nss 90s: the decades most epic catwalks
Dallo show per la collezione Versace FW91 ai robot che dipingono l’abito di Shalom Harlow per la SS99 di McQueen
27 Giugno 2018
Moda ed anni ’90 è un connubio tornato prepotentemente attuale.
Da Vetements a Eckhaus Latta, da Alexander Wang a Prada, ogni designers sceglie di rielaborare un trend o un dettaglio dell’epoca, declinando a proprio modo grunge, minimalismo, decostruttivismo, glamour.
Mentre a Parigi, Londra, New York e Milano si alternano le proposte per la prossima SS19, nss vi riporta indietro di un ventennio per rivivere alcune delle sfilate più epiche viste in passerella nei magici anni '90.
Scelte per il loro impatto nella moda, per la spettacolarità dello show, per l’iconicità delle creazioni o per aver profondamente influenzato quello che vediamo oggi nelle varie fashion week.
Versace FW91
Se solo all’epoca ci fosse stato Instagram, la sfilata per la FW91 di Versace avrebbe “spaccato” il social media.
In passerella le ragazze di Gianni ballano, girano in gruppo come amiche, spezzando la classica formula secondo la quale ogni modella avanza e poi torna indietro da sola.
Piccoli gesti che trasformano quello che fino ad allora era un piccolo evento per stampa e compratori in uno spettacolo da prima pagina, uno spazio in cui musicisti, stelle del cinema sono mescolati e le modelle diventano top.
Il finale, con Linda Evangelista, Cindy Crawford, Naomi Campbell e Christy Turlington a braccetto lungo la passerella, che sincronizzano le labbra con le parole di "Freedom! '90" di George Michael, richiamando alla memoria il video di cui sono protagoniste, è assolutamente epico.
Se la celeberrima frase di Linda Evangelista "Non mi alzo dal letto per meno di 10mila dollari" da qui in poi diventa realtà, il merito è di Gianni Versace e di questa sfilata.
Perry Ellis SS93
Catturare lo spirito del suo tempo.
È quello che ha fatto Marc Jacobs creando la collezione primavera/estate 1993 di Perry Ellis.
“Con Kurt Cobain e Courtney Love sui giornali e la loro musica che dominava sulle radio e su MTV un ventinovenne Marc Jacobs mandò in passerella camicie di flanella, abitini con stampe da nonna, cuffie fatte a maglia […] La collezione diventò sinonimo di cool e rappresentativa anche culturalmente delle collezioni che Marc Jacobs lanciò per la sua personale casa di moda in seguito” ricorda oggi Nicole Phelps su vogue.com.
Purtroppo all’epoca nessuno comprende la lucida visione del giovane talento americano.
La critica Suzy Menkes sentenzia "Il grunge è orribile" e la collega Cathy Horyn ribadisce "Il grunge è un anatema per la moda", ha scritto la leggendaria critica di moda Cathy Horyn nella sua recensione. "Raramente la sciatteria è sembrata così impacciata, o ha avuto un prezzo così alto."
Risultato? Jacobs viene licenziato.
Poco male, perché, contemporaneamente, grazie alla sua controversa visione estetica che incarna lo stile di Nirvana, Mudhoney e Pearl Jam la carriera del designer viene consacrata e quei 72 look fanno la storia della moda.
Jean Paul Gaultier SS94
Jean Paul Gaultier, l’enfant terrible della moda, è famoso, come scrive lo storico della moda Richard Harrison Martin, per “La sua sensibilità postmoderna di trasformare, abbandonando il comando cognitivo del passato a una sensibilità intuitiva per il presente".
Questa sua caratteristica gli ha permesso di presentare alcune delle sfilate più indimenticabili degli anni '90.
Una è sicuramente la SS94, “Les Tatouages” .
Con questa collezione Gaultier crea un collage di ciò che vede per strada, in una città globalizzata come Parigi, un
rompicapo di riferimenti che include note tribali, indiane e africane; misticismo orientale; Giovanna d'Arco e lo spirito selvaggio del punk.
In passerella si alternano Stella Tennant, Naomi Campbell, e l'eccentrica attrice Rossy De Palma, uomini in gonne avvolgenti in stile sarong, una pletora di stampe trompe l'oeil, corsetteria, armature, falsi piercing, kilt stampati, cappotti in broccato stile Louis XVI, denim dai volumi hip-hop.
