Il recente caso della campagna di Calvin Klein accusata di essere “inappropriata”
Si riaccende il dibattito sulla sottile linea tra morale e immagine nella moda
22 Marzo 2017
Solo poche settimane fa parlavamo della censura della campagna pubblicitaria di Saint Laurent accusata di essere offensiva, e oggi ci troviamo ad affrontare un caso simile. Questa volta nel nella bufera delle polemica è finito il marchio americano Calvin Klein a causa della sua recente campagna underwear ritenuta inappropriata e irresponsabile. L'immagine in questione, apparsa sulla vetrina di uno store di House of Fraser a Cheltenham, mostra la modella Lulu mentre sembra intenta a togliersi il suo basic reggiseno Calvin Klein. Il negozio ha ricevuto talmente tante segnalazioni contro il manifesto pubblicitario che si è trovato costretto a rimuoverlo. L'accusa non attacca semplicemente la posa “provocante” della modella Lulu, ma il fatto che sembri minorenne – nonostante lei abbia più di diciotto anni.
"While I realise it is likely she is probably of legal age to appear, the fact that she looks underage in terms of body shape and somewhat vulnerable facial expression combined with the fact that she is wearing very little and is adopting a strangely provocative pose means it could be deemed to sexualise children" ha detto una portavoce dell'accusa.
Dunque la pubblicità sarebbe ritenuta pericolosa perché lancia un messaggio ambiguo e irresponsabile. Il fatto che la modella sia effettivamente maggiorenne non interessa, poiché quello che la pubblicità mette in scena è una giovanissima ragazza in una posa accattivante, creando un'immagine molto sensuale.
#1 Sex sells
Non è la prima volta che Calvin Klein mette in atto una campagna di questo tipo. La storia del brand è piena di manifesti pubblicitari che giocano con l'erotismo, con velati messaggi ambigui e maliziosi, oppure apertamente espliciti. E non è una novità che una campagna del marchio venga censurata perché ritenuta inappropriata. Perché continuare a farlo allora? Tralasciando il fatto che si tratta ormai di un marchio di riconoscimento per le campagne pubblicitarie di Calvin Klein, la riposta è semplice: il sesso vende. Nella moda, ma non solo, è innegabile che un certo tipo di linguaggio erotico, nel bene o nel male, riesce più di altri a catturare il pubblico.
Ed è (anche) per questo motivo che da anni Calvin Klein gioca con modelle-teenagers, pose maliziose e immaginari quasi erotici – la recente campagna pubblicitaria con Kendall Jenner ne è un esempio. Anche nel 1995 il brand è stato al centro di polemiche a causa di una sua campagna pubblicitaria per la linea jeans ritenuta ambigua – il video mostrava dei giovanissimi modelli intervistati da una voce fuori campo che sembrava ricreare l'atmosfera di una ripresa amatoriale hard.
#2 Altre campagne censurate
Ma Calvin Klein è non l'unico ad aver adottato questo registro visivo per le sue campagne pubblicitarie. A parte il caso più eclatante di American Apparel, che ha trasformato lo stile Pop Lolita nel suo marchio di fabbrica, molti altri brand hanno scelto giovanissime modelle per le loro pubblicità, andando in contro allo stesso destino del brand americano.
Nel 2011 la campagna pubblicitaria per il profumo Oh Lola! di Marc Jacobs, con protagonista Dakota Fanning e realizzata da Juergen Teller, è stata accusata di essere troppo provocante per la giovane età dell'attrice – nonostante in seguito Dakota abbia difeso apertamente quegli scatti. Nello stesso anno Miu Miu ha ritirato la sua campagna pubblicitaria per la stagione Fall/Winter con Hailee Steinfeld poiché ritenuta “irresponsible” per mostrare una minorenne da sola sui binari di una ferrovia. Sempre il marchio di Miuccia Prada, pochi anni dopo è tornato al centro delle polemiche a causa della sua campagna con l'attrice Mia Goth, accusata di aver “inappropriately sexualising a model who appeared to be a child”. La pubblicità, infatti, mostrava la ventiduenne adagiata sul letto e con lo sguardo in camera, creando un'atmosfera voyeuristica e molto sensuale.
#3 La pubblicità di moda può essere fuorviante?
La domanda é: queste pubblicità sono realmente pericolose? Sono davvero offensive per chi le vede? Possono rappresentare dei cattivi esempi o lanciare messaggi inappropriati?
Difficile rispondere. Lo sfruttamento sessuale di minorenni è un problema reale e il fatto che la pubblicità di moda spesso “sfrutti” la loro immagine giovando con atmosfere alla Lolita o confondendo volutamente la sottile linea tra adolescente e adulto non le fa onore. Tuttavia, c'è il rischio che la censura alle pubblicità di moda diventi una caccia alle streghe inutile, trasformando i manifesti pubblicitari in un capro espiatorio da punire per alleggerire la nostra coscienza.
Inoltre, se è vero che la ASA “Advertising Standards Authority” rispecchia e tutela le idee dell'opinione pubblica, è altrettanto vero che questa non sia sempre dalla parte giusta. Ovvero, solo perché molte persone ritengono inappropriata un'immagine, non vuol dire che questa lo sia realmente. Inoltre, fino a che punto la censura delle pubblicità di moda può spingersi? Non corriamo il rischio di inasprire inutilmente gli standard tollerabili? Infine, non è da sottovalutare una certa “diseducazione” del largo pubblico al linguaggio pubblicitario di moda. Con questo non voglio difendere a spada tratta ogni tipo di pubblicità, ma molto spesso ci dimentichiamo che anche la fotografia pubblicitaria è può essere un'arte di cui bisogna imparare a comprendere i linguaggi.