccoli, nastri, pizzi, sostenuta da un’armatura metallica. Durante in regno di Caterina la Grande, tedesca di nascita, invece, a corte si torna a enfatizzare il carattere nazionalista e nell’armadio convivono ampi vestiti a cerchio e parrucche con versioni francesi dei tradizionali capi russi (kaftani, sarafani e kokosniki).
Se nel periodo della Belle Époque, dalla fine del XIX secolo agli inizi del XX, predomina l’ideale della donna-fiore, eterea e fragile, dalle forme a “clessidra”, negli anni prebellici gli abiti cominciano ad apparire più vistosi, esotici e grazie ai Ballets Russes e ai costumi creati da Lev Bakst, la Russia detta lo stile in Europa, imponendo i brillanti contrasti di colore nei classici ricami popolari, l’abbottonatura in sbieco, il sarafan, un abito tradizionale consistente in tuniche portate sopra i pantaloni. I disegni di Bakst hanno un’influenza enorme su molti designer. Riconoscibile quasi 50 anni dopo, nella "Collezione russa" di Yves Saint Laurent della fine degli anni '70, essa si sente in particolare su Paul Poiret che gioca con la “silhouette paralume", tinte primarie, pantaloni harem, gonne avvolgenti e turbanti di ispirazione orientale, cappotti in stile cosacco rifiniti in pelliccia e ricami folklorici. L’arrivo della guerra coincide con un ritorno alla semplicità e gli abiti cominciano ad assomigliare sempre di più alle divise militari, le gonne si accorciano, le donne si liberano dei busti e cominciano a tenere i capelli corti.
Con la Rivoluzione d’Ottobre, per ragioni ideologiche e penuria di risorse, la moda civile subisce grandi trasformazioni: le donne sfoggiano il fazzoletto rosso annodato sulla nuca come un simbolo dell’emancipazione femminile; ragazzi e le ragazze del Komsomol indossano la “jungshturmovka”, una divisa (giacche di un verde con colletto, tasche applicate e cinture di cuoio) presa in prestito dai giovani comunisti tedeschi appartenenti all’organizzazione della “Jungsturm rossa”. Nello stesso periodo, Lenin fonda a Mosca una scuola d’arte di design e modellistica controllata dallo Stato e la prima stilista russa di abiti femminili, Nadezhda Lamanova, crea una collezione presentata durante l’Expo mondiale di Parigi del 1925. La Nep (Nuova politica economica) porta una certa abbondanza e dall’Europa filtrano le tendenze degli “Anni ruggenti”. Lo stile stalinista combina motivi della tradizione sovietica con il glamour hollywoodiano contemporaneo e la progressiva militarizzazione del paese si traduce con l’introduzione dell’uniforme anche nelle professioni civili. Dagli anni del disgelo fino al 1991 c’è la tendenza a idolatrare i prodotti occidentale che fa fiorire il mercato nero e l’imitazione di beni europei o americani. Se il primo atelier di moda viene inaugurato nell’aprile 1944, nella casa Mertens, al civico 21 di Nevskij Prospekt, è il designer Slava Zajtsev a fondare la prima casa di moda in stile occidentale, che, soprannominato il “Dior Rosso”, verso la fine degli anni ’80 è protagonista delle passerelle di tutto il mondo.
The importance of Gosha Rubchinskiy e Demna Gvasalia
Chiamatelo “post-soviet style”, “post-soviet cool” o come vi pare, il risultato non cambia: quasi trent’anni dopo la caduta del muro di Berlino, nell'ex URSS, la moda sta risorgendo e si sta imponendo con forza sul panorama internazionale. A dettare la nuova estetica sono Gosha Rubchinskiy (per molti talmente importante da paragonare la sua influenza sull'industria mondiale a quella dei Ballets Russes di Sergei Diaghilev), Demna Gvasalia e Lotta Volkova. La loro filosofia fashion si nutre di contaminazioni tra sportswear, cultura digitale, vintage, skate, hip hop, heavy metal, '90s streetwear, subculture giovanili e storia sovietica, dando vita ad un’estetica spesso al limite del brutto, underground, iperrealista, cruda, che attinge a piene mani dalla strada. Come afferma Alexandre Samson, tra i curatori del museo della moda parigino Palais Galliera, "si tratta di una nostalgia del passato senza nostalgia”, un'estetica propria della cultura slava, affine allo stile underground berlinese. Gli anni turbolenti che hanno seguito il collasso del comunismo diventano felpe oversize, logo decostruiti, bomber, tute simil adidas, giacche dalle proporzioni dilatate e squadrate, lunghi trench, capi con scritte in cirillico e simboli comunisti. Questi nuovi “gopnik” con la loro etica DIY, nono solo hanno spinto molti creativi emergenti, marchi di streetwear come Sputnik1985 o Volchok, a inseguire la ribalta internazionale; ma hanno anche puntato un riflettore su altri designer. La scena russa è varia e al suo interno si distinguono nomi come Vika Gazinskaya, pionieri d'avanguardia come Nina Donis, talenti emergenti come Tigran Avetisyan e Yulia Yefimtchuk, ma anche la haute couture con la strana tra contadini e principesse della it girl Ulyana Sergeenko.