Per Vogue è "una visione sorprendente dell'armonia interculturale".
Chanel SS94
Chanel ci ha abituato a sfilate spettacolari, con iceberg di 265 tonnellate importati dalla Scandinavia, razzi spaziali, navi da crociera o supermarket, ma negli anni ’90 le cose sono più semplici e dirette.
A imperare è l'approccio "attitude-first".
Certo, modelle bellissime e abiti strepitosi aiutano, come nella proposta SS94.
Karl Lagerfeld incapsula lo street style nelle sue creazioni e fa indossare a Kate Moss, Helena Christensen, Carla Bruni e alle altre ragazze extensions arcobaleno tra i capelli, bucket hats, fermagli per capelli oversize, micro bikini, cortissimi abiti in tweed accessoriati con catene da rapper, pantaloni baggy con bretelle e persino pattini in linea con l’iconica doppia “C” di Chanel.
Calvin Klein SS94
È innegabile: il 1994 è stato un anno elettrizzante per la moda.
E per Calvin Klein.
I suoi capi in cui "niente è rigido” riflettono la convinzione del designer che, come ha detto a Vogue, gli anni ’90 "riguardano il personale, il restare e stare da soli, e non ostentare quello che si ha sulle spalle".
Le sue creazioni minimali, sottili quasi come biancheria intima, hanno stabilito un nuovo standard di eleganza e sono entrati nell’iconografia collettiva a tal punto che lo sleep dress indossato da Kate Moss durante la sfilata per la collezione SS94 è stato esposto al MoMa. È diventato parte della mostra “Items: Is Fashion Modern?”, scelto, insieme ad altri pezzi indimenticabili, perché ha contribuito a plasmare la cultura della moda così come la conosciamo.
Gucci FW95
Niente fronzoli, solo abiti.
A volte bastano questi per conquistare per decretare il successo di una sfilata e farla entrare nella lista di quelle più importanti del decennio.
Chiedetelo a Tom Ford che con la collezione FW95 disegnata per Gucci ha realizzato lo show del marchio toscano più redditizio di sempre.
Prima di allora in pochi si sono accorti del grande talento e commerciabilità di Ford, il giorno dopo la richiesta per acquistare un pezzo della nuova linea è talmente grande da non consentire l’accesso nello showroom.
Un'isteria assoluta che inaugura un’era nuova ed ultra-glam di Gucci, oltre a fare salire le vendite del 90% tra il 1995 e il 1996.
La collezione, presentata a Milano, ha un inedito tocco sexy che conquista anche le star. Per gli MTV Video Music Awards di quell'anno, infatti, Madonna sceglie il look indossato in passerella da Kate Moss, uno degli outfits chiave della FW95, composto da camicetta di seta color berillo e pantaloni neri a vita bassa.
Maison Martin Margiela FW95
Kanye West le indossa spesso.
Givenchy ne ha fatto un’arte dal forte impatto visivo.
Le maschere che oscurano completamente il viso delle modelle sono, però, uno dei tanti regali, insieme ad un’ossessione per la decostruzione e agli stivali Tibi, che Martin Margiela ha fatto al mondo della moda.
Questo accessorio cattura l’attenzione durante la sfilata per la collezione FW95, svoltasi all’interno di un tendone da circo al Bois de Boulogne di Parigi.
Qui, una dopo l’altra, le modelle sfilano con il volto coperto con un velo di mussola scuro, tolto all’uscita finale e sostituito da più allegri palloncini fucsia tenuti in mano.
Comme des Garçons SS97
Negli anni ’90 gran parte dei designer è impegnato nell’allontanarsi il più possibile dal linguaggio visivo del decennio precedente.
Nel caso di Rei Kawakubo, rinnegare una certa concezione di donna come trofeo culturale e oltrepassare i limiti imposti dal corpo, sono parte fondamentale della sua estetica.
Un esempio perfetto è "Body Meets Dress, Dress Meets Body", collezione SS97 conosciuta anche come “Lumps and Bumps”, nella quale la designer giapponese mette in scena una parodia dei moderni ideali di bellezza.
Qui lo studio dei volumi viene esplicitato con l’inserimento di protesi morbide, che danno vita a sagome inedite, deformate.
Helmut Lang FW98
Helmut Lang lo ha fatto vent’anni fa.
Prima di tutti.
