I magazine di moda hanno riscoperto la black art
Come la moda è tornata a esplorare uno dei settori più trascurati dell’arte contemporanea
26 Agosto 2020
Entrambe le edizioni americane di settembre di Vogue e Vanity Fair hanno in cover dipinti realizzati da artisti/e afroamericani/e. È la prima volta che succede - nonché una delle pochissime volte che Vogue affida la sua cover all’arte (nei rari casi precedenti sono stati coinvolti artisti come Dalì o de Chirico) - e il fatto che accada praticamente in contemporanea racconta di un trend in atto ormai da qualche tempo: il mondo della moda si è finalmente accorto della black art.
Negli ultimi mesi Vogue US ha realizzato due cover, affidate a Kerry James Marshall e Jordan Casteel, provando in questo modo a rappresentare diversi spettri della disciplina artistica. Kerry James Marshall è infatti uno dei più celebri pittori neri dai tempi di Basquiat. Nel 2017, il suo dipinto Past Times venne venduto all’asta da Sotheby’s per 21 milioni di dollari, rendendolo l’artista afroamericano più pagato di sempre. Il dipinto, venne peraltro acquistato da Sean “Diddy” Combs, tra i più ricchi e influenti rapper della storia dell’hip hop americano.
Jordan Casteel è invece un'artista 31enne di Harlem, una stella nascente del mondo dell’arte, diventata celebre per rappresentare la quotidianità della vita del suo quartiere. A entrambi gli artisti è stata data carta bianca nella realizzazione dell’opera, con l’unico vincolo di rappresentare uno dei 4 brand scelti da Vogue. Marshall ha scelto Off-White™, mentre la scelta di Casteel è caduta su Pyer Moss e sulla rappresentazione di Aurora James, una giovane designer nera che aveva fatto parlare di sé per il programma 15 Percent Pledge, una campagna per supportare i black-owned business.
Il numero di Vanity Fair è invece ancora più particolare a partire dal suo guest editor. La scelta di tutti i contenuti è stata infatti affidata a Ta-Nehisi Coates, forse l’intellettuale nero di riferimento in America, che per la cover ha scelto la pittrice di Baltimora, Amy Sherald. Sherald era stata selezionata anche da Michelle Obama, per la commissione del tradizionale ritratto che ogni First Lady (e Presidente) lascia alla National Portrait Gallery. Per Vanity Fair Sherald ha realizzato un dipinto di Breonna Taylor, con la sua solita estetica ma scegliendo dei colori che quasi si confondono con il ritratto della Obama.
Il processo di avvicinamento da parte dei fashion media mainstream al mondo della black art arriva al culmine di un momento in cui gli stessi brand - non importa se black-owned o meno - si sono visti interessati a raccontare uno dei settori meno esplorati dell’arte moderna. Emblematica in questo senso è stata la collaborazione tra Kim Jones e Dior e l’artista ghanese Amoako Boafo per la Spring 2021, in cui Jones ha preso ispirazione dalle opere (in particolar modo i ritratti) di Boafo per la realizzazione dell’intera collezione della maison.
Il riflettore che le superstar come Beyoncé o lo stesso Virgil Abloh negli anni passati hanno acceso sul mondo della black art sono state funzionali a far sì che il resto del mondo tendesse a dare attenzione al fenomeno, che si è visto poi esplodere a seguito del peculiare momento storico che il mondo della moda attraversa, intento a fare i conti da una parte con gli effetti di una pandemia che promette di stravolgerne per sempre i canoni e dall’altra con l’endemica mancanza di diversity che gli viene imputata. I media in questo senso si inseriscono all’interno della discussione, celebrando la black art in maniera funzionale al racconto dell’attualità, provando a legittimarne l’importanza attraverso due numeri molto moderni che potrebbero allo stesso tempo diventare storici.