Trend Made in Russia
Da sempre isolata da una politica di stampo protezionista, l’interesse per la cultura e il vestire russo da parte dell’occidente è oscillante. I primi tentativi di infiltrarsi in territorio straniero risalgono al 1400, quando le pellicce di zibellino, volpe e lupo iniziano a essere usate dalla classe mercantile italiana, come testimoniano alcune opere di Tiziano e Tintoretto. Anche lo zar riformista Pietro il Grande infiamma gli spiriti degli europei, come dopo il 1814 i cosacchi e i reggimenti ussari dell’esercito, ma sono i balletti di Djagilev ad imporre il tema russo nell’Europa del XX secolo.
L’eco del loro impatto attraversa le epoche, dal celebre stilista francese Paul Poiret, che introduce nella moda parigina i ricami ucraini e gli stivali alla cosacca, passando attraverso la seconda metà del ‘900 con la Russian Collection di Yves Saint Laurent ed arrivando agli anni 2000 quando hanno cominciato a uscire una dopo l’altra: Parigi-Mosca di Lagerfeld per Chanel, la “linea russa” di Marras per Kenzo, le proposte nello spirito “à la russe” di John Galliano, Roberto Cavalli, Valentino e Dolce&Gabbana. Tantissimi sono i capi provenienti dalla patria di Gogol e Dostoevskij che diventano trend popolari nel mondo: il “bavero boiaro”, gli ornamenti slavi, i bellissimi “kokoshnik del Nord”, gli scialli con le nappe, i vestiti floreali, le camicie ricamate, i colbacchi, le gonne sfarzose con il punto vita sottolineato e i colletti castigati, le collane e gli orecchini massicci, i lunghi cappotti alla cosacca, ma anche pezzi irrinunciabili negli ultimi mesi. Qualche esempio? Come suggerisce il sito Russia Beyond: la net bag ispirata alla avoska, una borsa in corda che negli anni ’70 veniva utilizzata per andare a fare la spesa; il workwear portato come casual wear; le giacche dalle spalle larghe e l’oversized tailoring tanto amati da Balenciaga, Vetements, Calvin Klein e Martine Rose; i “Proshchaj, molodost”, stivaletti bassi con un’imbottitura in feltro e una spessa suola di gomma, riproposti anche The North Face; le galosce; il berretto a cresta del gallo; i sandali con i calzini.
Fashion vs Politics
Vodka, balletto, letteratura e ora anche moda. Grazie ai millennials, diventati la fetta demografica più influente e ricercata da quest’ultimo settore, la Russia fa sentire il suo peso in tema di stile. Prima, però, del recente successo di Rubchinskiy & Co., il paese ha trascorso la maggior parte del XX secolo vestito con uniformi pre-approvate dallo stato. Dagli zar al regime di Stalin, moda e potere sono andate di pari passo ed ogni cambiamento dell’una coincideva con una rivoluzione dell’altra. Con il crollo dell'Unione Sovietica, il popolo ha, finalmente, la possibilità di scegliere e sperimentare con il guardaroba. Nonostante ciò, fino a poco tempo fa, la Russia ha faticato a produrre un marchio di moda globalmente riconoscibile o una tendenza commercialmente valida. Gvasalia e gli altri designer connazionali contemporanei sono un miracolo che l’attuale governo vuole tentare non solo di replicare, ma anche di consolidare. Per questo sono nate iniziative come FashionNet con l’obiettivo di ottenere il 70% di copertura del mercato dell'abbigliamento interno entro il 2035.
Moscow Fashion Week
Dal 13 al 17 ottobre Mosca ospiterà la settimana della moda russa, durante la quale circa 175 designer nazionali e stranieri mostreranno le loro nuove collezioni di vestiti e accessori. Da Goga Nikabadze a Bella Potemkina, da Vyacheslav Zaitsev a Yulia Dalakyan, i creativi si divideranno, come sottolinea il fondatore della MBFW Russia, tra quelli che puntano su classicità e tradizione del costume russo e i nuovi talenti che rifiutano i classici dogmi, preferendo una celebrazione della moda quasi caotica, da raver, più vicina alla quotidianità dei teenager. È, probabilmente, quest’ultimo gruppo che, più audace e orientato al futuro, riporterà l’ex URSS al centro dell’attenzione. Punta sui nuovi talenti anche l’Accelerator Fashion Futurum che ha indetto un concorso per permettere ai designer principianti di accedere alla FW e ad un prestigioso programma educativo.