Prima che diventasse una consuetudine.
Ha presentato la sua collezione FW98 su Internet.
Lo spettacolo, assemblato in meno di una settimana, è stato registrato in uno spazio grezzo con pavimenti in cemento, trasmesso su HelmutLangNY.com e, successivamente, distribuito alla stampa tramite CD-ROM.
Con questa scelta Lang ha abbracciato il futuro e ispirato la prossima generazione di designer a fare lo stesso, come ha ricordato tempo dopo.
"All'epoca sentivo che Internet sarebbe diventato qualcosa di molto più grande di quanto immaginabile, quindi ho pensato che fosse il momento giusto per sfidare la norma e presentare la collezione online." - ha raccontato - "È stato uno shock per il sistema, ma un inizio della nuova normalità. In termini di contesto più ampio del settore, abbiamo realizzato nella stessa stagione l'intera collezione disponibile su una piattaforma pubblica, consentendo ai consumatori per la prima volta di ottenere una visione non filtrata del mio lavoro".
La collezione? 81 look, maglioni e pantaloni e parka e giacche in beige crema, bianco, limone, tortora, grigio e nero.
Hussein Chalayan SS98
Pochi show sono stati emotivamente potenti come “Between”, in grado di portare il pubblico alle lacrime.
Ancora attuale come non mai, nel 1997 Hussein Chalayan mette in scena una provocatoria esplorazione del ruolo delle donne islamiche nella società.
Il finale della presentazione resta un’immagine indimenticabile: un gruppo di modelle con indosso niqab di varia lunghezza. Il primo sfiora il pavimento e gli altri si accorciano sempre più, fino a lasciare tutto il corpo nudo esposto.
L'orlo non ha mai avuto tanta importanza né una risonanza emotiva così grande.
Concettuale. Sperimentale. Innovativo.
Christian Dior Spring 1998 Haute Couture
La Marchesa Luisa Casati, mecenate e musa d'arte italiana, vissuta all'inizio del secolo scorso, è una delle figure femminili che più ha influenzato la moda.
Quasi ogni stilista importante le ha dedicato una collezione, ma John Galliano è andato, facendo dell’ispirazione verso l’eccentrica nobildonna una costante intrinseca della propria estetica.
Il suo più grande omaggio alla Casati resta lo show Haute Couture Spring 1998 realizzato per Christian Dior.
All'interno dell’Opéra Garnier di Parigi, l’uomo ricrea un salone da ballo art noveau del primo Novecento, popolato da misteriose ed affascinanti creature dagli abiti sontuosi, cappotti rifiniti in visone, guaine e gonne di pizzo, ricami di rose, tulle e tutto ciò che evoca decadentismo.
Un eccesso di bellezza.
Secondo il critico e giornalista Tim Blanks è la definizione stessa di “sfilata di moda”.
Alexander McQueen SS99
Quello di Alexander McQueen era un talento sconfinato, capace di produrre, come nessun altro, una serie di collezioni iconiche.
Da “Nihilism” dell’ottobre 1993, con l’esordio pantaloni “bumster” a vita bassissima indossate con T-shirt trasparenti con schizzi di sangue finto, fino a "Highland Rape" del 1995 in cui affronta la questione della storica oppressione degli scozzesi per mano dell’Inghilterra, ogni sua proposta lascia il segno.
Lo spettacolo per la primavera del 1999 però va oltre, sfociando nell’arte performativa.
“No. 13”, così chiamato perché è il tredicesimo show del designer, resta l'omaggio più aperto di McQueen al movimento Arts and Crafts, con disegni in toni naturali e materiali come balsa e rafia, usata per corpetti intricati e gonne sfrangiate, o pizzo e pelle, base per pezzi asimmetrici e corsetti ispirati ai laboratori dell'Ospedale Queen Mary's di Roehampton (luogo che ha aperto la strada alle protesi per le persone ferite durante la prima guerra mondiale).
Tutto si ferma in momento cristallizzato nella memoria fashion collettiva quando in passerella arriva Shalom Harlow con un abito senza bretelline in sangallo, stretto sul busto con una cintura di pelle, e inizia a girare su una piattaforma circolare mentre dei robot, solitamente usati per dipingere le auto, spruzzano colore.
Una danza accuratamente coreografata, ispirata ad un’installazione dell’artista Rebecca Horu.