Michela Montedonico
NABA, Nuova Accademia di Belle Arti
Share
Design, III anno
21 anni
Milano
Com’è cambiata la tua quotidianità? Che cosa fai per impegnare la tua giornata?
La mia quotidianità è cambiata radicalmente: vivo ormai con una concezione di orari che sarebbero infattibili in una situazione di normalità. La maggior parte dei giorni, senza contare quando ho lezione al mattino, la mia routine giornaliera inizia con la sveglia delle due del pomeriggio. Arranco e cerco di distrarmi progettando, disegnando, leggendo e facendo videochiamate infinite con amici solo per tenerci compagnia in un periodo di totale solitudine, fino alla cena, che - a causa del poco movimento e dalla carenza di fame - è l’unico pasto della giornata. A quel punto piombo nel momento più traumatico per me: la sera. Non riuscendo a prendere sonno, continuo a tenere occupata la mente e distrarla con lavori grafici al computer, guardando documentari e usufruendo di serie su Netflix noiose che utilizzo come sonnifero, per finalmente addormentarmi verso le quattro. Il giorno dopo ricomincio tutto da capo.
Il tuo lavoro si nutre di creatività. In questa quarantena qual è la soluzione per continuare ad essere creativi? Quali sono i tuoi spunti?
Riuscire a rimanere creativi in questo periodo è estremamente difficile: pima di questa quarantena, il metodo che utilizzavo per dare vita a una idea era quello di uscire e fare una lunga passeggiata osservando gli imput creativi che la città poteva donarmi. Ora questo non è più possibile, quindi ho cercato di trovare un metodo alternativo che però non riesce del tutto a essere efficace: consiste nel leggere molto e guardare tantissimi documentari.
Qual è la tua paura più grande in questo momento?
La mia paura più grande è che i nostri rapporti sociali cambino a tal punto da non ricercare più una stretta di mano, un bacio sulla guancia o un abbraccio, gesti semplici che facevano parte integrante delle nostre abitudini, trasformandoci in un popolo di prevenuti ipocondriaci.
Stai già immaginando un futuro post-Coronavirus?
Io immagino il futuro post-COVID-19 come una nuova opportunità per rivedere e riorganizzare una produzione commerciale portata all’eccesso un accumulo di “oggetti zombie”, come li definiva il designer Andrea Branzi, cercando quindi di avere uno sguardo concentrato più sulla qualità che sulla quantità dei prodotti.